Tafferugli del 14 gennaio col Losanna, in alcuni casi i divieti d'entrata negli stadi superano di gran lunga le sanzioni amministrative decise dalla PolTi
C’è malcontento doppio fra la Gioventù Biancoblù (Gbb), che coalizza il tifo organizzato dell’Hcap, per i due livelli di decisioni che da agosto hanno toccato le persone coinvolte nei disordini scoppiati lo scorso 14 gennaio alla Valascia al termine dell’incontro con l’Hockey club Losanna. Dapprima vi sono state le sanzioni amministrative comunicate dalla Polizia cantonale il 20 agosto e previste dal Concordato nazionale sulle misure contro la violenza in occasione di manifestazioni sportive: si tratta dei cosiddetti ‘divieti di perimetro’ che stabiliscono, caso per caso, per quanto tempo non potranno avvicinarsi alle piste di hockey di tutta la Svizzera; per gli eventi della Valascia, a dipendenza della gravità dei fatti imputati ai tifosi coinvolti, i divieti vanno da un minimo di 4 mesi a un massimo di due anni. Decisioni, va da sé, che risultano indigeste a chi le ha ricevute; doppiamente lo sono quelle comunicate, poco prima dell’inizio del campionato, anche dalla Lega svizzera di hockey cui la polizia ha trasmesso gli incarti.
Infatti la Lega ha adottato i provvedimenti che le competono stabilendo per quasi tutti diffide di due anni, ossia divieti d’accesso a tutti gli stadi di hockey e calcio svizzeri. Due anni è il provvedimento minimo previsto dal Regolamento della Lega hockey per casi di questa entità; a tre supporter losannesi sono invece stati irrogati tre anni. Quindi i tifosi ticinesi cui la polizia ha ordinato un altolà di pochi mesi, dovranno in realtà stare alla larga due anni.
«Abbiamo dedicato alla questione alcuni incontri con i rappresentanti della Gbb», spiega alla ‘Regione’ il presidente biancoblù Filippo Lombardi: «Purtroppo per loro le regole della Lega hockey sono queste», inasprite alcuni anni fa per tenere alta l’asticella e disincentivare comportamenti violenti. «Quando sono state inasprite ho tentato di far sentire la mia voce, affinché si prevedesse una proporzionalità, ma non è servito. Dal canto nostro, come club, essendo coscienti dell’importanza del tifo organizzato abbiamo ricordato alla Lega sia l’eccezionalità di quei tafferugli, con supporter biancoblù coinvolti nel tentativo di difendere la tifoseria inerme, sia la disposizione secondo cui nei casi meno gravi, sfociati in due anni di diffida, è possibile dopo un anno rivalutare la situazione qualora il singolo tifoso ne faccia richiesta. In quel caso la Lega sarebbe tenuta a eseguire una seconda valutazione tenendo presente, fra i vari elementi, anche la condotta tenuta dal tifoso dopo la decisione di divieto d’accesso. Un riesame quindi previsto dal regolamento, ma poco propagandato e applicato». Se la prognosi è positiva, vi è comunque spazio per ridurre il divieto a un anno.
Complessivamente, ricordiamo, sono state 42 le persone indagate e nei confronti delle quali la Polizia cantonale a fine agosto ha deciso sanzioni amministrative «commisurate alle singole responsabilità», annota il tenente colonnello Decio Cavallini, capo della Gendarmeria della Polizia cantonale che gestisce la sicurezza all’esterno degli stadi. Di queste 42, cinque sono di nazionalità tedesca, 17 sono ticinesi e le altre venti sono domiciliate Oltralpe. Le cui autorità di polizia hanno pure comunicato le loro decisioni. Quanto al Ticino – fa sapere il procuratore Nicola Respini, titolare dell’inchiesta –, entro metà novembre saranno firmati i vari decreti d’accusa. «Notiamo anche noi – osserva Cavallini – la discrepanza esistente fra le sanzioni di polizia, decise in base al principio della proporzionalità, e quelle emesse dalla Lega svizzera di hockey le quali sovente superano di più del doppio le nostre». Un segnale forte verso chi sgarra. Nel caso del 14 gennaio – conclude Cavallini – a nessun tifoso la polizia ticinese ha dato divieti di perimetro di tre anni: «Al massimo due per quelli filmati mentre scagliavano girelli di ferro sugli avversari o li prendevano a cinghiate».