Dipendenti dell'ospedale San Giovanni, chiedono lumi alle autorità sul nesso tra la preparazione di farmaci chemioterapici e i loro problemi di salute
Sta tutto in una lettera-denuncia di un gruppo di sette infermiere che tra gli anni Ottanta e il decennio scorso ha lavorato nel reparto di chirurgia dell'ospedale San Giovanni di Bellinzona. Tutte, come scritto oggi, domenica, da 'Il Caffè', erano addette anche alla preparazione dei farmaci destinati alla chemioterapia. E tutte si sono ammalate, in tempi diversi; ritrovandosi a combattere contro tumori e malattie autoimmuni. Una battaglia che una di loro, la primavera scorsa, ha perso. Per queste donne esiste un nesso tra quell'incarico e i loro problemi di salute. A tal punto da raccontare le loro vicissitudini all'Ufficio del Medico cantonale, all'Ufficio dell'Ispettorato del lavoro e alla direzione dell'ospedale.
Non è così, però, per l'ospedale, per il quale, come riferisce il domenicale, "non ci sono prove scientifiche né nessi di causalità. Le loro non sono malattie professionali". Non solo, l’Ente ospedaliero cantonale, a cui fa capo il San Giovanni, afferma che sulla base delle "evidenze scientifiche attualmente disponibili, non si può definire un nesso di causalità diretto conclusivo tra chemioterapici / formaldeide e le patologie sviluppate dalle collaboratrici".
Le sette infermiere, però, sono decise a fare chiarezza e rivendicano il diritto a verificare se esiste una correlazione fra il loro lavoro e le patologie con cui oggi si trovano a fare i conti.
Non si è fatta attendere la reazione dell'Mps, che alla luce di quanto riferito dal domenicale ha chiesto lumi al Consiglio di Stato con un'interpellanza sottoscritta dai deputati in Gran Consiglio Matteo Pronzini, Simona Arigoni e Angelica Lepori. I deputati chiedono se il CdS è stato informato dal ministro Raffaele De Rosa di questa vertenza, se il Governo non ritiene opportuno imporre al Cda dell'Eoc di assumersi le proprie responsabilità verso le dipendenti che hanno subito delle malattie professionali. Inoltre, viene chiesto al CdS, se non ritiene opportuno imporre al Cda dell'Eoc di intraprendere "tutti i passi necessari per informare tutto il personale, che in passato o ancora attualmente è entrato in contatto con sostanze nocive, delle misure di prevenzione o accertamento d’eventuale malattie professionali".