Bellinzonese

Veleno ai ratti, critiche dagli animalisti

Contestato il sistema adottato in Città per la disinfestazione dei ratti: ‘Un’orribile agonia’. La ditta di derattizzazione ribatte: 'Nessuna sofferenza'

14 maggio 2019
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«La morte per avvelenamento provoca un’atroce sofferenza». Si esprime in questi termini Silva Martinelli, membro di comitato del Centro di documentazione animalista (Delegazione Atra Svizzera italiana) riguardo alla sorte che spetta ai ratti che hanno mangiato un’esca. L’azione di derattizzazione, ricordiamo, è stata lanciata a Bellinzona un paio di mesi fa per contrastare il proliferare di roditori che interessa soprattutto la zona delle Semine, il centro storico e Prato Carasso-Golena. Il problema, fa presente Martinelli, è che il ratto è preda di molte specie selvatiche, anche protette: «Durante la settimana in cui l’animale vive con il veleno in corpo può essere predato da uccelli, gatti, piccoli mustelidi come l’ermellino o la faina. E per questi predatori sarà dannoso mangiare un animale che presenta al suo interno sostanze nocive».

La soluzione adottata in città, per la nostra interlocutrice è discutibile anche dal punto di vista dell’efficacia. «Non è a lungo termine, se le condizioni ambientali, in particolare la disponibilità di cibo, non cambiano, gli animali uccisi verranno ben presto rimpiazzati da altri. La disponibilità di territori e risorse alimentari porterà a una crescita della natalità e ci si ritroverà ben presto al punto di partenza con molti costi e nessun beneficio». Per Martinelli la soluzione migliore è la prevenzione e dunque la pulizia. «Non bisogna lasciare in giro rifiuti, perché i roditori ne sono attratti. Inoltre è importante non lasciare buchi nelle pareti di case vecchie per evitare che i ratti possano entrare nelle abitazioni». Martinelli è del parere che l’unico modo per tenere sotto controllo la popolazione di ratti di una città in modo duraturo è una corretta gestione dei rifiuti: quindi svuotando frequentemente i cestini e disponendo di cassonetti interrati.

Raggiunto dalla redazione, Emanuele Besomi, presidente della Società protezione animali Bellinzona (Spab), fa presente che vi sono diversi animali alle nostre latitudini che cacciano e si nutrono anche di ratti. «Questi veleni potrebbero dunque entrare nell’ecosistema proprio a causa dell’ingerimento di un ratto avvelenato», afferma. Il veleno per roditori, evidenzia il presidente della Spab, provoca delle emorragie interne e poi la morte «che non è delle migliori». Una volta morto, spiega Besomi, il corpo del ratto secca piuttosto velocemente, in questo modo non c’è decomposizione e quindi nemmeno insorgenza di cattivi odori. Le scatole che contengono le esche sono sicure, ma il ratto «potrebbe riuscire a portare all’esterno parte del veleno, che potrebbe quindi essere mangiato da altri animali. E questa sostanza se ingerita in quantità (improbabile in questo caso) è pericolosa anche per cani e gatti; è infatti utilizzata nei bocconi avvelenati».

L’aumento di ratti registrato a Bellinzona negli ultimi tempi può essere legato alla riduzione delle colonie feline presenti in Città? Quella di Castelgrande è passata da trenta a 7-8 gatti. Le cause secondo Besomi sono molteplici: «Certo, è importante avere un certo equilibrio, ma anche troppi gatti randagi creano problemi. Le colonie feline vengono mantenute, anche perché sono utili a contrastare ratti e topi, ma gli animali vengono controllati e sterilizzati». Per Besomi potrebbero aver giocato un ruolo anche i lavori di scavo e al sistema fognario «è stato toccato l’habitat dei ratti, che sentendosi minacciati sono saliti in superficie».

‘I roditori non soffrono e non c’è alcun problema per predatori ed ecosistema’

Per i roditori che hanno mangiato l’esca si prospetta una morte lunga e dolorosa? Che impatto hanno queste sostanze sull’ecosistema? Interpellato dalla ‘Regione’ Dario Cattaneo, direttore della ditta luganese che si occupa della disinfestazione in Città, spiega che: «Sono esche a base di anticoagulante e quindi creano delle micro emorragie a livello capillare; si tratta di un processo indolore e i ratti muoiono per apatia». Cattaneo tiene a far presente che, anche se i ratti muoiono 5-6 giorni dopo aver ingerito l’esca, non si tratta di un’agonia. «I roditori non soffrono, inoltre queste esche sono state approvate dagli uffici competenti in ambito di protezione animali per attività di disinfestazione», spiega. Vi sono invece rischi per gli animali che si cibano dei ratti che hanno mangiato l’esca? Cattaneo risponde che problemi non ve ne sono poiché la concentrazione della sostanza anticoagulante è minima e un ratto ne assume comunque piccole quantità. Un problema potrebbe esserci per un predatore che dovesse mangiarne una grossa quantità o se il predatore è di piccole dimensioni, è il caso ad esempio della civetta nana. «Infatti dove è presente questa specie protetta non è consentito usare anticoagulanti. A Bellinzona non c’è, mentre a Gudo sì, quindi in quel quartiere, proprio per questo motivo, non si possono usare queste sostanze». La carcassa del ratto morto che rimarrà al suolo potrà essere dannosa invece per gli insetti che la decomporranno? Il nostro interlocutore spiega che per formiche o mosche che potrebbero cibarsene la sostanza anticoagulante non è pericolosa dato che agisce solo su animali a sangue caldo. Facciamo anche presente che parte dell’esca posta all’interno della ‘trappola’ potrebbe essere portata all’esterno e ingerita da un cane. Anche per questa eventualità Cattaneo tranquillizza: «La dose non sarà sufficiente, la quantità di sostanza anticoagulante presente nei box è pensata per agire su piccoli animali». Inoltre, ci viene spiegato che sull’etichetta è sempre indicato l’antidoto da somministrare in caso di necessità. «Se un cane dovesse mangiare l’esca e iniziare a sanguinare dal naso, si può somministrargli la vitamina K1 che è facilmente reperibile. Si tratta comunque di un’ipotesi alquanto improbabile». Cattaneo tiene a precisare che con le apposite scatole per la disinfestazione di ratti non ci sono problemi in quanto sono molto sicure. È più delicato invece quando le sostanze anticoagulanti vengono acquistate nei negozi e gettate nei giardini. A Bellinzona sono state posate una settantina di casse «abbiamo scelto quelle più solide che ci sono, abbiamo pensato anche al Carnevale e possiamo garantire che sono davvero molto resistenti», conclude.