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Torna d’attualità il ‘bunker indegno’ di Camorino

A quattro anni dalla prima protesta, una nuova petizione chiede al Cantone di chiuderlo subito e di trasferire i 18 richiedenti l'asilo Nem

Il rifugio della Protezione civile di Camorino (Ti-Press)
12 luglio 2021
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Passano i mesi e gli anni, e loro sono ancora lì. Qualcuno da poco, altri da più tempo. Sono i 18 richiedenti l’asilo la cui domanda è stata respinta o per i quali è scattata la procedura di non entrata in materia (li chiamano Nem) non disponendo dei documenti e requisiti necessari all’apertura di un incarto. Uomini stranieri soli per i quali il diritto federale prevede il solo aiuto d’urgenza per disincentivare nuovi arrivi e richieste d’asilo immotivate. E il fatto che siano ancora ‘lì’ – alloggiati nel rifugio della Protezione civile di Camorino, il cosiddetto ‘bunker’ già al centro di numerose proteste e richieste di chiusura immediata sempre respinte dal Cantone – a qualcuno non va bene ritenendo le condizioni di vita indegne e inaccettabili. Perciò a distanza di quattro anni dalla prima richiesta di chiusura, per la quarta estate di fila in questi giorni è partita una petizione che ne chiede l’immediata serrata con relativo trasferimento degli ospiti. Dopo i tentativi fatti dal Movimento per il socialismo e dal collettivo R-esistiamo, sostenuti da una dozzina fra gruppi di sinistra, associazioni e organizzazioni che agiscono a sostegno dei diritti dei migranti, la nuova iniziativa arriva ora dal Forum Alternativo. 

Così tranquillizzava il governo

La struttura di Camorino, ricordiamo, è gestita dalla Croce Rossa e dal Dipartimento sanità e socialità (Dss). Un anno fa rispondendo alle varie sollecitazioni e atti parlamentari, il Consiglio di Stato aveva ricordato che nel medesimo luogo il Cantone realizzerà una struttura polivalente d’accoglienza investendo 11 milioni di franchi: previsti un edificio di tre piani con 180 posti letto e la riorganizzazione del ‘bunker’ sottostante che diventerà parte del centro medesimo. Il Dipartimento istituzioni assumerà la responsabilità della gestione operativa, il Dss la gestione degli aspetti d’integrazione  coerentemente con quanto previsto dall’Agenda integrazione svizzera. Bunker e strutture simili, aggiungeva il governo, “sono stati regolarmente autorizzati dagli enti/uffici competenti e offrono soluzioni alloggiative ritenute dignitose seppur ristrette”. A questo riguardo negava l’esistenza di condizioni di vita precarie e indegne, “benché certamente le camerate a Camorino non siano una soluzione troppo confortevole, soprattutto per soggiorni di lunga durata”. Le persone presenti “possono comunque uscire ed entrare quando lo desiderano, ma vi devono pernottare per beneficiare del forfait di sostentamento erogato quotidianamente”. Possono inoltre usare quotidianamente l’adiacente casetta gialla dotata di cucina, bagno, spazio comune e connessione wi-fi. “Nessuna segregazione dunque”, assicurava il governo ribadendo che “possono spostarsi senza limitazioni”. Inoltre la struttura “viene pulita due volte alla settimana da un inserviente, mentre la pulizia quotidiana spetta agli ospiti”. Oltre alla lavanderia settimanale si aggiunge poi il servizio infermieristico, “con presa a carico d’urgenza se necessario”.

Il Forum Alternativo ha effettuato un sopralluogo

Di tutt’altra opinione il Forum Alternativo che, alla luce di un recente sopralluogo, offre una lettura diversa della situazione: “Mentre evidenti ragioni umanitarie hanno portato alcuni cantoni a chiudere simili centri, creati per la Protezione civile e destinati originariamente a brevi soggiorni settimanali, in Ticino, dove si sta instaurando attraverso il Dipartimento istituzioni una politica autoritaria e di respingimento nei confronti di tutti gli stranieri, si continua a infierire nei confronti dei Nem, l’ultimo anello della catena migranti”. Nel bunker di Camorino, sottolinea il Forum Alternativo, la durata dell’internamento di alcuni dei 18 ospiti “supera i tre anni. Molti sono esasperati e presentano gravi sintomi di disagio psico-fisico a causa di una soluzione logistica di tipo carcerario e un’assistenza sociale povera e di tipo disciplinare”. I punti ritenuti più critici: “Ricovero notturno dentro camerate ritenute inabitabili per motivi sanitari da molti medici interpellati. Chiusura diurna che obbliga i residenti a girovagare in attesa della riapertura serale. Pasti e spese di sopravvivenza a carico dei residenti che ricevono, tutto compreso, solo dieci franchi al giorno. Per arrotondare questa miseria, alcuni di essi cercano disperatamente di farsi assumere al nero nei campi del Piano di Magadino”. L’assistenza medica “è ridotta ai minimi termini” e a questo riguardo viene spiegato che “la maggioranza degli ospiti fa largo uso di farmaci sedativi e ansiolitici poiché unico modo per riuscire a chiudere occhio nel bunker e unici farmaci concessi senza discussione, mentre altri problemi medici, in gran parte riconducibili allo stress e alle condizioni di vita, non vengono minimamente riconosciuti dal cantone”. La sorveglianza è tutt’oggi affidata a un’agenzia di sicurezza privata il cui personale “non esita a usare metodi forti che sconfinano spesso nella brutalità”. Il regime particolare di Camorino, conclude il Forum Alternativo, “è ben conosciuto negli altri centri ticinesi dove viene usato come spauracchio per tenere a bada i più riottosi”.

Le dieci richieste

Oltre a sollecitare la chiusura immediata della struttura, la petizione del Forum Alternativo chiede la riduzione del sovraffollamento, l’attivazione della rete di famiglie disposte di ospitare richiedenti l’asilo anche per brevi periodi, la messa a disposizione di possibilità per lavori di pubblica utilità; in materia di condizioni di alloggio, abbigliamento, sussistenza e simili viene chiesta l’applicazione dei criteri minimi previsti dalla Conferenza svizzera dell’istituzione dell’azione sociale, come pure il libero accesso nei centri per rifugiati di medici, infermieri, assistenti sociali e avvocati; pure auspicata l’applicazione delle medesime condizioni di vita per tutti i rifugiati, indipendentemente dal loro statuto giuridico; e l’istituzione di un servizio di ispettorato riguardante le condizioni di vita dei rifugiati designato dall’Organizzazione svizzera per i rifugiati con l’obiettivo di verificare il rispetto delle condizioni per le entità appaltatrici; infine vengono anche richiesti un sostegno psicologico per l’elaborazione dei traumi e il divieto d’interventi notturni e senza preavviso da parte della polizia.

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