Bellinzonese

L'iniziativa 'Giù le mani' sarà posta in votazione popolare

Officine di Bellinzona: lo ha deciso all'unanimità l'omonima associazione, promotrice della raccolta firme del 2008, qualora il Gran Consiglio la bocciasse

Gianni Frizzo (Ti-Press)
8 novembre 2018
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Totale compattezza ieri sera a Bellinzona da parte dell’assemblea dell’associazione ‘Giù le mani dalle officine’ chiamata a decidere se convocare i ticinesi alle urne – qualora il Gran Consiglio la bocciasse nei prossimi mesi – sull’omonima iniziativa lanciata nel 2008. Iniziativa sottoscritta da quasi 15mila ticinesi e che chiede il potenziamento dell’attività industriale di produzione, di manutenzione, di ricerca e di sviluppo in seno allo stabilimento delle Ferrovie (in qualunque luogo continui a operare o venga realizzato in Ticino). All’unanimità dei presenti, una trentina di persone, l’assemblea ha optato per la votazione popolare ritenendo che proprio l’iniziativa sia l’occasione giusta per stimolare fra i ticinesi e fra i politici il dibattito su ‘cosa’ sia realmente necessario per garantire allo stabilimento un futuro solido e duraturo, che vada oltre alla manutenzione indicata dalle Ffs nella nuova officina prevista a Castione dove verrebbero aggiunte alcune attività produttive finora non dettagliate.

La risoluzione

Pure quasi all’unanimità (un solo contrario) l’assemblea ha votato anche una corposa risoluzione (due pagine fitte) che analizza criticamente l’accordo concluso da Ffs, Cantone e Città a favore dell’opzione Castione. Opzione – si legge – che taglierebbe il 70% dell’attuale e tradizionale attività dell’Officina. Opzione che cancella con un colpo di spugna i precedenti accordi raggiunti, dopo anni di trattative, da Ffs, maestranze e sindacati per uno sviluppo dello storico stabilimento. Rimarrebbero insomma le briciole. In soldoni, si conta che 250 degli attuali 400 posti di lavoro delle Officine verrebbero persi; ne rimarrebbero solo 150 cui si aggiungerebbe l’ottantina di dipendenti attualmente impiegata nei depositi di manutenzione leggera di Bellinzona-Pedemonte e Biasca. La stessa risoluzione, ricordiamo, il 25 ottobre è stata votata dall'assemblea dei lavoratori con una maggioranza però risicata: 143 sì, 137 no e 8 astenuti.

Di 'cosa' si sta parlando

«È sull’enorme perdita di impieghi, di produttività, di qualità e quantità del lavoro che devono incentrarsi i nostri sforzi e il dibattito generale, non sul ‘dove’», ha insistito il presidente dell’associazione Gianni Frizzo, confermato all’unanimità insieme al comitato. Pienamente d’accordo la sala, che ha visto la presenza, come ospite, del sindaco Mario Branda. Il coordinatore dell’Mps Giuseppe Sergi, ad esempio, ha invitato a «non considerare le pressioni fatte dalle Ffs sul fatto che se non si costruisce a Castione (il Gran Consiglio è chiamato a stanziare i 100 milioni di contributo cantonale contro cui l’Unione contadini ha annunciato referendum, ndr) allora porteranno altrove la manutenzione dei treni. È impossibile che lo facciano, perché se già sostengono che è insostenibile per loro il maggior costo calcolato per la tratta Castione-Bodio qualora si optasse per uno stabilimento nella Bassa Leventina, figuriamoci quanto costerebbe loro trasportare Oltralpe i Tilo ticinesi e gli altri treni qui usati per sottoporli a manutenzione. Concentriamoci quindi sul recupero e sviluppo dell’attività industriale storica delle Officine che le Ffs han già deciso di togliere al Ticino».

Via dal Centro di competenze e 'ridateci i 20mila franchi'

Altra decisione presa dall’assemblea, quella relativa al Consiglio di Fondazione del Centro di competenze in mobilità ferroviaria creato dalle Ferrovie dentro le Officine col coinvolgimento finanziario, oltre che delle stesse Ffs, anche fra gli altri di Città, Cantone e associazione ‘Giù le mani’. A suo tempo il vicepresidente Frizzo si era autosospeso non condividendo talune dinamiche e quanto si andava facendo. «Da allora nulla è cambiato e il Centro non ha prodotto quanto ci si aspettava. Mi chiedo che senso abbia restare lì autosospeso». Con un solo astenuto, l’assemblea ha quindi incaricato il comitato dell’associazione di scrivere al Consiglio di Stato (autorità di nomina) e al presidente del Consiglio di Fondazione, Simone Gianini, indicando il Centro di competenza come superato dagli eventi. Da qui la decisione di ritenere non più necessario indicare un rappresentante dell’associazione, la quale chiede anche la restituzione dei 20mila franchi dati in origine.