Lacune gestionali e operative: interrogativi sulle nette differenze di opinione fra Medico cantonale e Direzione della struttura. Insorgono anche Lega e Udc
Il rapporto conclusivo redatto lo scorso ottobre dall’Ufficio del medico cantonale sulla gestione della pandemia fatta nella casa anziani di Sementina fra marzo e aprile scorsi, quando si sono verificati 21 decessi per Covid fra gli 80 ospiti, afferma che la Direzione della struttura, di proprietà della Città di Bellinzona, non ha seguito e applicato compiutamente e correttamente le indicazioni impartite dal Cantone, settimana dopo settimana, a tutte le analoghe strutture del cantone. Dai carteggi che la 'Regione' ha potuto leggere emerge chiaramente che da una parte l’Ufficio del medico cantonale elenca importanti lacune gestionali nell'affrontare la situazione, mentre dall’altra la Direzione della struttura, ritenendo di aver agito nel giusto pur con tutte le difficoltà del caso, replica puntualizzando e contestando diverse conclusioni superiori. Senza però riuscire a smuovere l’Ufficio del medico cantonale dalle proprie convinzioni, contenute appunto nel rapporto conclusivo di ottobre.
Ora, dopo i servizi giornalistici degli ultimi giorni fatti a seguito delle rivelazioni pubblicate dal ‘Mattino della domenica’, sono i Verdi ha chiedere lumi al Municipio di Bellinzona: “Sapeva del rapporto del medico cantonale?”, domandano i consiglieri comunali Ronald David e Marco Noi. I quali prendono spunto dalle spiegazioni date ieri alla ‘Regione’ dal municipale Giorgio Soldini, secondo cui “la Direzione amministrativa e sanitaria della struttura hanno contestato, per iscritto, le conclusioni cui sono giunte le autorità cantonali, assicurando e ribadendo di aver sempre implementato correttamente, da subito e nel corso delle settimane e mesi successivi, gli ordini impartiti a tutte le strutture analoghe in Ticino”. Dal momento che il Municipio – vanno al sodo i Verdi – porta una responsabilità politica per l’operato di suoi servizi alla popolazione, “come valuta e interpreta la palese incongruenza tra le affermazioni del rapporto del Medico cantonale, che denuncia le inadempienze della struttura, e ciò che la Direzione amministrativa e sanitaria affermano, ovvero di essere state adempienti?”. E ancora: corrisponde al vero che la casa anziani di Sementina prima di ricevere il 23 settembre 2020 il rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio, ne è stata sprovvista per diversi mesi? In caso affermativo, da quando era sprovvista di autorizzazione all’esercizio e per quali motivi? In definitiva, quali passi in questa procedura di accertamento ci si deve ancora attendere e con quale tempistica, affinché si possa finalmente chiudere tale infausto capitolo? David e Noi chiedono infine che il rapporto del Medico cantonale sia messo a disposizione del Legislativo. Dal canto loro Lega e Udc chiedono nuovamente che Soldini venga subito sospeso dal Municipio e che siano sospesi fino al termine dell'inchiesta penale il direttore amministrativo e la direttrice sanitaria della struttura.
Dapprima 28 pagine (datate 30 settembre) nelle quali l’Ufficio del medico cantonale elenca tutte le situazioni problematiche accertate dal 10 marzo al 20 aprile scorsi nella casa anziani di Sementina; un elenco molto critico che viene completato dalle osservazioni in replica elaborate in estate, e in più tappe, dalla Direzione dell’istituto e inserite dalla stessa autorità cantonale come note a piè di pagina; autorità che a sua volta duplica, sotto le stesse note, senza scostarsi dal proprio giudizio iniziale. Che è negativo su quasi tutta la linea e viene riassunto nella Sintesi di quattro pagine inviata il 22 ottobre alla Direzione con l’invito a discuterne insieme durante un incontro “per facilitare la lettura delle nostre conclusioni”. Sintesi organizzata in nove punti. Ma la domanda di fondo è: come si è diffuso il virus nella struttura? Il Cantone indica che “la presenza intermittente di personale sintomatico e verosimilmente malato ha facilitato la diffusione del coronavirus nella struttura dal 10 al 25 marzo”, e questo sia fra collaboratori stessi (si sono ricostruiti i primi tre contagi) sia verso i primi ospiti durante, verosimilmente, la distribuzione delle terapie nella sala da pranzo il 16 marzo. Punto primo: è confermata, per scelta della Direzione, l’inosservanza intenzionale della direttiva del 9 marzo che imponeva la sospensione delle attività socializzanti di gruppo, per contro erogate fino all’8 aprile sui singoli piani, dove il virus non si era ancora diffuso, per compensare la privazione affettiva e l’isolamento. Punto secondo: esecuzione di lavori di manutenzione alle pareti del terzo piano il 16 e il 17 aprile, eseguiti da operai del Comune, in presenza di focolaio e nonostante il lockdown. Punto terzo: inizialmente sono state istituite singole camere d’isolamento (frammiste a stanze con persone non contagiate) anziché procedere subito con l’istituzione di un apposito reparto Covid, realizzato solo dopo l’intervento del medico cantonale del 18 aprile. Una modalità particolarmente dispendiosa, quella decisa dalla Direzione, associata a maggiori difficoltà operative nell’utilizzo delle misure di protezione (gestione e smaltimento grembiuli e mascherine). Una scelta, secondo il medico cantonale, da evitare “quando il numero di contagi è superiore a tre in poco tempo”. Probabilità di contagio peraltro “amplificata dalla scarsità di personale curante e con turni di lavori ordinari di 8 ore”, anziché di 12 ore come fatto solo dal 20 aprile quando si sono istituiti due appositi piani Covid. Punto quattro: mancata verifica del corretto utilizzo dei dispositivi di protezione da parte del personale. Punto cinque: mancanza di un ‘tableau de bord’ per la gestione organizzativa dell’epidemia. Punto sei: mancata realizzazione della lista del personale curante a inizio aprile al quinto piano Covid. Punto sette, elevato numero di operatori sanitari assenti per malattia o quarantena: ancora una volta, ribadisce il medico cantonale, “la creazione di un team dedicato a un reparto Covid e non al singolo caso avrebbe favorito una maggiore efficacia d’intervento”. Punto otto, mancata chiarezza sui compiti fra la capostruttura in procinto di essere pre-pensionata e la nuova capostruttura. Infine in taluni casi inadeguata comunicazione ai familiari dello stato di salute degli ospiti. In definitiva, conclude l’Ufficio del medico cantonale, “alla Direzione manca una visione sistemica e strutturata dell’organizzazione (...) in situazioni di gestione sia ordinaria sia d’emergenza”. Nella documentazione fornita “non vi è traccia d’interventi proattivi legati alla funzione di capostruttura e di Direzione sanitaria e amministrativa nella gestione dell’emergenza, se non quella di risposte puntuali ai singoli eventi”.