Bellinzonese

‘Re dei ponteggi’, scendono da 15 a uno i milioni malversati

Permessi falsi, il caso si sgonfia: il terzo atto d’accusa cancella e derubrica vari reati della prima ora. La difesa chiede di annullare il procedimento

Una ventina i permessi di tipo B falsificati corrompendo un funzionario cantonale
(Ti-Press)
21 gennaio 2022
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Scandalo dei permessi falsi: a otto anni dai fatti si alleggerisce, e di parecchio, anche la posizione penale di uno dei due principali accusati. Soprannominato ‘re dei ponteggi’ o ‘reclutatore di operai’, è il kosovaro 47enne domiciliato nel Bellinzonese, titolare di diverse società in Ticino e Oltralpe, accusato di aver malversato 15,6 milioni di franchi ai danni della sua società M+M Ponteggi Sagl di Camorino attiva nel campo edile e fallita nel 2016 dopo cinque anni di attività, e con essa tre altre sue ditte finite sotto la lente degli inquirenti.

Via la tratta di esseri umani

Come appreso dalla ‘Regione’, si è ridotta a un tredicesimo, ossia a 1,16 milioni, la cifra ora contenuta nel nuovo atto d’accusa – il terzo dopo i primi due annullati – che il Ministero pubblico ha trasmesso verso metà dicembre al Tribunale penale cantonale (Tpc). L’ipotesi di reato di amministrazione infedele aggravata è stata derubricata in bancarotta fraudolenta. Inoltre nel corposo elenco di reati imputatigli non figurano più la tratta di esseri umani (l’ingaggio di una trentina di stranieri tramite la Aliu Big Team Sagl di Bellinzona) né la falsità in certificati (capitolo permessi di soggiorno ottenuti dalla Aliu Big Team corrompendo un funzionario cantonale), il tutto derubricato in infrazione alla Legge federale sugli stranieri restando unicamente l’accusa di ripetuta incitazione all’entrata, alla partenza o al soggiorno illegale di persone. Ipotesi di tratta la cui presenza nell’impianto accusatorio della prima ora, nel 2017, aveva giustificato il prolungamento della detenzione preventiva terminata dopo undici mesi nel gennaio 2018. Quasi del tutto sparita anche l’usura, dal momento che le presunte vittime sono passate da una ventina a una soltanto.

Un caso sgonfiatosi

L’arresto, ricordiamo, era scattato nel febbraio 2017 nell’ambito della vasta inchiesta sui permessi falsi (fatti risalenti fra il 2014 e il 2016) che vedeva coinvolti una decina d’indagati. Rispetto agli iniziali quattro rinvii a giudizio di fronte alle Assise criminali (dicembre 2017), alcuni indagati sono stati nel frattempo condannati alle Correzionali, qualcuno senza processo con decreti d’accusa, uno (funzionario del Dfe) è stato assolto in Appello e due sono in attesa di processo. Questi ultimi sono appunto il ‘re dei ponteggi’ e il 30enne svizzero di origine kosovara, considerato il ‘corruttore’, titolare della Aliu Big Team di Bellinzona, impresa edile che secondo gli inquirenti fungeva da paravento per chiedere permessi contraffatti al fine di far arrivare lavoratori dall’estero e inviarli, in nero, su vari cantieri in Ticino e Oltralpe. ‘Corruttore’ che in precedenza aveva lavorato per un paio d’anni proprio per la M+M Ponteggi: il processo a suo carico previsto nel 2019 era stato rinviato quando era emerso il suo coinvolgimento (ma lui nega) nell’assalto al bancomat del centro commerciale di Sant’Antonino avendo dato alloggio agli autori materiali. Poiché quell’inchiesta non è mai stata chiusa, rimane tutt’oggi irrisolta la parte dei permessi falsi. Fra i condannati (estate 2020) figurano il fratello del corruttore, ritenuto suo correo, e il funzionario dell’Ufficio migrazione che aveva allestito e fornito al titolare della Aliu Big Team 19 permessi di soggiorno di tipo B dietro un compenso di 800 franchi per ogni documento contraffatto. Condannata con decreto d’accusa anche la sua compagna, come lui ormai ex funzionaria all’Ufficio migrazione.


La procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis (Ti-Press)

Richiesta di pena sotto i 5 anni

Quello a carico del ‘re dei ponteggi’ è il terzo atto d’accusa dopo che i primi due erano stati rispediti al mittente dal tribunale ritenendoli incompleti e imprecisi: il primo firmato ancora a fine 2017 dall’ex procuratore pubblico Antonio Perugini, titolare delle indagini iniziali e nel frattempo andato in pensione; il secondo, quasi identico al primo, firmato nella primavera 2021 dalla pp Petra Canonica Alexakis che ha ereditato l’inchiesta. Ora, considerato il rivisto impianto accusatorio, la procuratrice informa le parti che non chiederà una condanna superiore ai cinque anni di reclusione. Dal canto suo l’avvocato difensore Edy Meli ritiene che specialmente durante la prima parte dell’inchiesta vi sia stato un ingiustificato accanimento nei confronti del suo cliente. E considerato il cambiamento di paradigma, ritiene opportuno che l’accusato qualora fosse davvero giudicato davanti alle Assise criminali, come previsto inizialmente, lo sia comunque in presenza degli assessori giurati. Ma le sue richieste non finiscono qui: visto quanto accaduto nella gestione dell’incarto nell’arco di oltre cinque anni, ha nel frattempo chiesto alla Corte dei reclami penali (Crp) l’annullamento del procedimento per violazione del principio di celerità. Annullamento che in Ticino registra un unico caso risalente al lontano 2004.


L’avvocato difensore Edy Meli (Ti-Press)

Disgiunta la presunta truffa sui crediti Covid

A fine maggio 2021, ricordiamo, il Tribunale penale aveva sollecitato la procuratrice a ripresentare un terzo e nuovo atto d’accusa criticandola perché “a eccezione di alcuni importi corretti e dell’aggiunta di tre nuovi reati, ha sostanzialmente riproposto il medesimo testo del 2017 senza pressoché confrontarsi con le criticità evidenziate nella decisione di rinvio del dicembre di quell’anno. Ciò risulta incomprensibile – lamentava il tribunale quasi otto mesi fa – già solo in ragione del tempo trascorso”. Subito dopo, siamo a giugno 2021, la Crp accogliendo un’istanza per ritardata giustizia presentata dal patrocinatore aveva invitato la procuratrice a concludere celermente il procedimento. Trascorsi alcuni mesi senza novità, il legale aveva inoltrato lo scorso settembre un ulteriore reclamo alla Crp che a sua volta ha poi intimato alla pp Alexakis Canonica il termine di fine novembre entro il quale presentare la versione aggiornata includendo anche le imputazioni riferite a una presunta truffa commessa in materia di crediti Covid e segnalata in Ticino dalle autorità penali argoviesi lo scorso aprile. Come detto, il nuovo e terzo atto d’accusa è poi stato trasmesso al Tribunale penale nella seconda metà del mese scorso ma privo del côté Covid, che la magistrata inquirente ha disgiunto e rimandato a un’altra occasione vista l’impossibilità per lei di effettuare i necessari approfondimenti; perciò ora si attende di sapere da Crp e Tpc se la terza versione dell’atto d’accusa soddisfi il livello di precisione, accertamento e completezza richiesto. Di sicuro mancando la parte argoviese l’avvocato Edy Meli lo ritiene incompleto.

Il Tf gli aveva dato ragione

Il ‘re dei ponteggi’, o anche detto ‘reclutatore di operai’, aveva registrato un primo punto a suo favore la scorsa estate quando il Tribunale federale gli ha dato parzialmente ragione in materia di oneri sociali. Accogliendo una delle cinque contestazioni sollevate nel ricorso interposto dall’avvocata Marilisa Scilanga (che lo patrocina per queste fattispecie) contro la decisione emessa nell’ottobre 2020 dal Tribunale cantonale delle assicurazioni, la massima corte giudiziaria elvetica ha infatti rispedito alla Cassa di compensazione Avs/Ai/Ipg la decisione con cui esigeva il versamento di oneri sociali per 1,72 milioni di franchi. Oneri – sostiene l’Accusa – riferiti ai salari dati in contanti e in nero, senza trattenuta di oneri sociali, dall’imputato ai dipendenti tramite la M+M Ponteggi Sagl e altre società attive nel ramo. Se fosse però l’imputato stesso a versare in nero le paghe in qualità di datore di lavoro, o altre persone o altre ditte, è un elemento che il Tf ha chiesto di chiarire. Motivo, scriveva nella sentenza: “Risulta inesatto sostenere, basandosi solo su brevi dichiarazioni a verbale, che il ricorrente fosse il datore di lavoro”.