Negli anni 80, Madonna inaugura una genealogia di artiste che interpretano lo spirito trasgressivo dei nostri tempi: almeno fino a Taylor Swift
Nel mondo di oggi, più o meno abituato a tutto, forse anche alla trasgressione, come un chewing gum masticato troppo a lungo, ha perso il suo sapore originario serbando, nel migliore dei casi, una parvenza di retrogusto, un rimando residuo alla freschezza delle origini. Nel mondo dell’arte, che vive di innovazione, la questione è particolarmente sentita. All’inizio del ventesimo secolo, nelle avanguardie storiche, la trasgressione si palesava con un gesto, un’azione, un approccio che provocavano reazioni indignate. I futuristi volevano rompere con la tradizione, caldeggiavano un’arte svincolata dalle catene del passato, libera di esprimersi in sintonia con il progresso della modernità. In quegli anni, i primi ready-made di Marcel Duchamp trasgrediscono il confine fra luoghi prosaici e istituzioni museali, fra uso pratico e contemplazione artistica. Sulla scia delle azioni dadaiste, i surrealisti mandano in crisi la stabilità e la coerenza dei codici estetici dell’epoca, proponendo abbinamenti arditi e associazioni eterogenee al servizio di un’estetica dell’onirico.
Oggi come ieri, a colpi di innovazione ogni avanguardia sposta più in là, ridisegnandolo, il confine fra ciò che vale come arte e ciò che affonda nelle sabbie mobili della banalità. È ciò che sostiene la storica dell’arte francese Nathalie Heinich in un libro pubblicato nel 1998 dal titolo Le triple jeu de l’art contemporain, ovvero il triplo gioco dell’arte contemporanea. Secondo la Heinich l’arte contemporanea, come quella moderna, vive di periodiche trasgressioni, che ridefiniscono il confine fra ciò che viene definito come arte d’avanguardia e ciò che, perdendo la sua aura di novità, finisce per diventare mainstream. Poco importa se gli artisti trasgressivi non sono più quelli di un tempo: quelli di oggi si chiamano Damien Hirst, Maurizio Cattelan, Marina Abramović e Tracey Emin, tanto per citarne alcuni. E quel che conta è che il triplo gioco ruota, sempre, attorno all’esperienza della trasgressione. Il primo momento coincide con il manifestarsi di una trasgressione che fa notizia, provoca reazioni decise, scandalizza i benpensanti. In quanto a novità, diffonde uno stimolo ardito, ridefinisce un nuovo orizzonte artistico: questo è il secondo momento. Il terzo momento, già insito nel secondo, coincide con il progressivo raffreddarsi della carica dirompente della trasgressione che viene addomesticata, assurgendo a esempio riconosciuto del gusto estetico. Il manifestarsi di una nuova norma estetica rende quindi necessaria una nuova trasgressione: è il terzo momento, che rilancia e rinnova il gioco.
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Lady Gaga
Le logiche che regolano il funzionamento dell’arte contemporanea si ritrovano in un certo numero di ambiti affini, come quello della musica pop, dove il triplice gioco della Heinich permette, per esempio, di ripercorrere la storia delle popstar americane da Madonna fino a Taylor Swift, figura più recente di una genealogia di artiste che hanno lasciato il segno.
La musica pop è un’arte performativa dove la trasgressione riguarda due ambiti: quello legato allo stile musicale, alla creatività e all’inventiva che l’artista mette in campo nelle sue canzoni, e quello della creazione, della costruzione e della gestione dell’immagine. Parlando di musica pop, occorre tenere presente che, a partire da Madonna – per la quale la trasgressione è già insita nella scelta del nome d’arte – le artiste pop affermano la loro carica trasgressiva attraverso uno specifico uso del corpo. Da Madonna a Britney Spears, la trasgressione è chiaramente ancorata all’uso del corpo in un contesto di erotismo teatralizzato, e di una provocazione sensuale i cui codici sono relativamente convenzionali. I gesti inaugurati da Madonna sono quelli dello striptease, dei balli provocanti, delle pose esplicite, della nudità mostrata e celata: gesti che si affinano nel tempo fino a raggiungere gli esiti estremamente stilizzati del conturbante video di Erotica (1992) e che culminano nel famoso bacio saffico con Britney Spears in diretta TV, ultimo anello di una catena di trasgressioni che stabilisce una continuità simbolica, un passaggio di consegne, fra le due artiste.
Dopo Madonna, l’artista che meglio interpreta lo spirito trasgressivo della musica pop dominandone la scena per alcuni anni è sicuramente Britney Spears. All’inizio della sua carriera, sulla scia dell’esperienza maturata nel Disney Club la Spears si profila come brava ragazza e adolescente innocente, ma ben presto emergono, in video come I am Slave 4 you (2001) lati più conturbanti, e l’artista si mostra sempre più a suo agio nelle vesti della diva sexy, tanto de inscenare una sorta di duello a distanza con la sua amica-rivale Christina Aguilera, che con il video Dirrty (2002) e il suo corollario di balli provocanti surriscalda ulteriormente l’atmosfera della pop di quegli anni. Dopo la Spears, nel volgere di qualche anno emergono una serie di artiste che si trovano, inizialmente, a condividerne il dominio della scena pop: stiamo parlando di Beyoncé, Rihanna, Lady Gaga, Katy Perry, figure che incarnano la nuova estetica pop e i nuovi volti della trasgressione.
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Correva l’anno 2003
Se, da Madonna a Britney Spears, la trasgressione coinvolge soprattutto l’erotismo del corpo e una provocazione che rimanda al piacere e alla sessualità, con la nuova generazione di artiste l’esperienza della trasgressione si differenzia: talvolta spostandosi su terreni ancora inesplorati, talvolta procedendo a un ampliamento e a una ridefinizione. Due sono gli esempi che possiamo ricordare: da un lato Rihanna che, con il video musicale Disturbia (2008) si spinge nelle zone torbide dell’esistenza, creando un’estetica oscura e maledetta che gioca sulle tinte dark ed esplora il tema dell’instabilità mentale, inaugurando un nuovo filone trasgressivo che mette al centro non tanto i limiti del corpo, quando la volubilità della psiche. L’estetica del torbido inaugurata da Rihanna servirà da modello a una lunga serie di video musicali che rappresentano una popstar in preda a emozioni travolgenti e distruttive i cui casi più recenti sono, fra gli altri, i video Good 4 u (2021) e Obsessed (2024) di Olivia Rodrigo. D’altro canto Lady Gaga, con i suoi travestimenti e la sua costante ricerca di innovazione dell’immagine, si profila da subito come qualcosa di più di una popstar: amplia il suo raggio d’azione assumendo le vesti di un’artista di performance art a tutto tondo facendo entrare, di fatto, la musica pop nell’orbita dell’arte contemporanea. L’interesse di Lady Gaga per le arti performative si manifesta, inoltre, nella sua volontà di incarnare ruoli cinematografici importanti in film quali A star is born (2018), House of Gucci (2021) e Joker-Folie à deux (2024), operazione che le permette di rendere ancora più camaleontico il suo personaggio.
Con la recente affermazione di Taylor Swift quale nuova regina del pop, sembra venire meno, almeno parzialmente, il principio della trasgressione, che caratterizza la genealogia della popstar americana a partire da Madonna e che, ancora recentemente, è chiaramente affermato dall’incursione di Beyoncé nei territori della musica country con l’album Cowboy Carter (2024). Se riesce difficile, oggi, concepire Taylor Swift come un’artista trasgressiva come lo sono state, a modo loro, Madonna, Britney, Rihanna, Beyoncé, Lady Gaga, Kathy Perry e Miley Cirus, forse ciò vuol dire che nel frattempo è cambiata anche la società in cui viviamo, e con essa l’immagine della popstar. Dove andrebbe cercata quindi l’anima trasgressiva della Swift? Nel suo passaggio dalla country music – genere tendenzialmente conservatore e storicamente legato alla popolazione bianca – alla musica pop? Difficile vederci una trasgressione; a maggior ragione a fronte del percorso inverso, e autenticamente trasgressivo, affrontato dalla collega Beyoncé. Nella sua lunga lista di fidanzatini liquidati in qualche mese e fatti rispuntare nei testi delle canzoni per essere ridicolizzati? Probabilmente no, i rotocalchi già da anni ci hanno abituato alle bizze sentimentali delle star. Quello che impressiona, semmai, sono le cifre da capogiro che circondando i concerti della Swift, i record di ascolti, il numero di premi riscossi in una sola edizione dei Grammy Awards. E non è tutto. E che dire dell’insolita ma riuscitissima operazione di ri-registrazione dei propri album, che sta ispirando giovani cantanti a chiedere alle case discografiche i diritti della propria musica?
Indubbiamente gli argomenti per riconoscere a Taylor Swift una dimensione trasgressiva ci sono, ma l’impressione è che, dietro a tutto ciò, ci sia dell’altro. Insomma: il modello non è più tanto quello incarnato da Madonna e diversificato delle sue succeditrici, quanto quello dell’imprenditrice Barbie, nata negli anni 50 e riportata in auge dal film di Greta Gerwig. È vero, La Swift non è bionda, ma del resto la Barbie storica ci ha messo poco ad applicare, nel segno dell’inclusività, soluzioni policromatiche alla sua chioma. Ma per il resto, il profilo corrisponde in modo sorprendente. Come chiosava Sandra Petrignani nel suo Il catalogo dei giocattoli (1988) riferendosi alla versione storica della bambola: “Barbie era bella, ricca, indipendente. Possedeva oggetti, vestiti, e almeno un uomo, il fidanzato Ken. E una serie di amici. Faceva sicuramente una professione moderna: l’indossatrice, la giornalista o l’attrice cinematografica” e, potremmo aggiungere noi, la cantante. E poi: “Il suo guardaroba rivelava viaggi, responsabilità, serate eleganti”. Non è difficile, a questo punto, aggiungere al guardaroba l’iconico costumino dai mille lustrini che Taylor ama così tanto indossare sul palco.
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Beyoncé