Stando al giudice Mauro Ermani la ragazza non ha fatto capire esplicitamente all’imputato che non voleva gli approcci di carattere sessuale
Un 57enne italiano è stato prosciolto oggi dall’accusa di coazione sessuale. La procuratrice pubblica Pamela Pedretti non è infatti stata in grado di provare che vi sia stata coercizione nei confronti di una ragazza poco più che maggiorenne che nel 2018 era salita sulla vettura dell’imputato dopo aver fatto autostop nel Bellinzonese. Nell’auto i due si sono baciati e l’uomo l’ha palpeggiata, ma stando alla Corte delle Assise correzionali la ragazza poteva risultare consenziente agli occhi dell’imputato. O meglio: la vittima «pur non volendo quegli approcci, non ha mandato un chiaro segnale all’uomo», ha affermato il giudice Mauro Ermani durante la lettura della sentenza. Un chiaro segnale è invece arrivato quando il conducente stava per spingersi oltre: la ragazza gli ha fatto capire che non voleva e quindi l’imputato si è fermato, accompagnandola poi al lavoro. L’accusa (la pp Pedretti cui si è affiancata l’avvocata Valentina Zeli, legale dell’accusatrice privata) aveva proposto una pena a 14 mesi di detenzione sospesi con la condizionale. La difesa (gli avvocati Simone Creazzo e Daniele Iuliucci) si è invece battuta per il proscioglimento che il presidente della Corte ha quindi accordato.
Il processo, tenutosi a Lugano, è come di consueto iniziato con l’interrogatorio dell’imputato da parte del giudice. Alle numerose domande su come si sono svolti i fatti, il 57enne ha risposto più volte di non ricordare, visto che la vicenda si è svolta più di tre anni fa. Su alcuni dettagli esposti da Ermani ha tuttavia dichiarato che le cose erano in effetti andate come esposto. Insomma, non ha negato che vi siano stati dei baci e dei palpeggiamenti, ma nulla di più. Ha poi aggiunto che la ragazza ha mentito: «Spero che venga fatta giustizia», ha affermato sostenendo di «aver passato un sacco di guai» (ha già scontato 38 giorni di carcere preventivo) e di non aver «fatto niente».
È poi toccato alla pp Pedretti che durante la requisitoria ha esposto i fatti: concretamente nel 2018 l’imputato ha fatto salire nella sua automobile una giovane ragazza che faceva autostop nel Bellinzonese, perché aveva perso il bus per recarsi al lavoro. In macchina i due hanno iniziato a parlare di rapporti sessuali e l’uomo le ha poi toccato la gamba così come le parti intime dopo averla baciata. Stando alla pp la ragazza non si era opposta perché aveva paura: «Era in tilt e si sentiva senza via d’uscita». È infatti stata definita da conoscenti e familiari come una persona timida e introversa che non parla molto. E sarebbe stato per questo motivo che non avrebbe detto nulla durante i palpeggiamenti. Secondo la ragazza l’imputato l’ha obbligata a baciarlo e a farsi toccare. Inoltre, durante gli interrogatori, ha sottolineato Pedretti, l’uomo ha dapprima negato tutto, poi ha ammesso alcuni fatti: «Non poteva non aver compreso che l’aveva messa all’angolo». Insomma, «ha solo pensato al suo piacere» ed era «accecato dall’eccitazione», senza comprendere che lei non voleva alcun rapporto sessuale con lui, come le aveva proposto. La pp ha quindi chiesto una condanna di 14 mesi di detenzione sospesi con la condizionale e l’espulsione per 5 anni dalla Svizzera. La stessa pena (più un risarcimento per torto morale di 2’500 franchi) è stata chiesta dall’accusatrice privata Valentina Zeli che rappresentava la vittima, affermando che la versione dell’imputato era «priva di senso». Insomma la ragazza «non ha reagito perché era terrorizzata» e non perché era consenziente.
Resta il fatto che, tuttavia, quando l’uomo ha cercato di abbassarle i pantaloni la giovane donna si è opposta. L’imputato si è quindi fermato e l’ha accompagnata al lavoro. L’accusa questo fatto non l’ha negato e la difesa nella sua arringa ha puntato proprio su questo: al primo segnale di rifiuto l’uomo non ha insistito. Creazzo e Iuliucci hanno inoltre sostenuto che la ragazza «non era una sprovveduta: aveva già chattato su internet con sconosciuti effettuando conversazioni a carattere sessuale. Insomma, sarebbe proprio stata lei a flirtare con l’uomo e quindi «se non c’è stata coercizione, non si può parlare di coazione sessuale». Gli avvocati hanno dunque chiesto il proscioglimento dell’imputato.
Ermani ha da parte sua considerato «credibili» le dichiarazioni della vittima e non ha dubitato che «si sia trovata a disagio». Poco credibile invece quanto ha detto l’imputato, visto che durante gli interrogatori ha «mentito, cambiato versione e definito menzognera la vittima», senza poi dimenticare che durante il processo ha praticamente solo affermato di non ricordare. Tuttavia, «non ha generato appositamente una situazione» per approfittare di lei e al primo segnale chiaro di dissenso si è effettivamente fermato. Il giudice lo ha così prosciolto.