Intervista ai candidati Emanuele Polli e Attilio Cometta. A dividerli 23 anni d'età, l'esperienza in Giudicatura, il sostegno politico e la formazione
Da una parte Attilio Cometta, classe 1959, giurista di formazione, da tre anni delegato cantonale per l’integrazione degli stranieri, già capo della Sezione cantonale della popolazione, nonché già presidente del Tribunale militare e del Tribunale militare di appello, come pure già vicesindaco di Biasca e impegnato nello sport e in politica tra le file del Ppd, di cui è presidente distrettuale nella Riviera. Dall’altra Emanuele Polli, nato nel 1982, di professione assicuratore e con alle spalle, nonostante la giovane età, già sette anni come giudice di pace del Circolo di Giornico. Fra i due candidati a giudice di pace del Circolo di Riviera – l’appuntamento con le urne è per domenica 10 febbraio – vi sono 23 anni di differenza, una generazione. Quanto basta per leggere le cose della vita con sensibilità diverse. Come talvolta accade, l’elezione del giudice di pace è anche un’occasione per i partiti di esprimere il loro sostegno.
Dal Ppd della Riviera o di Biasca non è giunto alle redazioni alcun appello pubblico; né, va precisato, Attilio Cometta nell’intervista che pubblichiamo qui a lato lo ritiene opportuno. Per contro, l’appello a sostegno di Emanuele Polli è trasversale e viene espresso dal gruppo “Amici di Ema” con un comunicato firmato dai presidenti delle sezioni biaschesi di Plr, Ps/Abiasca e Lega. E, singolarmente, con un secondo comunicato del presidente sezionale liberale-radicale. Un ampio spettro politico, dunque. “Oggi trentaseienne e con un bagaglio di conoscenze non indifferente – scrivono in i rappresentanti delle tre sezioni politiche –, Emanuele Polli è uomo di mediazione, sempre presente sul territorio e senz’altro pronto a continuare il percorso intrapreso nella Giudicatura di pace attuale. Durante gli anni di lavoro a favore della comunità bassoleventinese ha emesso più di 500 sentenze e rilasciato un centinaio di credenziali a sindaci, municipali e patrizi. È importante notare e apprezzare l’alta percentuale di conciliazioni che hanno avuto successo”, ossia il 98 per cento.
1) Quale esperienza ha maturato come giudice di pace? Perché ritiene che il suo profilo personale e professionale sia adatto a questo compito? Fa differenza l’età in un ambito in cui si è chiamati a dirimere situazioni molto particolari e locali?
2) Dal 1803 a oggi la Giudicatura di pace ha perso per strada alcuni ambiti. Oggigiorno la ritiene ancora un’istituzione all’altezza? E l’elezione popolare?
3) Cosa apprezza e cosa non condivide del progetto di riforma sospeso l’anno scorso per approfondimenti? Il Consiglio della magistratura, in particolare, spinge affinché la funzione sia ricoperta da giuristi. Condivide? Oppure preferirebbe che venisse resa obbligatoria la formazione iniziale e quella continua?
1) Il bilancio di questi miei 7 anni d’esperienza è oltremodo positivo. Questo sia dal lato umano che ‘tecnico’. Lavorando come consulente assicurativo ho potuto sviluppare quell’inclinazione alla mediazione e al contatto con le persone indispensabile anche nell’ambito della Giudicatura di pace. L’età non ha mai rappresentato un limite per me. Anzi, entrato in carica a soli 30 anni, l’ho da subito ‘sfruttata’ puntando spesso sulla rapidità nell’evasione delle pratiche e sull’innegabile volontà di apprendere e crescere.
2) Da un lato è vero che certe mansioni sono state assegnate ad altri ‘uffici’, dall’altro però si è alzato il limite di causa a 5’000 franchi, riponendo così maggior responsabilità e fiducia nei giudici di pace. Del cambiamento non mi sono accorto, poiché sono entrato in carica dopo la revisione del Codice di procedura civile avvenuta nel 2011. Vedo molto positivamente il sistema dell’elezione popolare. Sono in questo senso fermamente convinto che un giudice popolare debba essere, per logica, eletto dai suoi concittadini.
3) Considerato che la domanda viene posta a un giudice di pace non giurista, la risposta mi pare abbastanza ovvia. Oddio, la formazione quale giurista permette certamente di approcciare le cause cosiddette ‘semplificate’ (ovvero le cause per le quali è necessario entrare nel merito) con maggior facilità. A mio modesto parere, non è comunque il numero di questi incarti a giustificare la ‘professionalizzazione’ paventata nel progetto di riforma. La maggior parte degli altri incarti e delle mansioni è infatti facilmente gestibile da un giudice di pace cosiddetto laico. Il tema della formazione è tuttavia fondamentale. Nel mio caso, subentrai a una giudice che aveva lasciato la carica per raggiunti limiti di età e mi ritrovai catapultato in una realtà a me del tutto nuova e in corsi di formazione continua già iniziati. La società è oggi sempre più complessa e i cittadini sempre più esigenti, per cui il concetto di ‘learning by doing’ che si trascina da anni non è a mio avviso più attuabile. Una solida formazione di base obbligatoria potrebbe pertanto giocare a favore di questo particolare e utilissimo ingranaggio della macchina-giustizia.
1) Come chiunque per la prima volta desideri assumere questa carica, non posso descrivere le mie esperienze. Ho dato la mia disponibilità perché, oltre alla formazione giuridica accademica, ho maturato una variegata e intensa esperienza professionale e di vita. In tutte le cariche dirigenziali assunte nell’Amministrazione cantonale sono stato confrontato regolarmente con temi complessi, dai numerosi e delicati risvolti umani ed esistenziali, ove il potere di apprezzamento, i principi di proporzionalità e legalità sono sempre stati i fili conduttori del mio lavoro, come pure dell’attività nella Giustizia militare quale presidente dei tribunali del nostro cantone. La candidatura è in linea col mio percorso di vita, che mi vede da sempre al servizio del cittadino. Lascio agli elettori valutare se la giovinezza è un pregio per questa carica, ma se guardiamo l’età media dei giudici di pace in attività ci rendiamo conto che la maturità, sinonimo di esperienze vissute, non è certamente un difetto, anzi.
2) La Giudicatura di pace, sebbene non abbia più le stesse competenze dalla sua istituzione secolare, ha mantenuto il suo ruolo fondamentale di conciliazione oltre a quello di autorità giudicante. Da sempre continua a sgravare le preture, promuovendo un accordo fra le parti per evitare costi procedurali, di patrocinio e lunghe vertenze giudiziarie. Il giudice di pace, rispetto a tutti gli altri magistrati, è l’unica figura ancora sottoposta a un’elezione popolare. Ritengo non vi siano motivi per una modalità diversa di elezione, passando dal Gran Consiglio, almeno fino a quando non saranno richieste una formazione giuridica obbligatoria e una valutazione d’idoneità del candidato. Nella sfida elettorale è però fondamentale garantire e mantenere l’indipendenza del magistrato, escludendo interferenze o appelli pubblici dei partiti a favore di un candidato, che svilisce la carica e sminuisce le qualità dell’interessato.
3) Del progetto di riforma apprezzo la riorganizzazione dei Circondari delle Giudicature di pace, con una loro significativa riduzione, e comprensori di dimensioni e numero di pratiche più equilibrati fra loro. Un numero maggiore di incarti per giudice di pace favorisce una casistica diversificata che gli evita di dover risolvere cause in ambiti mai affrontati in precedenza. Non spetta al sottoscritto sostenere o meno le indicazioni fornite dal Consiglio della magistratura sulla necessità di una formazione giuridica di base, che nel mio caso rafforza ulteriormente la mia candidatura. Ritengo invece indiscutibile che la complessità delle pratiche che il giudice di pace deve affrontare sia notevolmente aumentata nel tempo, e la partecipazione di rappresentanti legali alle udienze può mettere in difficoltà un giudice impreparato. Una solida formazione giuridica è garante di un’indipendenza di giudizio richiesta dalla carica. Trovo quindi indispensabile, a tutela delle parti che si rivolgono al giudice di pace, una formazione obbligatoria iniziale certificata e successivamente continua per i magistrati laici, sebbene non possa comunque colmare un percorso di studi universitari.