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Non escludo il ritorno (lunga vita a Elvis Presley)

Le apparizioni, il culto, il complottismo, ma soprattutto la musica, tramite di una rivoluzione culturale. Nasceva l’8 gennaio di novant'anni fa

Elvis Aaron Presley (Tupelo, 8 gennaio 1935 - Memphis, 16 agosto 1977)
(Keystone)

1.

Elvis, avrebbe 90 anni il mito del Rock’n’roll

di Paolo Biamonte

Elvis Aaron Presley avrebbe 90 anni. Oggi i bookmakers inglesi quotano a 5mila la sua ricomparsa con prove inconfutabili. Nel 2016 la quota era a 2mila, come l’elezione di Kim Kardashian a presidente degli Stati Uniti: a 5mila era data la vittoria in Premier League del Leicester. Tutti sappiamo come andò a finire: guidata da Claudio Ranieri la squadra vinse il campionato e quell’impresa, una delle più mirabolanti sorprese della storia dello sport, costò ai “bookie” una cifra che va dai 25 ai 50 milioni di sterline.

Qualcuno che continua a scommettere sul ritorno di ‘The King’ ci sarà di sicuro, come è probabile che in questa epoca di Longtermismo e complottismi sempre nuovi, ci sarà una lobby di adoratori di Elvis convinti che sia tenuto in catene in un laboratorio dove si studiano nuovi vaccini o nei sotterranei di una fondazione dove si elaborano nuove forme di coesistenza civile tra gli Stati. E se tornasse chi gli spiegherebbe cos’è l’autotune oppure il fatto che potrebbe anche non scomodarsi a tornare tanto a riprodurre la sua voce ci pensa l’intelligenza artificiale? Come reagirebbe il povero Elvis alla notizia che in questo Natale ‘White Christmas’ è diventato un duetto tra Bing Crosby e V dei BTS e che ora la musica della Corea si chiama K Pop e ha conquistato il mondo? Lui, che di certo non era un progressista, trasformerebbe Graceland in una fortezza inespugnabile come i protagonisti di ‘1941 - Allarme a Hollywood’?

Colonna sonora di una rivoluzione

Tornando alla realtà e tenendosi lontano dall’industria del ricordo che fa di Graceland, il suo villone di Memphis, uno dei monumenti più visitati degli Stati Uniti, quel che resta davvero di Elvis è il mito fondante del rock’n’roll: non l’ha inventato lui ma è lui che l’ha fatto diventare la colonna sonora di una rivoluzione epocale guidata da un nuovo soggetto sociologico, il giovane. Per dirla molto in breve, nell’industria del rock tutti gli devono qualcosa, e non soltanto, com’è ovvio, i cantanti super star. Pensiamo al contributo immenso dato alla codificazione del rock’n’roll dal leggendario trio di accompagnatori della prima ora, Scotty Moore, chitarra, Bill Black, basso e DJ Fontana batteria: sono loro che apparvero all’Ed Sullivan Show, sono loro che hanno indicato la strada alle generazioni a venire. Ma non solo: ad allargare il campo prima di Elvis non si era mai vista una simile forma di divismo così apertamente legata al potere sovversivo della musica e della sessualità esplicita.

La sua assurda vicenda di divo prigioniero del suo manager, il Colonnello Parker, di se stesso e delle sue contraddizioni fa dimenticare che Elvis è stato un cantante immenso ben al di là del suo personaggio, del suo triste declino di stella caduta a Las Vegas, della sua morte prematura a 42 anni, nel bagno di Graceland. Va anche considerato che Presley è cresciuto nel tempo accelerato della nascita del rock: nel 1955 era un dio alla testa di una rivoluzione, nel 1964, quando i Beatles apparvero all’Ed Sullivan Show, era già superato, nel 1968, l’anno del suo clamoroso ritorno, per il pubblico era un vecchio (aveva trentatré anni), quando è morto nel 1977 già c’era il Punk e lui era un dinosauro. Vaglielo a dire a Mick Jagger.


Keystone
Nel 1972

2.

Le mille vite del Pelvicaro

di Beppe Donadio

Buon compleanno Elvis, e non è l’album di Ligabue. In molti dalla sua dipartita, dal 16 agosto del 1977 in poi, hanno augurato lunga vita al Re. Altri sono convinti che il Re non sia mai morto, alimentando teorie degne del terrapiattismo più colto.

Elvis Presley fu visto vivo a Memphis già il giorno dopo la sua morte, pronto a imbarcarsi per Buenos Aires, fino a che verifiche giornalistiche non stabilirono che nel 1977 all’aeroporto di Memphis non erano acquistabili biglietti per voli internazionali. A dicembre dello stesso anno Elvis fu visto a Graceland, ma forse era l’amico Al Strada, che già gli somigliava di suo. Nel 1984 il Re apparve alle spalle di Jesse Jackson e Muhammad Alì in una fotografia poi vagliata da esperti, che rivelò come il tizio vestito ‘alla Elvis’ fosse un noto agente sportivo. Nel Michigan, una delle leggende metropolitane per eccellenza è l’avvistamento di Presley a Kalamazoo, suggestione collettiva corroborata dal fatto che l’artista ebbe un ufficio in quella città e che proprio Kalamazoo fosse sede dell’amata Gibson, ditta produttrice delle sue chitarre preferite, oltre che di uno degli ultimi suoi concerti. Si arriva così all’Elvis incontrato alla pompa di benzina di Richmond, in Virginia, e all’individuo che in ‘Mamma ho perso l’aereo!’ compare alle spalle della mamma di Kevin (Macaulay Culkin) mentre all’aeroporto di Parigi tenta di rientrare in patria. Chi fosse la comparsa non è dato sapere (il caso resta aperto...).

‘È morto per i nostri peccati’

È di apparizioni che scriviamo, dunque è bene sapere che ci sono o ci sono state chiese che celebrano o hanno celebrato il culto di Elvis. Per originalità di credo, citiamo The First Church of Jesus Christ Elvis, che sostiene che l’artista sia nato a Memphis e non a Tupelo. Il blog, purtroppo, è fermo al 2015: “Sono 38 anni che il nostro Signore e Salvatore, Elvis Presley, è salito in Paradiso. Ora siede sul santo trono e ci guarda dall’alto”, si legge nella homepage, insieme ad alcune apparizioni durante le quali il Salvatore, autocitandosi, avrebbe detto ai fedeli: “Don’t cry all the time, like you ain’t nothing but a hound dog. I am here”.

Citiamo anche The First Presleyterian Church of Elvis the Divine, chiesa che fu oggetto delle analisi di pifmagazine, portale chiuso nel 2022. Può essere interessante sapere che i presleyteriani celebrano la nascita di Elvis l’8 dicembre e sostengono che tre bluesmen fecero visita al piccolo Elvis nel giorno della sua nascita, offrendogli regali: Furry Lewis, che gli diede “un litro di vino scadente”, John Lee Hooker, che gli fece dono di “pillole di vari colori”, e Robert Johnson, che prima di vendere l’anima al diavolo offrì al bambinello “una lattina di strutto”.


Keystone
Graceland

Le quattro teorie

‘Elvis è vivo!’. Così, confutandone l’assunto, Massimo Polidoro – giornalista, scrittore e divulgatore scientifico, cofondatore del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze (Cicap) – ha intitolato il libro del 2006 nel quale si impegna in una ‘Indagine sulle strane morti dei divi’ (sottotitolo), da Bruce Lee a Tenco, da Marilyn a Lennon, da Pasolini a Cobain. Più di recente, tramite YouTube, Polidoro ha riassunto le quattro ipotesi legate alla morte di Presley. La prima è l’omicidio per mano di David Stanley, figlio della compagna del padre di Elvis, o per mano dello stesso Colonnello Parker, presunto sicario olandese al soldo dell’Fbi chiamato a fermare il fin troppo rivoluzionario cantante. La seconda tesi è quella del suicidio e troverebbe conferma nel libro ‘Elvis. The Last 24 Hours’ di Albert Goldman, secondo cui il cantante si sarebbe tolto la vita perché caduto in depressione dopo l’uscita di ‘Elvis: What Happened?’, memoir generoso di informazioni sulla sua vita privata scritto da Sonny West, amico e guardia del corpo della star.

Quanto all’attendibilità di Goldman, la biografia ‘Elvis’, uscita nel 1981, si dice viziata da un’antipatia personale verso l’artista da parte dello scrittore, citato più volte in giudizio da membri dell’entourage di Elvis senza successo per errori fattuali ed elementi di fantasia contenuti in quel testo, che non hanno mai smesso di diffondersi in libri e articoli riguardanti Presley. Dello stesso Goldman esistono peraltro altre biografie poco lusinghiere, come quelle di Bruce Lee e John Lennon, entrambe uscite quando i diretti interessati erano già impossibilitati a replicare.

La terza teoria riguarda l’overdose di farmaci, cui non si sarebbe accompagnata quell’embolia polmonare che di norma viene rilevata in casi di questo tipo. La quarta è l’infarto, la tesi più contemplabile, evidenziata dall’analisi autoptica e ulteriormente confermata nel 1994 dal dottor Joseph Davis, medico legale ed ex presidente dei patologi americani: Elvis sarebbe morto di infarto improvviso e violento confermato dalla posizione del corpo, a faccia in giù sul tappeto del bagno, diversamente dai morti per overdose il cui cadavere viene ritrovato più composto, vista la lentezza di quella tipologia di decesso. Al momento della sua morte, Elvis Presley era un uomo di 160 chili con la pressione e il colesterolo alle stelle: complici anche l’abuso di farmaci e le pessime abitudini alimentari, sarebbe morto con i pantaloni calati, colto da attacco cardiaco fatale mentre era seduto sul water, una fine molto poco iconica per un Re.


Keystone
Nel 1970, con Richard Nixon

‘Li immortacci’

Il complottismo è anche l’occasione per celebrare una delle visioni degli Elio e le Storie Tese, che nel lontano 2005, nel piccolo capolavoro in romanesco ‘Li immortacci’, con l’aiuto di Giorgia ed Edoardo Vianello cantavano che “li cantanti morti nun so’ morti veramente” ma “so’ nascosti a Roma a fa’ la bella vita”. Merito di una ditta che li avrebbe messi sotto contratto per fargli vendere più dischi. E dunque al quartiere Tuscolano vivrebbe “er Chitara”, anche detto “er Vuducialdaro” (Jimi Hendrix) e a Murotorto “er Rastamanno” (Bob Marley). A Primaporta “er Lucertolaro” (Jim Morrison), il “Quattrocchi immagginaro” (John Lennon), “er Vedraro” (Luigi Tenco, da ‘Vedrai vedrai’), “er Tromba” (Miles Davis, o forse Louis Armstrong), “l’Impiccato” (Ian Curtis dei Joy Division) ed “er Fucilense” (Kurt Cobain), che andrebbero spesso a trovare “er Piscina” (Brian Jones degli Stones, morto annegato).

Elvis invece lavorerebbe a Centocelle e lo chiamerebbero “er Pelvicaro”, da “Elvis the pelvis”, soprannome nato dai movimenti pelvici che turbavano i sonni dei papà e delle mamme delle adolescenti degli anni Cinquanta e Sessanta. Con riferimento agli oggi defunti Lisa Marie Presley e Michael Jackson, uniti in matrimonio per poco più di due anni, nella canzone degli Elii er Pelvicaro “c’ha na fija che j’attizza er Trilleraro che si chiama Micheletto ma er negretto nun vòffà”.

‘Li immortacci’ ha un corrispettivo (forse voluto, forse no) in ‘E hanno una band dell’altro mondo’, uno dei racconti di ‘Incubi e deliri’ (1993), antologia di Stephen King con al suo interno il ‘best’ della produzione breve del re del brivido. È la storia di una coppia che si perde e finisce nel paese chiamato ‘Paradiso del Rock N’ Roll’. I due entrano in un ristorante popolato da facce note, ma morte: la cameriera è Janis Joplin, il cuoco è Ricky Nelson. In giro per il paese incontrano pure Jim Morrison, Buddy Holly e Roy Orbison, tutti passati a miglior vita. È il sindaco della cittadina, Elvis Presley in persona, a fermare la fuga dei due malcapitati a un posto di blocco, informandoli che dovranno unirsi agli altri vivi che sono finiti per sbaglio in quella località, per presenziare a tutti i concerti delle rockstar, obbligatoriamente e per l’eternità.


Keystone
Memphis, 18 agosto 1977, il corteo funebre

Disgraziati romantici ribelli

Come alla fine dei documentari di Netflix, un annuncio: avete prove che Elvis viva in Ticino come Mina? Scriveteci. Non valgono le foto con Nino Zucca ‘The Swiss Elvis’, che esiste per davvero e stasera alle 20 sarà tra i protagonisti di ‘Hound Dog - Disgraziati romantici ribelli’ (anche in live streaming), serata di musica e parole all’Auditorio Stelio Molo di Lugano-Besso con Bobby Solo, The Hus-Band, il critico musicale Ezio Guaitamacchi e Gian Luca Verga, tutti viventi (prenotazione su www.rsi.ch).