La testimonianza degli studenti della Scuola di commercio di Bellinzona, protagonisti di un'evacuazione. Fermato l'autore, un minorenne. Si cerca l'arma
«Eravamo in classe e ci hanno detto di uscire immediatamente dall’edificio a causa di una presunta minaccia, senza nemmeno avere il tempo di prendere gli zaini», racconta un allievo presente all’esterno del Palasport, dove gli studenti sono stati radunati, dopo che questa mattina, 3 giugno, poco dopo le 11, è stata necessaria l'evacuazione di studenti e insegnanti dalla Scuola cantonale di commercio di Bellinzona per una minaccia con una probabile arma da fuoco a opera di un giovane verso un'insegnante.
Secondo quanto comunicato dalla Polizia cantonale, intervenuta con la Polizia comunale di Bellinzona, dopo aver ricevuto una segnalazione alla Centrale comune d'allarme da parte della direzione della scuola che indicava la presenza di un'arma, è stato fermato un ragazzo, minorenne. Sono in corso perquisizioni e accertamenti ma finora l'arma non è stata trovata.
Fortunatamente non si lamentano feriti. L'istituto a ogni modo resterà chiuso in quanto sono in corso gli accertamenti necessari all'inchiesta.
Il racconto che ci fa una studentessa di terza, di quella che è stata una mattina decisamente fuori dalla norma, è fatto con un tono ancora concitato: «L'ultima cosa che ci si poteva aspettare, era un fatto del genere! Io e i miei compagni non ci trovavamo nel blocco principale. A un certo punto, dalle finestre abbiamo visto arrivare diverse pattuglie della polizia, da cui sono scesi i poliziotti che correvano verso la scuola. Ci siamo tutti chiesti cosa stesse succedendo; anche i docenti, che hanno chiamato per capire cosa fare. Dopo di che ci è stato detto di uscire e siamo stati radunati in palestra. Ora che siamo stati informati del fatto che il ragazzo sia stato preso, ovviamente siamo più tranquilli. Certo che all'inizio c’è stato un po’ un panico generale. E immagino che per gli allievi che si trovavano nel blocco principale e che non sapevano cosa e chi avrebbero potuto trovarsi davanti, sia stato anche peggio».
Un'altra preziosa testimonianza ci viene fornita da uno studente del secondo anno. Il ragazzo in quel momento si trovava in un'aula del blocco principale, lo stesso dove – tre piani sopra – è avvenuta l'aggressione. «Stavo seguendo la lezione insieme ai miei compagni quando, verso le 11-11.10 sentiamo qualcuno bussare con forza alla porta. All'inizio pensavamo, sia noi sia la professoressa, che si trattasse di un allievo arrivato in ritardo. Non era così: ci siamo trovati davanti un poliziotto che, senza fornirci ulteriori dettagli, ci intimava di spostarci velocemente verso il Palasport».
La nostra fonte infine spende due parole anche per darci ulteriori dettagli riguardo gli attimi passati in palestra: «Ci hanno fatto radunare tutti al Palasport, chi fuori, chi dentro. Lì siamo rimasti per circa 40 minuti e forse anche di più. Poi è arrivato un rappresentante della direzione scolastica e ci ha avvisato che era finito tutto e che, se avevamo portato con noi i nostri effetti personali, potevamo lasciare la scuola e tornare a casa».
Questa vicenda riporta alla mente quanto accaduto il 10 maggio del 2018, quando uno studente, allora 19enne, era stato arrestato poiché aveva programmato una strage alla Commercio, scuola da lui stesso frequentata. Il ragazzo è stato poi condannato il 3 luglio 2020 a sette anni e mezzo di detenzione, sospesi in modo da potersi curare in una struttura stazionaria psichiatrica. L’episodio aveva scosso gli oltre 1’200 allievi e i loro insegnanti della ‘Comme’, dove il ragazzo frequentava il terzo anno. Tanto più che veniva descritto come uno studente eccellente, attivo e disciplinato. Solo negli ultimi tempi era parso incupito e chiuso in se stesso.
All’epoca, le foto sui social e le minacce di morte su Snapchat dell’allora 19enne svizzero – che ora si trova in una clinica psichiatrica romanda – avevano spinto alcuni compagni a segnalare il pericolo agli insegnanti. La direzione della scuola si era rivolta alla Polizia cantonale, forte dell’allora neonato Gruppo per la gestione delle persone minacciose e pericolose, due poliziotti coordinati da una psicologa. Gruppo costituito l’anno prima per gestire casi di una certa rilevanza e sventare, come in quella circostanza, atti di violenza di massa. Un’osservazione durata meno di 24 ore e poi l’arresto, poco dopo le 10.30 del 10 maggio 2018, in una casa del Bellinzonese nella quale l’imputato viveva con i genitori. Dentro, una ventina di armi: fucili, pistole, un’AK-47 ‘replica’ semiautomatico, puntatori laser, munizioni. Tutto pronto, a quanto pare, per colpire pochi giorni dopo, il 15 maggio.