In aula la tragedia avvenuta nel gennaio 2019 sulla strada cantonale: una 67enne era stata travolta da una Mercedes nei pressi di un passaggio pedonale
Un impatto inevitabile oppure causato della negligenza del conducente? Questo il nodo che la Corte delle assise correzionali di Bellinzona è chiamata a sciogliere per decidere il verdetto sul conto del 56enne comparso oggi alla sbarra con l'accusa di omicidio colposo. Il caso riguarda l'investimento con esito mortale avvenuto a Gudo, sulla strada cantonale, la sera del 19 gennaio 2019. Erano da poco passate le 19 quando, appena uscita dal ristorante Cottini, una 67enne cittadina svizzera è stata investita mentre stava attraversando sul passaggio pedonale. Un suv Porsche proveniente da Sementina si era invece fermato per fare attraversare la signora, mentre la Mercedes guidata dall'imputato che sopraggiungeva da Cugnasco l’ha travolta centrandola con l’angolo anteriore sinistro. Violentissimo l'impatto, tenendo conto che il 56enne circolava a circa 40km/h. La donna è stata sbalzata a circa 6-7 metri di distanza dal punto di collisione. Malgrado il prodigarsi dei soccorritori, è morta poco dopo all'ospedale a causa delle gravi ferite riportate (in particolare un trauma cranico). Di origini svizzerotedesche, si era stabilita a Gudo nel 2012. Vedova, viveva da sola col proprio cagnolino a una ventina di metri dal luogo dell’investimento. Un tragitto, quello verso la strada cantonale e il passaggio pedonale presso il quale è stata investita, che percorreva spesso.
«Si tratta di un duplice dramma: per la famiglia della vittima e per quella dell'imputato, il quale dovrà convivere ogni giorno con questa tragedia», ha esordito durante la sua requisitoria il procuratore pubblico Roberto Ruggeri, che ha ricordato come per tali disgrazie possa bastare una frazione di secondo, una piccola distrazione. È vero che la donna aveva un ingente quantitativo di alcol nel sangue, ha attraversato la strada in obliquo con passo sostenuto (non esattamente sul passaggio pedonale) e che il 56enne circolava a una velocità ben al di sotto del limite consentito di 50 km/h, ma secondo l'accusa l'orario (certamente favorevole per l'adiacente ristorante), la conformazione della strada e la presenza del passaggio pedonale avrebbe dovuto indurre l'imputato a circolare a una velocità più ridotta. «La sua reazione può essere considerata tempestiva, ma un'andatura più blanda avrebbe permesso una reazione anticipata – ha affermato il pp Ruggeri –. L'imputato avrebbe potuto fare di più: conosce bene quella strada, ha visto l'altra macchina rallentare e doveva immaginare che qualcuno poteva uscire dal ristorante e attraversare la carreggiata». Secondo la Legge federale sulla circolazione stradale, ha continuato il pp, «il conducente deve sempre prevedere con ampio margine eventuali ostacoli sulla strada. In quella situazione avrebbe dovuto capire che poteva esserci una situazione di pericolo». Per avere una possibilità di evitare l'impatto, ha continuato Ruggeri citando la perizia agli atti, l'imputato avrebbe dovuto circolare a una velocità non superiore a 34km/h. «La Porsche andava a 20km/h. Certo, anche per il fatto che stava cercando parcheggio, ma il conducente è comunque stato attento». Per il pp gli elementi per la condanna sono superiori a quelli per l'assoluzione. Tenuto conto delle circostanze, ha chiesto una pena pecuniaria di 9'600 franchi sospesa con la condizionale per due anni.
«Era sobrio, circolava sotto il limite di velocità come da sua abitudine, non andava di fretta, non era al telefono. Guardava la strada e non aveva altre distrazioni». La vittima, ha continuato durante la sua arringa l'avvocato difensore Letizia Vezzoni, «è invece uscita a passo sostenuto dal cancello del ristorante, non ha nemmeno rallentato quando è arrivata sul ciglio della strada. Ha guardato a destra ma non a sinistra, da dove proveniva il mio assistito». Per la difesa lo stato psicofisico della donna è un elemento determinante. «Una modalità d'immissione sciagurata. È innegabile la sua corresponsabilità».
La vittima, ha continuato l'avvocato Vezzoni, ha impiegato poco più di due secondi dal cancello al punto d'impatto. «L'investimento era inevitabile. Non è sostenibile dire che la reazione doveva arrivare prima. Avrebbe dovuto andare a passo d'uomo per fermarsi in tempo. Il pedone non era visibile, anche a causa dei fari della Porsche. La perizia, infatti, non dice che sicuramente avrebbe evitato l'impatto se avesse viaggiato a una velocità non superiore a 34km/h». Sottolineando il peso morale per il suo assistito, Vezzoni ha chiesto il proscioglimento dall'accusa di omicidio colposo.
«Perché non ha visto la donna?», ha chiesto all'imputato il giudice Amos Pagnamenta. «Forse i fari molto forti della Porsche mi hanno dato fastidio. Ho visto la signora all'ultimo momento. Mi dispiace per quello che è successo: ancora una volta rinnovo le mie condoglianze a tutti quelli che la conoscevano. Vivrò il resto della mia vita con questo peso».
La sentenza sarà pronunciata oggi pomeriggio.
Caratterizzato da 16mila passaggi veicolari al giorno, il tratto di strada cantonale in questione presenta alcune insidie su cui le autorità locali si erano già chinate in passato. A Gudo sono infatti in molti a ritenere che il tratto limitato a 50 km/h presenti seri rischi per chi si sposta a piedi (nonostante la presenza di tre passaggi pedonali). Una prima motivazione giunge dal fatto che la strada in questione si trova fra due tratti con limite a 80 km/h, inducendo non pochi automobilisti e motociclisti a entrare a velocità sostenuta nell’abitato. Inoltre c’è chi ritiene insufficiente l’illuminazione lungo l’intero tratto a 50 km/h e soprattutto a ridosso delle strisce.