La testimonianza di due famiglie della regione che hanno iscritto i figli alle Elementari in Italia. Il Decs avverte: senza frequenza è illegale
Niente aule e classi, e nemmeno orari rigidi o maestri. Per alcuni l’impostazione dell’istruzione obbligatoria in Ticino non è compatibile con la possibilità di far crescere i propri figli in modo da far sviluppare loro una propria identità. Da qui la ricerca di un’alternativa che permetta di fare ciò che la Legge cantonale della scuola di fatto non prevede, ovvero l’istruzione a domicilio anche nota come home schooling. Come raccontano alla ‘Regione’ due famiglie del Bellinzonese (i nomi sono noti alla redazione) che hanno deciso di intraprendere questa strada, vi sono anche casi di ticinesi che hanno optato per trasferirsi oltre Gottardo, in cantoni che a differenza del nostro prevedono la possibilità di fare scuola a domicilio. Nei casi di cui riferiamo la scelta è diversa: spostare il domicilio in Italia per poter iscrivere il figlio in una scuola elementare italiana e, poiché lì è permesso, effettuare l’istruzione direttamente a casa. Per poter mantenere il domicilio all’estero è però necessario che la famiglia trascorra una parte del tempo nel comune italiano e non solo nell’abitazione in cui risiede in Ticino.
Una soluzione apparentemente macchinosa ma che in realtà chi l’ha adottata – in un caso da poco, nell’altro da qualche anno – ritiene positiva per la libertà che essa comporta a livello di gestione del tempo dell’intera famiglia. Le scuole in cui gli allievi sono iscritti chiedono poi alla fine di ciascun anno che i bambini si rechino sul posto a sostenere un esame che certifichi un adeguato livello di istruzione. «La nostra è una vera e propria scelta di vita», racconta alla ‘Regione’ un genitore da noi intervistato, che preferisce rimanere anonimo. I suoi figli in età scolastica sono iscritti in una scuola italiana, dove la frequenza non è obbligatoria. Poiché la scelta dei genitori è legata non solo alla possibilità di fare lezione a casa, bensì anche di fornire due contesti di crescita diversi e complementari ai figli, la famiglia si sposta tra il Ticino e l’altro comune anche per permettere loro di conoscere un altro stile di vita rispetto a quello svizzero. «Nel mondo di oggi si dà tanto valore all’individualità delle persone ma il mondo della scuola non si concentra sullo sviluppo personale e sui bisogni dei singoli individui», continua il nostro interlocutore a proposito delle motivazioni che l’hanno portato verso la decisione. E i figli sono contenti di questa scelta di vita? «Molto», risponde il genitore. Per quanto riguarda i contenuti delle lezioni, viene utilizzato il materiale a disposizione delle scuole pubbliche.
Uno degli aspetti che più suscita scetticismo tra chi non condivide l’idea di poter fare lezione a casa propria, aggiunge, è la socializzazione. «Ritengono che la frequenza regolare di una scuola possa fare bene. La vera domanda da porsi è la seguente: visto che si parla così spesso di diversità, di accettazione del diverso ecc., perché non si permette ai genitori di intraprendere strade diverse riguardo all’educazione dei figli?» Il tema della socializzazione non preoccupa nemmeno il genitore della seconda famiglia che intervistiamo. «Abbiamo deciso di intraprendere questa strada dopo aver riflettuto sul fatto che la natura non ci ha creati per rimanere, a partire dai 6 anni, seduti per molte ore al giorno assieme a un gruppo di bambini scelti solo perché sono nati nello stesso anno e con un solo referente adulto», sottolinea. «I bambini dovrebbero stare con persone mature che diano il buon esempio. Trascorrere del tempo con altri bambini va bene per il divertimento ma non è indispensabile per la loro crescita». Il genitore interpellato ritiene inoltre che la società sia molto ancorata a credenze che non permettano all’essere umano di svilupparsi e che si manifestano nel desiderio di correggere e incanalare i bambini. «Pensano ad esempio che sia così importante stare nelle righe a 7 anni».
Dal colloquio con queste due famiglie emerge che in Ticino ci sono anche altri genitori interessati all’home schooling; non essendo una pratica legale hanno rinunciato. In Svizzera tedesca e francese ci sta pensando l’associazione Eltern Lobby a smuovere le acque per chiedere un’istruzione più libera. Chiedono per esempio di rendere legale l’home schooling e di prevedere degli aiuti per chi vuole iscrivere i figli in istituti privati. Non è escluso che a breve si possa formare una branca dell’associazione anche nella Svizzera italiana. A livello politico la tendenza in Ticino va in tutt’altra direzione: basti pensare alla proposta di Bertoli di introdurre l’obbligo formativo fino all’età di 18 anni.
Se è vero che di principio la scuola a domicilio non è ammessa in Ticino, come spiega da noi contattata la Divisione della scuola del Decs, le sole eccezioni riguardano ragioni particolari d’ordine psichico o fisico. In alcuni casi precisati all’art. 90 della Legge della scuola, la Divisione può infatti eccezionalmente autorizzare l’insegnamento obbligatorio impartito in famiglia, accertando e vigilando che esso corrisponda alle esigenze della Costituzione federale, della legge, delle disposizioni esecutive e dei piani di studio. I casi, aggiunge la Divisione, sono comunque rarissimi. Ben diverso è invece il discorso nei casi in cui la famiglia non è autorizzata dal Cantone a effettuare l’home schooling. Il metodo scelto dalle famiglie da noi intervistate non è pertanto legale, risponde la Divisione, precisando di non essere a conoscenza dei casi e appellandosi ai due Comuni ticinesi di residenza affinché vigilino sul rispetto della legge. Il Municipio deve infatti accertare che i bambini residenti nel comune frequentino la scuola dell’obbligo; se non frequentano la scuola pubblica l’esecutivo richiede l’attestazione dell’iscrizione e della frequenza in un’altra scuola (privata o estera). Se l’obbligo di frequenza non è rispettato, il Municipio può infliggere una multa e segnalare la famiglia all’Autorità regionale di protezione (art. 54 Legge della scuola).
Il sindaco del Comune – che non riveliamo per motivi di privacy – in cui risiede una di queste due famiglie spiega da noi contattato che il Municipio è intervenuto per assicurare che i bambini seguissero una formazione scolastica e ha appurato che ora i figli – che risiedono per una parte dell’anno qui ma che, ricordiamo, sono domiciliati in Italia – sono regolarmente iscritti in una scuola italiana. Stando a quanto spiega il Decs, l’iscrizione non è però sufficiente: la legge chiede che venga accertata anche la frequenza. Per quanto riguarda la situazione nel resto della Svizzera, la Divisione della scuola aggiunge che nei cantoni in cui la scolarizzazione a casa è permessa vigono comunque delle restrizioni, per esempio viene preteso che i genitori abbiano una formazione come insegnanti; inoltre i bambini vengono sottoposti a periodici esami.