Tecnici a caccia del problema nel pozzo di captazione Pian Marnino dal quale parte una tubatura in direzione di un riale
Una lunga striscia rossa che dopo aver tagliato in due i campi per qualche decina di metri, s’infila nella boscaglia e poi finisce nel sottostante riale che scorre lungo la ciclopista. Il serpentone apparso nei giorni scorsi a Gudo non è altro che una tubatura flessibile, del tutto simile a quella usata dai pompieri, nella quale da alcuni giorni defluisce a tratti l’acqua prelevata dal pozzo di captazione Pian Marnino bloccato dallo scorso novembre subito dopo la scoperta di Clorotalonil oltre i limiti consentiti dalla legislazione elvetica.
La tubatura – spiega alla redazione il direttore dell’Azienda multiservizi di Bellinzona, Mauro Suà – rientra nella strategia, approntata insieme alle autorità cantonali, volta a individuare la causa esatta della contaminazione originata dal fungicida utilizzato in agricoltura e viticoltura dagli anni 70 fino al 2020, quando la Confederazione lo ha vietato. Il pozzo, ricordiamo, si trova in una zona di protezione ambientale che dovrebbe mettere al riparo la falda sottostante dagli inquinanti. Quindi, chi ha originato il problema? E dove? La risposta al momento più logica, in attesa di certezze, è che la falda sotterranea avendo un’ampia estensione potrebbe essere entrata in contatto col Clorotalonil in più di un punto. Ecco perché – dettaglia Suà – sono stati predisposti diversi test di pompaggio da settori diversi, con conseguente analisi dell’acqua. Lo scopo è riuscire a rintracciare e isolare la parte o le parti che risulteranno problematiche e, una volta che vi fosse la garanzia di parametri rispettati negli altri settori, riattivare il pozzo. Il quale, ricordiamo, approvvigiona la gran parte del quartiere più occidentale di Bellinzona, attualmente servito dall’acquedotto comunale del confinante Cugnasco-Gerra.
Su perché uno, qualche o più settori della falda risultino contaminati, è un’altra domanda per il momento ancora senza risposta chiara. Durante la serata informativa organizzata il 29 febbraio a Sant’Antonino per esporre alla popolazione tutti gli aspetti legati alla contaminazione da sostanze chimiche Pfas del pozzo comunale Boschetti, il chimico cantonale Nicola Forrer esprimendosi sul caso di Gudo ha detto che «per ora possiamo solo ipotizzare che a causa delle importanti precipitazioni dello scorso autunno il livello della falda si sia alzato a tal punto da mettere in contatto l’acqua con strati di terreno contenenti il fungicida». Da qui i test in corso per capire dove. Sempre durante la serata, il chimico Forrer ha poi assicurato che al momento non risultano nel Piano di Magadino altri pozzi di captazione d’acqua potabile contaminati da Pfas o Clorotalonil. Lo conferma Mauro Suà, indicando che al momento tutto il resto dell’acqua captato e distribuito nella Bellinzona aggregata è conforme.
Un aspetto curioso, che nella sala gremita di Sant’Antonino ha suscitato più di un sorriso, è il fatto che qualcuno abbia dichiarato non solo di aver smesso di bere l’acqua che sgorga dal rubinetto di casa (rientrando negli attuali parametri di legge il pozzo Boschetti, al contrario di quello di Gudo, non è stato disattivato in attesa della posa di speciali filtri anti-Pfas), ma anche di fare il pieno d’acqua prelevandola con delle taniche nella nota fonte che sgorga dalla montagna di Gorduno-Gnosca nei pressi del pozzo di captazione che serve gran parte di Bellinzona. A parte il rischio che si corre per raggiungere la fonte, situata alcuni metri oltre la strada cantonale in un punto in cui è poco agevole sostare con l’auto, «quella sì che è acqua non controllata e di cui non si conosce la qualità», chiosa Mauro Suà. A ognuno, insomma, le proprie fobie e convinzioni.