Inizialmente screditata poiché ragazza madre, l’attività di Luigina Bellecini ha continuato a prosperare grazie alle future generazioni tutte al femminile
Era l’ormai lontano 1922. La popolarità di Faido era cresciuta a tal punto da essere comparabile a quella di Locarno e Lugano. Una località in piena espansione: da via di trasporto a stazione attrattiva sia sul piano turistico che residenziale. Durante quel periodo di florido splendore, le stradine del paesino leventinese erano piene di vetrine colorate e delle insegne caratteristiche delle locande. C’era un tessitore di lana, e chi smerciava piatti e bicchieri. Un orologiaio, un macellaio e alcuni fruttivendoli. All’epoca le botteghe erano tutte in attività e accoglievano frotte di persone locali e non. Erano i tempi in cui le nevicate scendevano copiose e le slitte percorrevano l’attuale strada cantonale. Ora invece le serrande sono praticamente tutte abbassate. Tutte o quasi. Sì, perché l’Osteria Marisa, inizialmente la più screditata, continua imperterrita ormai da un secolo a servire bevande e a cucinare succulenti pietanze. Dalle melodie di Duke Ellington e Louis ‘Satchmo’ Armstrong tipiche dell’Harlem Renaissance alle note più moderne di Ed Sheeran e Taylor Swift. Da abiti fin sotto le ginocchia, perle e piume nei capelli a semplici jeans e pullover. Un balzo in avanti di cent’anni in cui pure il locale di Faido ha subìto un’inevitabile trasformazione. Ma non il suo clima familiare, rimasto immutato nel corso dei decenni. Il segreto? Una conduzione tutta declinata al femminile da ben quattro generazioni.
Il sottofondo radiofonico allieta le spensierate chiacchierate della clientela, senza però attenuare l’inconfondibile suono della macchina da caffè e del montalatte. A frequenza regolare qualcuno spalanca la porta d’ingresso, facendo così respirare un pizzico d’aria fredda alle storiche mura dell’osteria. Chi entra. E chi saluta, sapendo però di ritornare presto in quel fortino costruito dapprima dalla tenacia di Luigina Bellicini e, poi, da quella di Rosa (la nuora) e della nipotina Marisa. E attualmente da Manuela e dalla sorella Roberta. «Mia nonna era una ragazza madre – spiega a ‘laRegione’ Marisa Longhi, ex gerente della locanda –. All’epoca era una vera e propria vergogna: si veniva diffamati e screditati dalla società, perfino dai parenti stessi». Messo in vendita l’edificio che attualmente ospita il locale, Luigina decise di rimboccarsi le maniche e iniziare la propria attività. Era però difficile farsi accettare e rispettare dalla comunità, soprattutto come donna. «Non era possibile acquistare dei terreni da coltivare. Ha provato in tutti i modi di sostentarsi, ma non è stato affatto facile». Un’onta che non ha risparmiato neppure figlio e nipote. Il padre di Marisa ha infatti cercato spesso di essere assunto a tempo indeterminato quale impiegato delle Poste, «senza tuttavia successo – evidenzia l’ora 86enne –. Non aveva nessuna colpa! È stato così obbligato a comperare degli animali da reddito e dedicarsi all’agricoltura. Da bambina anch’io venivo esclusa, ma erano altri tempi. Ora, invece, non mi interessa più», sorride. Fra un’ordinazione e l’altra Marisa ha quindi assimilato i trucchi del mestiere, crescendo praticamente nel locale. Conclusa la scuola, e finito di aiutare il padre nei campi, affiancava sempre la nonna fra i tavoli dell’allora bar. All’inizio c’era un piccolo bancone, ma «era solo un’apparenza. E niente lavatrice». Nel corso della sua storia ultracentenaria, la locanda è stata interessata da differenti ristrutturazioni che hanno permesso, fra l’altro, di ‘ornare’ di carta da parati tutto il... soffitto, lasciando alquanto perplesso un ragazzino: «Si chiedeva perché il "tappeto" fosse stato messo su tutte le facciate», ricorda scherzosamente. In Marisa il desiderio di occuparsi dell’osteria è, tuttavia, sempre stato qualcosa di intrinseco. Una vocazione naturale. «Non è stata una scelta imposta dalla nonna. A ritroso è una decisione che riprenderei subito, tant’è che spesso quando vedo determinati spazi mi immagino un bar, una trattoria o una locanda. Mi piace interagire con le persone o, semplicemente, scambiare due chiacchiere».
Chi si accomoda sulle sedie di legno e chi invece riposa tranquillamente su comodi schienali zebrati. Tutti o quasi sotto l’attenta supervisione di una storica gigantografia in bianco e nero del locale. L’osteria Marisa è un punto di aggregazione molto importante per il Comune di Faido e tutta la Leventina. Ma, come in qualsiasi professione, non è sempre tutto solo rose e fiori. La ristorazione è un’attività «pesante – interviene Manuela De Giovanetti, attuale gerente e figlia di Marisa – ma soddisfacente. A volte è difficile confrontarsi (umanamente) con differenti sensibilità: alcuni clienti ad esempio sono cresciuti assieme alla nostra locanda, considerata al pari quasi di una seconda casa. L’importante è comunque riservare a tutti il medesimo trattamento; sia chi spende cento franchi sia chi ‘solo’ cinque», racconta mentre la sorella minore Roberta (Bosia, ndr) continua a destreggiarsi fra tazzine di caffè e bicchieri. A inizio secolo l’osteria è stata data per un breve periodo in gestione ad altre persone. Tornata nelle mani della famiglia di Luigina, l’offerta è quindi stata nuovamente ampliata alla ristorazione. La prima a cimentarsi in cucina è stata proprio la stessa Manuela, di formazione cameriera. Una volta ai fornelli, e presa dimestichezza con mestoli e pentole, si è tuttavia rivelata un’ottima cuoca. «L’idea era di preparare solo qualche piatto di pasta fresca e la pizza. Non era nei piani iniziali di tornare in ‘modalità’ ristorante... le circostanze hanno fatto il loro corso». Nei dintorni di Faido sono rimaste poche tavole calde e, soprattutto, capaci di offrire pietanze a chilometro zero. «Era già impegnativo senza la cucina, ma adesso i turni da coprire sono praticamente raddoppiati», continua. Fondamentali, quindi, le collaboratrici, ben sette, tutte o quasi domiciliate nella zona. «Il personale è sempre stato formato esclusivamente da donne sicché, secondo la mia esperienza, sono caratterialmente più inclini alle faccende domestiche. Più difficile, invece, con un uomo». Come già detto in precedenza, senza una passione molto forte è impensabile continuare un’attività simile. Ma pure costanza e armonia sono essenziali. «Non è una professione che rende ricchi, dunque è importante essere coerenti: ad esempio rimaniamo chiuse il martedì, il mercoledì e durante le vacanze dell’edilizia. Altrimenti la serranda è sempre alzata. Tutti i giorni dalle otto di mattina all’una di notte, anche se la data sul calendario è cerchiato in rosso».
Le chiavi dell’osteria sono passate di generazione in generazione sempre cercando di rinnovare la sua offerta di qualità. La pasta viene preparata a mano e sul momento perciò «è richiesta un po’ di pazienza, una decina di minuti – conclude Manuela –. Cerchiamo, inoltre, di differenziare il menù». Una carta con ampia scelta, fatta di prodotti freschi e non confezionati, senza dimenticare i dolci realizzati in casa. «Durante il periodo della caccia offriamo ad esempio la selvaggina oppure, la domenica, organizziamo dei pranzi a base di brasato e altre specialità. Non mi piace cucinare sempre le stesse cose». D’estate sono invece immancabili roast beef e insalate, da assaporare in tutta comodità seduti in terrazza. Luigina, Rosa, Marisa. E, ora, Manuela e Roberta. Delle vere e proprie locomotive capaci di passarsi il testimone di questa consolidata realtà. Più forti di qualche piccolo screzio familiare, com’è normale, e delle circostanze della vita. A cent’anni dal primo caffè, il futuro dell’Osteria Marisa rimane tuttavia un grande punto interrogativo. Sì, perché i figli di Manuela e Roberta hanno scelto altre strade, perciò è necessario «sperare nei nipoti».