Nel processo a due poliziotti della Cantonale è intervenuta anche l'accusa evidenziando le diverse versioni dei testi
"Assoluzione totale". Lo chiedono con fermezza gli avvocati Andrea Bersani e Brenno Canevascini, difesori dei due imputati a processo da ieri in Pretura penale a Bellinzona per lesioni semplici, abuso di autorità e in uno dei due casi anche vie di fatto. Dopo il sopralluogo di ieri alla centrale di Camorino dov'era avvenuta la perquisizione, oggi il processo scaturito dalla denuncia di un ladro rumeno che accusa gli agenti di averlo picchiato è continuato in aula.
Il 33enne e il 34enne, impiegati come poliziotti nel corpo della Cantonale, sono accusati "di uno dei reati più odiosi", ha sottolineato l'avvocata Khouloud Ramella Matta Nassif che rappresenta il denunciante. La legale ha insistito sul fatto che le versioni dei sei testimoni presenti durante l'operazione di polizia non sono state lineari nel tempo. Se all'inizio alcuni avevano ammesso che i due colleghi si erano chiusi in un ripostiglio con il ladro lasciando intendere che si potesse essere consumato un atto di violenza, durante l'inchiesta hanno ritrattato confermando ancora ieri durante l'interrogatorio che gli agenti non si sono mai chiusi in un altro locale e di non aver mai sentito urla o lamentele da parte dell'uomo perquisito. "Una dimostrazione di omertà nei confronti dei colleghi", ha spiegato l'avvocata chiedendo un "congruo risarcimento" per il suo assistito che soffre ancora di dolori a causa delle botte subite.
Passando in rassegna una serie di presunte bugie, la difesa non ritiene attendibile la versione del ladro (nel frattempo condannato per alcuni furti ed espulso dalla Svizzera). Il referto medico dell'ospedale riferisce di trauma addominale con dolori al basso ventre: conseguenze che secondo Canevascini sono riconducibili a problemi di salute di cui l'uomo ammette di soffrire da tempo e non ai pugni alla schiena e alla testa o al calcio nei testicoli che dice di aver ricevuto dagli agenti. L'avvocato fa inoltre notare che la foto scattata dopo il primo interrogatorio non mostra lividi o escoriazioni, che nemmeno sono emersi dall'esame medico. "Bugie a dosi industriali" sarebbero dunque state raccontate dall'uomo al solo fine di vendicarsi per il suo fermo suo mentre stava delinquendo assieme a due complici. Per quanto riguarda i racconti dei testimoni, Andrea Bersani ha fatto notare che la conformazione del garage dov'è avvenuta la perquisizione – in una sorta di corridoio generato dalla presenza di mobilio – ha generato confusione. "Tutti hanno comunque confermato di non aver sentito né visto nulla di anomalo", ha continuato Bersani.
A saltare all'occhio nel corso del dibattimento, sia ieri che oggi, è l'assenza del procuratore generale John Noseda, titolare dell'inchiesta. "Quando serviva un segnale forte, il sostegno da parte dell'autorità è mancato", ha sottolineato la legale dell'accusatore privato. "La vittima della polizia è la parte debole del processo e deve poter contare sulla procura pubblica", ha aggiunto. Va ricordato che inizialmente il pg aveva emesso un decreto d'abbandono per il caso, riaperto a seguito di un reclamo dell'accusa accolto dalla Corte dei reclami penali (Crp) a causa del principio 'in dubio pro duriore' che favorisce la versione del denunciante. Questa, secondo Brenno Canevascini, la causa dell'assenza: "Risulta difficile per il pg sostenere un'accusa che gli è stata imposta dalla Crp".
La sentenza verrà pronunciata dal giudice Marco Kraushaar nel pomeriggio.