Dallo scorso autunno è attivo il servizio di assistenza voluto dal Municipio e gestito da Abad. Roberto Mora: ‘Una persona percepita come un familiare’
Nella regione del Bellinzonese si amplia la rete dei custodi sociali di paese. Già introdotta da alcuni anni a Cadenazzo, Giubiasco, Monte Carasso e in arrivo anche a Sant’Antonino, questa figura professionale, finalizzata a garantire vicinanza diretta e accrescere così le possibilità di presa a carico delle persone anziane o invalide al loro domicilio, è da qualche mese stata introdotta anche in Valle Morobbia. In questo modo s’intende contribuire di fronte alla tendenza che vede in aumento le persone desiderose di rimanere il più possibile a casa ma che per questo necessitano di cure, assistenza, accompagnamento e, non meno importante, momenti di socializzazione per scongiurare la solitudine e l’isolamento sociale.
Su mandato dei Comuni (in questo caso della Città di Bellinzona), l’Assistenza e cure e domicilio del Bellinzonese (Abad) è responsabile per l’erogazione del servizio. «Il custode sociale è una persona che deve essere percepita come un familiare – arriva subito al punto il direttore di Abad Roberto Mora –. Rappresenta una figura inserita nella comunità, che ne recepisce i bisogni e fornisce assistenza e vicinanza diretta ad anziani o persone invalide». I compiti principali del custode sociale sono le prestazioni classiche di cura della persona e dell’ambiente a utenti già seguiti da Abad e l’organizzazione di attività conviviali. Rispetto alla tradizionale assistenza a domicilio, funge da collante nella rete di conoscenza e lavoro tra familiari, personale curante, assistenti sociali e gruppi di volontari. «Oltre alle visite di routine per prestazioni classiche dell’aiuto domiciliare, il suo scopo è quello di intervenire in situazioni impreviste ma non di urgenza sanitaria. Può ad esempio dare le prime informazioni ai servizi di cura o rassicurare i familiari andando a controllare quando un anziano non risponde al telefono. È insomma un punto di riferimento immediato».
Circa una dozzina per il momento le persone seguite in Valle Morobbia dalla custode sociale Deborah Mastrillo. Dopo una prima fase di rodaggio influenzata anche dall’evoluzione della pandemia, la sua attività è entrata nel vivo nelle scorse settimane, anche con l’organizzazione delle prime attività di animazione al Policentro di Pianezzo (si è deciso di cominciare con un pomeriggio a settimana e a breve anche uno a Sant’Antonio). «La solitudine delle persone anziane è purtroppo un elemento sottovalutato – evidenzia Mora –. Col passare degli anni non ci si sente più sicuri, le conoscenze diminuiscono e si finisce per rinchiudersi in casa. È quindi di fondamentale importanza proporre momenti in cui le persone vengono accolte per la loro storia, la loro conoscenza di un determinato luogo, per una semplice chiacchierata, una tombola, per svolgere degli esercizi. Abbiamo poi iniziato a puntare sulla sensibilizzazione, in collaborazione con il nostro personale infermieristico specializzato, proponendo degli incontri in cui si parla dell’alimentazione, dei rischi delle cadute o della prevenzione contro i furti». Preziose antenne per il custode sociale sono le associazioni locali. «Con le quali si cerca di collaborare per captare bisogni, organizzare attività e trovare spazi idonei, in un connubio fra professionisti e volontari o cittadini risorsa, come preferiamo chiamarli noi».
In Valle Morobbia, così come nelle altre zone in cui è presente il custode sociale, tra gli obiettivi di Abad c’è anche quello di individuare situazioni non note. «Per esempio persone che non vengono seguite ma che ne avrebbero bisogno. Su questo aspetto dovremo farci ancora un po’ conoscere. Per quanto riguarda i momenti conviviali, è importante che anche gli utenti seguiti da infermieri indipendenti o di servizi privati sappiano che possono far capo all’offerta proposta dalla nostra custode sociale».
Oltre a questa figura, la recente introduzione tra i servizi delle collaboratrici familiari (badanti con il compito di sgravare i famigliari e fare compagnia agli utenti) fornisce l’assist a Roberto Mora per parlare del modello di presa a carico al domicilio che Abad vorrebbe sempre più sviluppare nel Bellinzonese. «L’idea è quella di portare un nuovo concetto composto da reti di cure integrate, inteso come la cura dei bisogni che non si limita all’atto tecnico infermieristico. E in questo senso va l’introduzione della figura del collaboratore famigliare, così come il coinvolgimento della popolazione in un’ottica di ’community care’».
In primavera, annuncia Roberto Mora, anche a Camorino entrerà in servizio la figura del custode sociale.