Bellinzonese

Eritrea morta a Bellinzona, il marito resta in carcere

Accusato di averla lanciata dal terrazzo nel luglio 2017, si è visto prorogare la detenzione preventiva di altri tre mesi. Controperizia trasmessa a Berna

Luglio 2017: il mazzo di rose posato in ricordo della giovane vittima (Ti-Press)
13 gennaio 2020
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Altri tre mesi di detenzione preveniva per il 38enne eritreo accusato di aver lanciato la giovane moglie connazionale dal balcone di casa in via San Gottardo a Bellinzona uccidendola. Lo ha deciso il giudice dei provvedimenti coercitivi accogliendo la richiesta del procuratore pubblico Moreno Capella. Arrestato a inizio luglio 2017 subito dopo il tragico evento, l’uomo rinchiuso al penitenziario cantonale della Stampa continua a professarsi innocente. La proroga di tre mesi scadrà a fine marzo; entro allora il pp Capella confida di ottenere risposta dall’Istituto di medicina legale di Berna cui nelle scorse settimane ha sottoposto, per un parere, la controperizia sulla caduta chiesta dalla difesa (avvocato Manuela Fertile) all’Istituto di scienze forensi di Milano. Mentre la perizia bernese ritiene inverosimile che si sia trattato di un gesto estremo della 24enne durante una lite col marito, la controperizia milanese giunge alla conclusione che la vittima si sia lanciata spontaneamente dal quarto piano, e questo considerando il punto d’impatto al suolo in posizione prona, comparato a quello di distacco dal terrazzo, nonché i segni e le ferite riscontrate su alcune parti del corpo, tipiche di chi scavalca un parapetto.

Berna non si sbilancia

Una volta ottenuto il parere da Berna, il pp Capella potrà risottoporre al Tribunale penale cantonale tutto l'incarto (che a suo tempo il tribunale aveva chiesto di completare) con l'aggiunta delle risposte trasmessegli sempre da Berna lo scorso dicembre. Se il tribunale riterrà l'impianto d'accusa completo, potrà aggiornare il processo nel corso del 2020. In quelle righe di dicembre l’Università di Berna ribadisce di non avere riferimenti oggettivi per giungere a una conclusione netta che si sia trattato di omicidio: infatti da una parte il punto esatto d’impatto al suolo non è stato indicato con precisione, avendo i soccorritori, intervenuti quella sera, spostato leggermente il corpo nel tentativo di rianimare la giovane; dall’altra non vi sono testimoni oculari, se non i racconti di chi ha udito la lite e la versione del diretto interessato. I giudici chiedevano altresì ai periti bernesi di dire se la vittima sia stata sollevata, buttata e/o lanciata; ma anche nel complemento viene evidenziata l’assenza di elementi sufficienti a rispondere positivamente alle domande. Troppe le variabili in gioco, fra cui anche il risultato sempre differente dei quattro lanci simulati con un manichino, che in un’unica occasione ha impattato nel punto presumibile del decesso.

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