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Raccolte 1600 firme per chiudere il ‘bunker’ di Camorino

Nei prossimi giorni il Forum Alternativo consegnerà la petizione al Consiglio di Stato. Azione di protesta di R-esistiamo al Festival del film di Locarno

Nella foto d'archivio del 2018 il termometro mostra le temperature elevate all'interno della struttura
(Ti-Press)
17 agosto 2021
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“Il ‘bunker’ di Camorino è da chiudere immediatamente”. È quanto chiede la petizione del Forum Alternativo che ha raccolto circa 1’600 firme e che verrà consegnata nei prossimi giorni al Consiglio di Stato. Prossimamente, anticipa Giancarlo Perfetti, coordinatore del Forum Alternativo, è pure previsto un sopralluogo al rifugio della Protezione civile di Camorino da parte di Franco Cavalli, Beppe Savary e Marina Carobbio, medici e politici che intendono ribadire come sia inaccettabile che dei richiedenti l’asilo – la cui domanda è stata respinta o per i quali è scattata la procedura di non entrata in materia (Nem) – siano costretti a vivere in un luogo tanto inadeguato per tempi prolungati e non soltanto per un breve periodo di emergenza.

Azione di protesta al Film festival di Locarno

A ribadire le “condizioni indegne” nelle quali vivono i 25 richiedenti l’asilo anche il collettivo R-esistiamo che ancora una volta torna alla carica, come venerdì scorso in occasione del Locarno film festival, dove erano presenti nei giardini Rusca per informare i passanti con volantini riguardo alla situazione attuale nel ‘bunker’ “luogo invivibile e indegno”, invitando tutti a contribuire alla sua chiusura. Il collettivo ha inoltre proiettato un documentario di una decina di minuti nel quale ha mostrato la situazione attuale all’interno del rifugio. In serata R-esistiamo ha inoltre liberato in cielo decine di palloncini colorati a cui era attaccata la scritta luminosa ‘No bunker no border’ «l’idea era far volare il più alto possibile, oltre lo schermo della piazza, il nostro dissenso verso quella struttura», spiega Luisella Manzambi a nome del collettivo. «Ciò che denunciamo è che in tre anni non è cambiato assolutamente nulla – aggiunge –, sono condizioni veramente indegne, che in un Paese come il nostro non dovrebbero assolutamente esserci». La nostra interlocutrice, che si esprime a nome di R-esistiamo, tiene a far presente un altro aspetto: «Il problema del bunker è che è sotterraneo, non ci sono finestre e l’aerazione è pessima, dunque nel periodo di canicola la situazione è stata critica per gli ospiti. Ora la canicola sembra essere passata ma i problemi restano». Le “pessime condizioni di vita” nella struttura, nonché le recenti alte temperature “sono i motivi che da più di tre anni ci impegnano affinché questo posto inabitabile e di segregazione venga definitivamente chiuso e le persone trasferite rapidamente in strutture più confacenti”, scrive il collettivo in un comunicato stampa.

Come evidenziato anche dal Forum Alternativo vi sono ospiti che vivono nel rifugio da più di tre anni e che ora presentano gravi sintomi di disagio psico-fisico “a causa di una soluzione logistica di tipo carcerario e un’assistenza sociale povera e di tipo disciplinare”.

Tutte le richieste

Nella petizione del Forum Alternativo, oltre a sollecitare la chiusura immediata della struttura, si chiede anche la riduzione del sovraffollamento, l’attivazione della rete di famiglie disposte a ospitare richiedenti l’asilo anche per brevi periodi, la messa a disposizione di possibilità per lavori di pubblica utilità; in materia di condizioni di alloggio, abbigliamento, sussistenza e simili viene chiesta l’applicazione dei criteri minimi previsti dalla Conferenza svizzera dell’istituzione dell’azione sociale, come pure il libero accesso nei centri per rifugiati di medici, infermieri, assistenti sociali e avvocati; pure auspicata l’applicazione delle medesime condizioni di vita per tutti i rifugiati, indipendentemente dal loro statuto giuridico; e l’istituzione di un servizio d’ispettorato riguardante le condizioni di vita dei rifugiati designato dall’Organizzazione svizzera per i rifugiati con l’obiettivo di verificare il rispetto delle condizioni per le entità appaltatrici; infine vengono anche richiesti un sostegno psicologico per l’elaborazione dei traumi e il divieto d’interventi notturni e senza preavviso da parte della polizia.

La struttura di Camorino è gestita dalla Croce Rossa e dal Dipartimento sanità e socialità (Dss). Un anno fa, rispondendo alle varie sollecitazioni e agli atti parlamentari, il Consiglio di Stato aveva ricordato che nel medesimo luogo il Cantone realizzerà una struttura polivalente d’accoglienza investendo 11 milioni di franchi. Sono previsti un edificio di tre piani con 180 posti letto e la riorganizzazione del ‘bunker’ sottostante che diventerà parte del centro medesimo.