Bellinzonese

Appello del vescovo 'contro la paura e l'isolamento'

Oltre mille fedeli stamattina sul passo del San Gottardo per la messa del Primo Agosto celebrata da monsignor Valerio Lazzeri

Ti-Press/Samuel Golay
1 agosto 2019
|

Molti – si stima oltre il migliaio – i fedeli che questa mattina hanno preso parte alla messa del Primo Agosto celebrata dal vescovo sul passo del Gottardo. Lanciata dalla Parrocchia di Airolo, l’iniziativa coinvolge tutta la Diocesi ticinese e quest’anno ha festeggiato il ventesimo anniversario. Un anno fa monsignor Valerio Lazzeri aveva riflettuto sul bisogno dell’affermazione di sé, della propria cultura e identità: «Ciò che porta – aveva evidenziato nell’omelia – a esasperare nazionalismi, protezionismi e sovranismi, investendo le migliori energie per innalzare muri, mentali o reali, che dovrebbero difendere quello che si ritiene essere il proprio mondo, la propria visione delle cose, la propria cultura e il proprio modo di vivere e di stare sulla terra». Quest’anno ha esortato a «svegliarci dal torpore, a non cedere a quelle spinte che portano, noi abitanti di questo Paese, a occuparci solo di noi stessi e dei nostri angusti interessi». Spazio quindi «alla condivisione più ampia, alla logica della reciprocità, alla solidarietà e allo scambio, che devono caratterizzare la famiglia umana più ampia a cui, anche come svizzeri, apparteniamo». L'invito è a uscire dalle paure e dall’isolamento «per dare un fondamento non effimero e superficiale al nostro essere svizzeri, al nostro essere “uno per tutti e tutti per uno”». Purtroppo, ha proseguito don Lazzeri, la paura fa spesso da padrona sui cuori perché «abbiamo davanti minacce difficili da identificare, timori nascosti, elementi inquietanti, interni ed esterni, che, pur dentro una situazione di generale e diffuso benessere rispetto a quella di molti altri paesi, riescono a non farci vivere bene, a irrigidirci, a renderci diffidenti verso gli altri, incerti sul domani, preoccupati spesso ossessivamente di tutto».

Se a prevalere sono i fantasmi

Pur stando bene – ha proseguito il vescovo – anche in Svizzera tendiamo a guardare al futuro come a una minaccia più che a una promessa: «Ciascuno cerca il suo personale modo di sopravvivere, di adeguarsi alla situazione: spinti da timori più o meno ragionevoli, si va a cercare rifugio anche nei luoghi più angusti. La ricerca unilaterale di sicurezza fisica, economica e materiale spinge ad accontentarsi di spazi mentali esigui, senza prospettive e senza orizzonti. Pur di mettersi al riparo, si finisce per soffocare e morire per mancanza di respiro, per carenza di motivazioni vitali. È quello che accade quando si sceglie di far prevalere i fantasmi più oscuri: si finisce per ridurre la propria dimora a quattro mura fortificate, la propria patria alla tana desiderata da ogni animale spaventato». Una questione di priorità, per monsignor Lazzeri: «Come possiamo dire di seguire il Signore, se la preoccupazione unica e totalizzante per noi è per quelli del proprio sangue, della propria razza, della propria cultura, se non abbiamo il coraggio di accogliere un altro fermento nel cuore, che non sia quello della conservazione di sé, del proprio modo di pensare e di vedere le cose?».

Nel mare mondiale

Ci sono vie d’uscita? Non fa un buon servizio alla collettività – ha ammonito il vescovo – chi «si presenta con soluzioni drastiche per garantire sempre e comunque il nostro benessere e tranquillità, il nostro essere un’isola felice in un mare mondiale e internazionale in pieno rivolgimento epocale. Non possono essere del tutto onesti i progetti che basano la loro forza su sogni illusori di poter sempre e comunque mantenere i nostri privilegi, senza pagare mai alcun prezzo per dare una risposta umana alle tragedie del nostro tempo». In definitiva, ha concluso don Lazzeri, «non possiamo vivere in maniera autenticamente umana solo proteggendo noi stessi, i nostri cari e i nostri beni. Li ameremo veramente, e con essi la nostra patria, vincendo l’isolamento del nostro cuore, trovando nel profondo di noi stessi ciò che non può esistere quando abbiamo paura dell’altro, ciò che è perduto per sempre, quando non viene ogni volta donato».