Agricoltori e ambientalisti hanno avanzato richieste contrapposte: non perdere troppo terreno e dedicarne di più alla creazione di aree naturalistiche
Quando un nubifragio o importanti precipitazioni si abbattono sul Piano di Magadino, non di rado le zone abitate e produttive situate nelle zone più pianeggianti subiscono ampi e prolungati allagamenti. Con tutti i disagi e le arrabbiature che ne conseguono. Non è stato il caso lo scorso weekend, quando le aree più colpite sono state quelle collinari di sponda destra dalle quali sono scesi grandi quantità di tronchi e detriti che hanno comportato pesanti conseguenze soprattutto per abitazioni e strade situate in prossimità dei pendii. E infatti la rete di 80 chilometri di canali estesa sul Piano, questa volta meno sollecitata rispetto ad altri eventi meteorologici estremi del passato, sembra aver fatto il proprio dovere, sebbene puntualmente si registrino alcuni campi allagati. Tutto bene dunque? «Questa volta le aree che solitamente lamentano i disagi maggiori, penso ad esempio Cadenazzo, Sant’Antonino e Quartino, sono state in effetti risparmiate dagli allagamenti, soprattutto perché il maltempo si è abbattuto sulla sponda opposta dove le arginature hanno tuttavia retto alla furia dell’acqua e al repentino innalzamento dell’alveo, se penso ad esempio ai torrenti Riarena e Val Pesta di nostra competenza. Questo per dire che il previsto potenziamento della rete di canali, attraverso l’adeguamento della sezione con più larghezza e profondità che assicureranno maggiore capacità idrica, resta comunque un’operazione irrinunciabile», spiega alla ‘Regione’ Edgardo Malè, presidente del Consorzio correzione fiume Ticino che da diversi anni sta portando avanti il progetto – preventivo di spesa circa 60 milioni di franchi – coinvolgendo Comuni e Cantone nonché i vari attori presenti sul Piano.
In più occasioni la rete ultracentenaria, risalente ormai alla grande bonifica del Piano di Magadino, ha mostrato i suoi limiti, sia per l’intensità degli eventi atmosferici, sia per la crescente occupazione del territorio con attività ed edifici un tempo assenti. Durante questo mese di settembre Consorzio, Cantone e Comuni affacciati sul Piano s’incontreranno per definire la fase ponte che dopo il 2021 sfocerà nella progettazione di dettaglio chiamata a considerare i vari interessi in gioco e la ripartizione della spesa di realizzazione nell’arco di un ventennio. Poi, la fase di cantiere – rileva Malè – sarà curata da un apposito consorzio composto da enti pubblici. Infine, una volta ultimate le opere, rientrerà in campo il Consorzio correzione fiume Ticino che gestirà negli anni a seguire le normali opere di gestione e manutenzione. Quanto agli interessi in gioco, la questione risulta complessa poiché occorre anche considerare sia le vie di comunicazione (strade di vario ordine e ferrovia) sia le attività antropiche presenti sul Piano (agricoltura, insediamenti di vario tipo, strutture per lo svago, ecc.). «Durante la fase di consultazione nel frattempo conclusa – annota Malè – sono in effetti sorte richieste da più parti che nell’attuale fase ponte bisognerà approfondire e, per quanto possibile, esaudire con l’obiettivo di evitare futuri ricorsi. Meglio affrontare oggi determinate questioni, che non doverle risolvere domani, al momento della pubblicazione formale dei piani, con tempi ricorsuali sempre lunghi». Il principale esempio di richieste contrapposte arriva dai settori agricolo e ambientalista: il primo confida che l’allargamento dei canali non finisca per sacrificare troppo terreno produttivo, il secondo sollecita l'inserimento di più zone naturali lungo i corsi d’acqua rivisti. Uno scenario che si è già manifestato nella lunga fase preparatoria del Parco del Piano di Magadino, con molteplici settori impegnati nel difendere i loro interessi.