I lavori si sono conclusi recentemente e sono costati circa 16mila franchi. Una cifra che è stata completamente coperta grazie alle offerte pervenute
L’orologio del campanile della chiesa parrocchiale dei santi Pietro e Paolo a Biasca è stato restaurato. «I lavori si sono svolti quest’autunno dopo aver fatto i dovuti approfondimenti e aver ricevuti i permessi», afferma a ‘laRegione’ Ivar Albertoni, un privato cittadino che nel settembre del 2020 aveva lanciato l’idea durante un’assemblea parrocchiale. «Per anni mi sono chiesto perché il quadrante non venisse restaurato e, parlandone con Sandro Delmuè, storico sacrestano da oltre 50 anni, ho proposto al Consiglio parrocchiale di iniziare con la pianificazione dell’iter necessario». Gli interventi sono costati circa 16mila franchi e «sono stati completamente coperti dalle numerose offerte pervenute».
L’orologio, con la peculiarità dell’unica lancetta, fu posato nel 1696. «Fino agli anni 60 del secolo scorso – prosegue Albertoni – l’antico ingranaggio veniva caricato a mano una volta al giorno, 15 minuti prima di mezzogiorno». Una mansione affidata dapprima «al sacrestano Giovanni Magginetti e al ‘Gusto’, cioè Agostino Rodoni, impiegato comunale, e in seguito a ‘ol Cio’, ovvero Carletto Bianchi ricompensato dal Comune con 2 franchi». Nel 1997 fu munito di un motorino elettrico, ma il problema era un altro: «Le cifre romane del suo quadrante risultavano illeggibili, sia per il degrado dovuto alla vetustà, sia per i danni dovuti agli spari dei Biaschesi ‘contro’, ovvero gli atei anticlericali».
Albertoni ha quindi deciso di prendere l’iniziativa per rendere nuovamente leggibile l’orologio di una chiesa che «ha un’importanza storica per Biasca, non solo legata al culto, e che ci ricorda le nostre origini cristiane». Conclusi nelle scorse settimane i lavori di restauro, «ora si possono di nuovo leggere le ore come i nostri antenati: la lancetta di ferro battuto presenta a un’estremità l’effigie della luna, al centro il sole e all’altra estremità una punta di lancia Fiore di Giglio che girando segna le ore. Tuttavia, ovviamente, la lettura dei minuti rimane intuitiva come nei tempi che furono». Albertoni tiene anche a precisare che «oggigiorno, nell’era degli smartwatch, non abbiamo più bisogno dell’orologio del campanile, ma fino agli anni 50 del secolo scorso la sua funzione era molto importante: penso ad esempio ai contadini sparsi per la vasta campagna biaschese che potevano conoscere l’ora guardando verso il campanile o udendone i rintocchi». In questo contesto ricorda anche che «l’Avemaria mattutina, la quale in passato veniva suonata manualmente alle 4.30 in inverno e alle 4 in estate, serviva sia come segnale religioso, sia come sveglia per ‘sosnàa i bes’c’ (governare gli animali)». Oggi è invece programmata in modo elettronico alle 5.30.