Intervista all'immunolgo e divulgatore scientifico Alberto Mantovani: ‘Le prime fasi di sperimentazione clinica hanno già dato approcci molto promettenti’
«I vaccini contro il Covid-19 sono stati sviluppati anche grazie alle ricerche effettuate negli ultimi 20 anni contro il cancro. Ricerche che hanno poi beneficiato di una spinta proprio grazie al successo avuto dai vaccini mRna durante la pandemia». Alberto Mantovani – patologo e immunologo, professore emerito della Humanitas University di Pieve Emanuele, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (che si trovano nelle vicinanze di Milano) e divulgatore scientifico – ritiene che di questo «circolo virtuoso» si possa approfittare anche in futuro. In particolare per lo «sviluppo di vaccini terapeutici contro i tumori: le prime fasi di sperimentazione clinica hanno già dato approcci molto promettenti. E fra qualche anno saranno a disposizione i risultati finali delle sperimentazioni in corso», afferma fiducioso a ‘laRegione’. In quest’ambito, Mantovani terrà una conferenza – organizzata dal Centro di ricerche biomediche della Svizzera italiana (Bios+) – mercoledì 3 maggio alle 17 nella sala Arsenale di Castelgrande a Bellinzona dal titolo ‘Immunità e vaccini, dal cancro al Covid-19’. Conferenza che non a caso si terrà nella Turrita, dove si sta consolidando un polo di ricerca in biomedicina – grazie in particolare all’Istituto di ricerca in biomedicina (Irb) e all’Istituto oncologico di ricerca (Ior), i due membri dell’associazione Bios+ – che rappresenta un «centro di eccellenza assoluto a livello internazionale con cui ho avuto il privilegio di collaborare».
Professor Alberto Mantovani, curare il cancro è da sempre un grande obiettivo della comunità scientifica. Come si è evoluta la ricerca?
Per circa 100 anni è stato inseguito il sogno di sviluppare terapie immunologiche contro il cancro. Dopodiché, una ventina di anni fa, siamo entrati in una nuova epoca denominata ‘immunorevolution’, cioè di rivoluzione immunologica. È così cambiato il modo di vedere il cancro: non si tratta solo di una cellula tumorale, ma anche di una nicchia ecologica dentro la quale si sviluppa un tumore. In questa nicchia ecologica ci sono difese immunitarie che in parte sono passate al nemico e in parte si sono addormentate. Abbiamo così iniziato a usare armi immunologiche, in particolare anticorpi diretti contro la cellula tumorale o contro i freni del sistema immunitario, detti checkpoints. Freni al sistema immunitario che in questo modo è possibile togliere. L’immunoterapia ha cambiato la vita a molti pazienti. L’ultima evoluzione è la rieducazione di cellule del sistema immunitario alle quali vengono concessi gli strumenti per diventare degli 007 con licenza di uccidere le cellule tumorali.
E ora si parla di vaccini contro il cancro. A che punto siamo?
Attualmente sono a disposizione dei vaccini preventivi che agiscono su infezioni che possono provocare un tumore. In particolare ve ne sono due: uno contro l’epatite B che riduce il rischio di sviluppare un cancro al fegato e un altro contro il papilloma, che può causare il cancro alla cervice uterina nella donna e all’ano e testa-collo nell’uomo. Ora la comunità scientifica sta facendo un grande sforzo per sviluppare vaccini terapeutici: non sono ancora a disposizione, ma molti gruppi o istituti stanno lavorando a questa linea di ricerca.
Di cosa si tratta?
Sono dei vaccini che permettono di curare la malattia. Si stanno perseguendo diverse strategie. Una molto promettente è quella di utilizzare la tecnologia mRna che si è dimostrata molto efficace contro il Covid-19. Con questa tecnologia, diversi gruppi stanno cercando di sviluppare vaccini personalizzati, mirati al tumore di un determinato paziente. Un altro approccio con la stessa tecnologia è quello di trovare cosa hanno in comune i tumori di diversi pazienti, identificando un bersaglio comune. Vi è poi anche l’intenzione di combinare questi vaccini con le armi che già utilizziamo, come l’immunoterapia. In parallelo altri gruppi stanno perseguendo altre ipotesi di vaccini contro il cancro. Ad esempio nell’istituto che dirigo stiamo sviluppando vaccini terapeutici per melanoma e sarcoma basati sulla risposta allo stress delle cellule tumorali.
Si può affermare che la pandemia di Covid-19 è terminata?
Siamo fuori dall’emergenza, ma il virus continua a circolare. Credo che sarà importante raccomandare un richiamo della vaccinazione da fare ogni anno, come accade con l’influenza.
Il virus è meno pericoloso?
La malattia è meno grave (per come è evoluto il virus, ma anche perché moltissime persone si sono vaccinate o hanno contratto la malattia), ma rimane una minaccia molto forte, in particolare per persone con un sistema immunitario compromesso. Va precisato che oggi siamo in una situazione ben diversa da quella di tre anni fa quando non c’era una diagnostica, non c’erano farmaci, non avevamo vaccini. Oggi questi strumenti ci sono e sono efficaci nel prevenire la malattia grave e nel ridurre il rischio di ‘long Covid’, ovvero di conseguenze a lungo termine. Stimiamo che nel mondo ci siano stati circa 15 milioni di morti e che i vaccini, solo nel primo anno, abbiano salvato 20 milioni di vite.
Una pandemia era attesa?
Nella comunità scientifica ce la si aspettava. Tuttavia, non di questo tipo: non si pensava che a provocarla sarebbe stato un coronavirus, ma un virus influenzale.
Ce ne dobbiamo quindi aspettare un’altra?
Ci sono alcuni candidati possibili che potrebbero riportarci in una situazione simile, come un virus influenzale particolarmente aggressivo. Con il Covid-19 abbiamo però imparato molto, in particolare che bisogna essere preparati ad affrontare una pandemia con gli strumenti adatti. Dal mio punto di vista bisogna essere preparati in particolare a livello di ricerca, con strutture pronte a sviluppare nuovi farmaci, vaccini e terapie immunologiche.
Farmaci, vaccini e terapie che però faticano a essere messi a disposizione delle persone che vivono in Paesi poveri.
È importante non dimenticarsi di loro. Personalmente sono vicino all’Organizzazione non governativa ‘Medici con l’Africa Cuamm’, la più antica Ong in ambito sanitario italiana. Ong che è impegnata a far sì che il vaccino porti poi anche a una vaccinazione: un conto è far arrivare i vaccini in un Paese, un altro è quello di effettivamente somministrarli a tutte le persone che ne hanno bisogno, anche nei villaggi più remoti. La ricerca sui vaccini rappresenta un’assicurazione sulla vita, di cui dovrebbe poter beneficiare l’umanità intera, permettendoci di affrontare vecchi nemici come il cancro, ma anche quelli nuovi come è stato il caso con il Covid-19.