Appello dell’allevatore e del Municipio ai proprietari di cascine: evitare di piantare sempreverdi velenosi e di gettare sui monti gli scarti da giardino
Otto capre del medesimo gregge sono morte agonizzando nelle ultime settimane dopo aver ingerito arbusti che risultano essere tossici per gli animali ruminanti. È successo in Val Malvaglia, nei pressi della diga, dove alcuni esemplari hanno approfittato di un varco trovato nella recinzione di un rustico situato non lontano dalla loro stalla per entrare nel giardino e nutrirsi. Scoperti i cadaveri e verificata la causa, il proprietario delle capre si è rivolto al Municipio di Serravalle sollecitandolo affinché sensibilizzi la popolazione locale e i proprietari di cascine in quota. Obiettivo, evitare nel limite del possibile sia la piantumazione di arbusti non autoctoni, i quali in molti casi risultano tossici per gli animali da reddito, sia l’abbandono nell’ambiente di resti di piante ornamentali da giardino sovente pure velenose (oltre al tasso possiamo citare oleandro, lauro, rododendro, ciclamino ecc.) nei quali il bestiame da reddito, ma anche la selvaggina, può imbattersi durante il periodo del vago pascolo fissato dai Comuni.
Da noi interpellato il sindaco Luca Bianchetti si dice al corrente sia dell’accaduto, sia della cattiva abitudine di confondere i monti per discariche dove gettare i rifiuti verdi provenienti dal piano; conferma perciò l’intenzione di diffondere un appello pubblico inserendolo nel prossimo bollettino informativo del Comune. Di ciò ha già informato l’allevatore, il quale si dichiara soddisfatto e confida che si possa instaurare con le parti un ottimo dialogo e collaborazione. «Discutendo con altri allevatori della zona e non – spiega alla ‘Regione’ il proprietario delle capre – pare che la questione non sia isolata. Molta gente, pensando di agire correttamente, mette a dimora dei sempreverdi pericolosi per la salute degli animali domestici e selvatici», come in questo caso il ‘Taxus baccata’ (vedi foto piccola) della famiglia delle conifere usato come siepe ornamentale e noto anche col nome di ‘albero della morte’ per la tossicità dei rami, delle foglie e del seme contenuto in un involucro carnoso di colore rosso (involucro per contro non velenoso e dal sapore dolce). Stando alla letteratura scientifica il suo principio attivo tassina ha effetti narcotici e paralizzanti in caso d’ingestione.
Piantare in un contesto prealpino arbusti ornamentali diffusi soprattutto in ambienti collinari e mediterranei, prosegue il proprietario delle capre, «può sembrare un bel gesto volto a impreziosire rustici e cascine, ma parimenti può essere all’origine di atroci sofferenze con conseguenze nefaste». Infatti nel caso specifico sei capre sono state rinvenute prive di vita nelle immediate vicinanze, mentre altre due sono morte in stalla nei giorni successivi. «Fortuna vuole – annota il nostro interlocutore – che metà della trentina di capi si trovava da qualche tempo al piano per trascorrere l’inverno in attesa di partorire. La quindicina di capre custodite in quota, in attesa di venire portate in basso per il parto previsto nelle prossime settimane, ha potuto beneficiare di un inverno mite e privo di neve. Ora, non è tanto il danno economico a infastidirci, ma la sofferenza patita dalle povere capre. Confidiamo che la sensibilizzazione abbia effetto e che tutti possano imparare qualcosa per il futuro». Dante Pura, presidente della Federazione ticinese consorzi allevamento caprino e ovino, conosce il problema per essersi confrontato con situazioni simili in Valle Verzasca: «Sta in effetti al buon senso dei proprietari di rustici e cascine interrogarsi sulla necessità di portare in quota arbusti che con l’ambiente alpino non hanno nulla a che vedere».