Il Tribunale amministrativo federale ha confermato il provvedimento deciso l’anno scorso nei confronti di un operaio scontento
Licenziato per motivo grave avendo inviato al direttore delle Officine Ffs di Bellinzona e al responsabile della manutenzione lettere anonime contenenti proiettili d’arma da fuoco. I fatti risalgono all’anno scorso, sono stati oggetto di un’inchiesta penale per il reato di minaccia e ora il Tribunale amministrativo federale ha respinto il ricorso dell’ormai ex operaio confermando la decisione delle Ffs d’interrompere il rapporto di lavoro. Da quanto è dato sapere, si tratta del secondo licenziamento per motivi gravi in quattro anni, dopo quello del 2020 a carico di un capo team lasciato a casa per mobbing, discriminazione, molestie psicologiche e sessuali, minacce, vessazioni e insulti di vario genere.
Nel caso più recente l’ex dipendente ha mostrato, a modo suo, la propria contrarietà ai vertici dello stabilimento nell’ambito della riorganizzazione interna. In breve tempo, dopo alcune verifiche interne, le attenzioni si sono concentrate su di lui. Il quale, interrogato dalla Polizia cantonale, ha quindi confessato e si è messo in malattia. I vertici delle Ferrovie lo hanno quindi dapprima sospeso cautelativamente per due settimane con privazione del salario, poi esonerato per un altro mese e mezzo. Nel frattempo in occasione di un verbale di accertamento dei fatti, l’operaio ha parlato di gesto mosso da esasperazione visto che le sue parole, in precedenza, a suo dire non erano servite a nulla. Uno dei punti che più lo ossessionava, vista la sua non più giovane età, era la garanzia di un posto di lavoro dopo il 2027, quando la manutenzione dei treni lascerà il sito storico di Bellinzona alla volta del nuovo stabilimento di Castione. In questa fase di transizione, lamentava l’operaio, il direttore precedente avrebbe assicurato la disponibilità di lavoro per tutti, mentre quello nuovo avrebbe a questo proposito taciuto. Oltre a ciò, l’operaio non gradiva l’eventualità di dover dipendere da un nuovo capo non ticinese.
Quindi a inizio agosto, tirate le somme, il licenziamento è stato deciso dalla direzione generale delle Ffs a Berna ritenendo il provvedimento appropriato e proporzionato alla gravità della violazione del Codice di condotta interno; irragionevole dunque proseguire il rapporto di lavoro – hanno motivato le Ferrovie – avendo l’agire del collaboratore compromesso gravemente l’integrità di due dirigenti di Bellinzona e distrutto definitivamente il rapporto di fiducia, con l’aggravante che egli durante gli incontri chiarificatori avuti non ha mostrato alcun senso di comprensione o di rimorso. La minaccia è stata insomma presa sul serio, anche considerando che l’operaio teneva armi in casa. Non concepibile invece una misura meno invasiva, come quella di un trasferimento.
In settembre lui ha comunque ricorso al Taf chiedendo di essere reintegrato al termine del periodo di malattia e di ricevere un’indennità pari ai salari persi. Richiesta di reintegro formulata in ottobre, ma anche qui respinta dalle Ffs. Nel ricorso l’ex operaio sosteneva che la minaccia non sarebbe stata in realtà percepita, dalle Ffs, come preoccupante o minacciosa; e che vi fosse divergenza sul pentimento, assicurando egli di ritenersi dispiaciuto. Ma il tribunale non gli ha creduto: “L’inserimento in una busta anonima di pallottole è oggettivamente in grado di suscitare nel destinatario paura per la propria integrità, indipendentemente dalla sua percezione soggettiva. Delle pallottole alludono infatti a un’arma da fuoco, oggetto in grado di provocare ferite gravi o addirittura la morte”. La forma anonima delle lettere può inoltre “oggettivamente gettare in una situazione di profonda insicurezza i destinatari. Poiché da una prospettiva oggettiva tale comportamento è allarmante, il tema del pentimento è ininfluente”.