L'ex attaccante svedese dei bianconeri ora è diventato giornalista ed è presente ai Mondiali in qualità di commentatore
Vi ricordate di Rickard Wallin? Lo svedese, presente a questo Mondiale in qualità di giornalista per un'emittente del suo Paese, disputò una stagione a Lugano nel 2006/2007. "Ho solo buoni ricordi", esordisce l'ex bianconero. "Specialmente ora che ho smesso di giocare ripenso spesso alla mia esperienza ticinese. Il club mi trattò ottimamente. Fu un anno importante per la mia crescita, sia a livello umano che hockeisticamente parlando. E poi la città è fantastica. Un giorno vorrei tornare a visitarla e mostrare a mia moglie e ai miei figli dove giocava il papà. L'unico problema era rappresentato dalla lingua, non sapevo l'italiano e inoltre arrivai solo, a quel tempo non avevo famiglia. A volte dunque sentivo un po' di solitudine. Uno dei miei obiettivi era d'imparare la vostra lingua, ma devo ammettere di aver fallito in questo senso".
Nonostante un campionato nel complesso buono, condito da 17 reti e 34 assist, l'ala non continuò la sua avventura in bianconero e tornò in Svezia. "A Lugano erano in corso diversi cambiamenti, già nell'anno precedente alcuni pilastri come Peltonen e Nummelin avevano lasciato il club. Non ricevetti un'offerta di rinnovo durante il campionato. Mi chiamò il Färjestad, la squadra dove in sostanza sono cresciuto. I dirigenti svedese mi proposero un contratto a lunga durata, non potevo rifiutarlo e l'idea di tornare a casa mi allettava, prova né è che in sostanza ho terminato la mia carriera giocando solo lì, tranne nel 2009 dove tentai ancora il salto in Nhl a Toronto. Sono felice di questa decisione, ho conosciuto mia moglie e ho trascorso anni proficui in Svezia, ma devo dire la verità: a volte mi chiedo cosa sarebbe accaduto se fossi rimasto in Svizzera".
Con il Lugano c'è ancora qualche legame. "Continuo a seguire i risultati dei bianconeri, faccio il tifo per loro e mi fa tanto piacere rivederli nei piani alti della classifica. È il posto che compete a una società come il Lugano. Di veri contatti con vecchi compagni di squadra o dirigenti non ne ho però. Con un paio siamo amici su Facebook e se hanno il compleanno gli porgo gli auguri. È difficile mantenere i rapporti con gli ex compagni di team. Ne hai così tanti durante una carriera e spesso le strade si dividono presto".
Il 38enne, che ha appeso i pattini al chiodo 2 anni or sono, adesso fa il commentatore e l'opinionista per un'emittente televisa. "Seguiamo il campionato svedese e la Nhl. È interessante e divertente, non c'è lo stress del risultato. Posso vedere l'hockey di alto livello da un altro punto di vista". Wallin non ha voluto intraprendere una carriera da coach. "Ci avevo fatto qualche pensiero, ma volevo davvero avere un'altra visione di questo sport. E poi ho pensato alla famiglia. Dopo tanti anni di viaggi, trasferte e assenze voglio godermi il maggior tempo possibile con mia moglie e i nostri 3 figli. Essere coach significa inoltre traslocare spesso, i bambini sono ancora piccoli e per loro non sarebbe l'ideale. La nostra vita è a Karlstad".
L'ex attaccante a volte scende ancora sul ghiaccio. "Alleno per divertimento la squadra dove gioca uno dei miei figli. Hanno 6 anni, in sostanza devo semplicemente solo lanciare il disco sul ghiaccio e lasciarli giocare. I bambini devono divertirsi e basta a quell'età. L'anno scorso ho poi fatto qualche allenamento e ho disputato una partita con una squadra di seconda divisione. Li ho scoperto come si fa in fretta a perdere la velocità", conclude Wallin.