A dieci anni dallo sciopero la questione rimane irrisolta. Cantone e Città chiariscono i motivi del contributo alle Ffs. Gli operai però non ci stanno.
Gli operai incrociano le braccia e scendono in sciopero contro la soppressione di centinaia di posti di lavoro. È il 7 marzo 2008 e le maestranze sfilano lungo il sedime e, in segno di sfida, saldano i binari all’altezza della ‘Cattedrale’, in entrata e in uscita. Un mese dopo, le Ffs annunciano il ritiro del piano di ristrutturazione: la battaglia è vinta, ma la guerra continua. A dieci anni di distanza, l’Officina non chiude ma trasloca e passerà da 350 a 200 posti di lavoro. È quanto indicato nella dichiarazione d’intenti, firmata a dicembre da Cantone, Città di Bellinzona e Ffs. Soluzione scelta per scongiurare la chiusura e garantire il mantenimento a lungo termine della manutenzione ferroviaria in Ticino, e che prevede un nuovo stabilimento all’avanguardia in un luogo ancora da definire – Arbedo-Castione, Biasca o Bodio – e un parco tecnologico nell’attuale comparto. Un’operazione da 360 milioni di franchi, suddivisi tra: Cantone 100 milioni, Città 20, Ffs 180 e Confederazione 60. A tre mesi dalla firma, il presidente del Governo Manuele Bertoli indica che il Dipartimento delle finanze e dell’economia e il Dipartimento del territorio stanno allestendo il messaggio all’indirizzo del Gran Consiglio, con tutte le indicazioni inerenti all’operazione.
Un’operazione da 360 milioni, un terzo garantito da Cantone e Città: come si è arrivati a questo importo? Servirà ad acquisire i terreni o a convincere l’ex regia federale a restare in Ticino? L’importo è la contropartita per i terreni in una zona di interesse pubblico strategica. Ma certamente questo acquisto è stato un incentivo per le Ffs affinché questa operazione si potesse progettare nel Bellinzonese, considerato il fatto che, dopo diversi anni di discussioni su volumi di lavoro e autonomia imprenditoriale delle Officine, proprio le Ffs hanno messo sul tavolo l’idea di una nuova istallazione, che se non colta avrebbe anche potuto comportare lo spostamento di investimenti altrove e un conseguente lento declino delle Officine attuali.
Detratta la somma per l’acquisizione del terreno, la partecipazione di Città e Cantone rimane però cospicua... Della pertinenza del costo si discuterà in Gran Consiglio, quando il messaggio sarà presentato. Credo però che la questione vada considerata anche con uno sguardo a medio o lungo termine, nel senso che senza questo acquisto il futuro delle Officine sarebbe ancora più critico. Bisogna inoltre considerare che la proprietà pubblica di terreni in città e in prossimità di una stazione importante ha un valore strategico per la collettività che va al di là della quantificazione del costo del terreno qui e ora. Insomma, se acquistare ha un costo rilevante, non farlo potrebbe comportare conseguenze ben più significative.
Mario Branda, cosa si sente di dire a chi continua a dubitare delle reali intenzioni delle Ffs per le Officine? Possibile che dopo tutti i proclami non si sappia ancora dove sarà costruito il nuovo stabilimento? La discussione è purtroppo stata condizionata da errori, anche gravi, di approccio e di comunicazione che le Ffs hanno commesso in passato. Adesso però c’è sul tavolo un elemento di novità importante che prima non c’era: la loro disponibilità a realizzare un nuovo stabilimento industriale all’avanguardia. Un progetto che è stato oggetto di approfondita discussione con il Cantone e con la Città di Bellinzona e sul quale le parti coinvolte hanno avuto tempo e modo di sviscerare i vari aspetti. Credo di poter dire che da parte di tutti gli attori coinvolti v’è oggi un impegno politico serio e non mi pare dunque che la disponibilità delle Ffs sia solo declamatoria senza seguito concreto.
Facendo un calcolo approssimativo risulta che per acquistare 60mila metri quadrati di terreno in centro a Bellinzona siano necessari circa 90 milioni. Cantone e Città sono pronti a metterne 120. È una cifra politica per convincere le Ffs a restare in Ticino? I cittadini non rischiano di pagare a caro prezzo questo incentivo? È chiaro che con lo stanziamento di questo importo è perseguito anche un obiettivo politico: legare e impegnare le Ffs a mantenere uno stabilimento industriale importante nella nostra regione. Questa situazione appare simile a quella che si era presentata nel 1884, quando Città e Cantone offrirono gratuitamente alla Gotthardbahn il terreno dove adesso sorgono le Officine. Pagarono un importo in denaro consistente e il Comune concesse gratuitamente il prelievo dell’acqua dalla valle di Arbedo che sarebbe servita all’attività del nuovo stabilimento; tutto ciò per fare in modo che le Officine venissero realizzate a Bellinzona e non Oltregottardo. Certo, si potrebbe anche decidere di non spendere nulla, con il rischio poi però di ritrovarci tra dieci-quindici anni senza più comparto industriale. L’idea è comunque quella di investire per continuare ad avere delle Officine che abbiano un orizzonte di vita di lungo termine e, in conseguenza del primo obiettivo, poter disporre di una superficie su cui sviluppare progetti propri e avviare un discorso di politica industriale e urbanistica.
Pensando alle difficoltà che ci sono in tutto il Ticino, e non solo, ad attirare aziende davvero innovative, non sarà arduo creare un parco tecnologico a Bellinzona? È normale che fino a quando il parco non sarà stato realizzato non si potranno avere aziende interessate a insediarsi. Se il progetto di nuove Officine dovesse andare in porto come speriamo ed auspichiamo, il parco vedrà la luce tra 7-8 anni. È solo a quel momento che potranno concretizzarsi insediamenti di nuove attività. È chiaro che un progetto di questo tipo richiede la collaborazione di molti enti e attori, in particolare anche di quelli preposti anche alla formazione e alla ricerca. Tramite il Cantone stiamo cercando di sviluppare idee e capire in che direzione andare.
Sull'edizione cartacea di oggi le interviste complete al presidente del governo Manuele Bertoli e al sindaco di Bellinzona Mario Branda.