Bellinzonese

Terza cucciolata di lupi: 'Sarà la fine dell'allevamento in Ticino'

16 agosto 2017
|

Il lupo sta mettendo in pericolo l'allevamento di bovini. A dirlo è l'Associazione per un territorio senza grandi predatori che in un comunicato prende posizione sulla notizia riportata sull'edizione cartacea di oggi riguardo la conferma del Dipartimento del territorio della terza cucciolata di lupi in Valle Morobbia. 

La presa di posizione, firmata dal presidente dell'associazione Armando Donati, si collega alla recente manifestazione Marché-Concours di Saignelégier (cantona Giura), con il Canton Ticino ospite d’onore con una dozzina di capre della razza nera di Verzasca sfilate a rammentare che – oltre al Ticino del turismo, delle industrie innovative e della ricerca – esiste ancora anche un Ticino rurale. Si tratta, viene indicato, dell'unica razza autoctona che secondo i dati della Federazione di allevamento caprino svizzero è a rischio di estinzione; anzi è la più a rischio tra tutte le razze svizzere.

Partendo da Saignelégier, l'Associazione per un territorio senza grandi predatori si riallaccia alla cucciolata in Val Morobbia, di cui è stata "purtroppo" data notizia il giorno seguente. "Impossibile non mettere in relazione i due avvenimenti. Ovunque dove il lupo è in forte espansione, come in Italia e in Francia, da qualche decennio le predazioni sono in aumento e l’allevamento ovicaprino è in forte regressione. Anzi, anche l’allevamento bovino sugli alpi è a rischio, poiché branchi di lupi affamati attaccano anche vitelli e manze. Gli allevatori sono tribolati, provano ad adottare misure di protezione, ne avvertono i grossi limiti, si scoraggiano e smettono, a volte anche gridando al mondo il loro sconforto".

Donati chiede, provocatoriamente se il Ticino sia forse protetto "da una una stella in cielo" contro i lupi. "Ma le statistiche della regressione dell’allevamento ovino e caprino ticinese non le conosce nessuno; spesso non vengono nemmeno pubblicate. Quelle riguardanti gli altri settori economici vengono aggiornate, pubblicate e commentate trimestralmente dandogli ampio spazio. E fanno opinione. Un alpe che viene abbandonato, una stalla che chiude, un allevatore che smette, anzi tanti allevatori che smettono, non fanno notizia e non se ne parla. Quante stalle per ovini e caprini sono in costruzione in Ticino? Quanti allevatori stanno pensando di migliorare la propria struttura aziendale? Nessuno".

Non manca un accenno sul recente studio di Agridea 'Analisi strutturale per la messa in opera di misure di protezione in Ticino', "costato 110’000 franchi ai contribuenti" (che riprende le conclusioni dello studio di Piattini del 2004) : ossia che il 70% delle greggi non sono proteggibili. "E non saranno proteggibili nemmeno in futuro. Il territorio è quello. Impossibile cambiarlo".

Si conclude così: "Gli allevatori vorrebbero proteggere le loro greggi, ma molto spesso non è fattibile. Tante aziende sono destinate a smettere. Ogni anno alcune aziende in meno, alcuni alpi in meno, ma anche molti capi di bestiame in meno. Poco per volta, farà meno male e nessuno se ne assumerà la responsabilità. Le autorità federali e cantonali, i politici, l’opinione pubblica non se ne accorgeranno e tenteranno di far qualcosa quando sarà troppo tardi. Come capita spesso. Gli allevatori e gli abitanti delle valli, invece, patiranno in silenzio, uno stravolgimento epocale". E fra 10 o 20 anni "ci si meraviglierà che tutto è cambiato: il lupo sarà diventato il regolatore della nostra fauna selvatica, i prodotti tradizionali saranno un bel ricordo, il bosco avrà occupato il 60% del territorio cantonale, i posti di lavoro nelle valli saranno ridotti a poche unità nei servizi, i villaggi delle alte valli apparentemente belli, ma disabitati per buona parte dell’anno e il paesaggio montano meno variato a discapito anche della famosa biodiversità.  Fra 25 anni al corteo ticinese a Saignelégier ci saranno ancora le bandelle, i tamburini, le ginnaste, ma mancherà la capra nera di Verzasca e probabilmente anche diversi cavalli".