In qualità di supervisore si trovava in una classe della Scuola di polizia durante un sessione di esami. La Procura: incidente per negligenza, ora è sospeso
Non luogo a procedere nei confronti dell'agente feritosi gravemente al volto lo scorso febbraio a Giubiasco con un colpo di pistola esploso durante una sessione di esami in corso alla Scuola cantonale di polizia. Questa la conclusione cui è giunto il procuratore pubblico Moreno Capella, il cui decreto nei giorni scorsi è stato trasmesso per competenza al Comando della Polizia cantonale.
Nello stesso – spiega alla 'Regione' il Servizio comunicazione, media e prevenzione della PolTi – viene stabilito che “si è trattato di un incidente dovuto a una negligenza da parte dell’agente, il quale non ha rispettato una serie di regole basilari legate all’utilizzo delle armi da fuoco”. La polizia ricorda peraltro che l’agente “è risultato l’unico ad averne sopportato le conseguenze”. Vista la conclusione degli accertamenti di pertinenza del Ministero pubblico, “è stato adesso riavviato il procedimento disciplinare. Procedimento che è di competenza dell’autorità di nomina: il Consiglio di Stato”. Il quale ha chiesto una sospensione provvisionale: “L’agente non è quindi operativo”.
L'episodio aveva suscitato apprensione per il luogo (la Scuola di polizia) e per il contesto in cui si è verificato, tanto da indurre i vertici della Polizia cantonale e della Sezione formazione a fornire un supporto psicologico agli aspiranti, in particolare a chi aveva assistito ai fatti, ai famigliari, al personale e agli agenti toccati dall'evento. Subito si era potuto chiarire che non vi era relazione tra lo svolgimento degli esami e il ferimento. Non si trattava infatti di un'esercitazione o di un esame che prevedeva manipolazioni con la pistola di ordinanza. L'azione dell'agente che ha portato al proprio ferimento – spiegavano il giorno successivo Procura e PolTi – è stata “da lui messa in atto in modo autonomo e senza rispettare le norme di sicurezza relative all'uso delle armi”.
In quel frangente Polizia cantonale e Procura specificavano anche che l'inchiesta avrebbe cercato di ricostruire le motivazioni del gesto. Ebbene, non sarebbero legate ad alcun aspetto particolare, ma sarebbero da ricondurre – stando a informazioni non confermate – a una sua abitudine a usare in quel modo, per gioco, l'arma d'ordinanza.