La Moldava, che il 26 settembre apre la stagione al Lac, è anche l’immagine di un'orchestra in movimento. Parla il suo direttore artistico, Barbara Widmer
C’è un tratto della vita di Bedřich Smetana, noto come il ‘padre della musica ceca’, che lo avvicina a Beethoven. Nel novembre del 1874, poco prima di accingersi a lavorare al popolare poema sinfonico noto come Moldava (Vltava), un sibilo improvviso e incessante lo rende praticamente sordo dall’orecchio destro; un mese dopo, il medesimo sintomo colpisce l’orecchio sinistro. “Se questa malattia è incurabile, è meglio che io muoia”, dichiarerà un anno più tardi. Smetana continuerà a comporre almeno sino al 1882, ma il malanno, si dice, lo condurrà alla pazzia.
La Moldava, fiume che nasce nei boschi della Selva Boema, bagna Praga e poi sfocia nell’Elba, è celebrata dal compositore all’interno di ‘Má vlast’ (La mia patria), ciclo di sei poemi sinfonici concepiti come brani autonomi. La Moldava è a sua volta presentata, di norma, come una singola opera in sei movimenti. Con il direttore principale ospite Krzysztof Urbánski sul podio, l’Orchestra della Svizzera italiana (Osi) la eseguirà domani alle 20.30 nella propria casa, il Lac, per l’apertura di stagione. Nella prima parte, dal repertorio musicale della sua patria, Urbánski dirigerà la Piccola Suite di Witold Lutosławski insieme al violoncellista franco-tedesco Nicolas Altstaedt. Dalla Polonia si torna in Cechia per il Primo concerto per violoncello e orchestra di Bohuslav Martinů. Poi, come detto, Smetana.
Direttore artistico di un’orchestra che nel 2025 festeggerà i novant’anni di vita, Barbara Widmer traccia un bilancio della sua direzione ed esprime un auspicio per la stagione che prende il via. Anche più d’uno, incluso quello che riguarda il dopo Markus Poschner, direttore principale che a giugno, al termine della nuova stagione chiamata ‘Osi a Pentecoste’, lascerà la direzione dell’Osi. A questo proposito…
Barbara Widmer: ‘quella’ domanda la preferisce subito o alla fine dell’intervista?
Facciamola subito…
Chi arriverà dopo Markus Poschner?
Il suo successore non è ancora stato nominato e tantomeno deciso, evidentemente è un processo di ricerca lungo e delicato che abbiamo iniziato, ci sono nomi, ipotesi, pensieri, ma nulla ancora di concreto e nulla ancor meno da ufficializzare.
Visto che di nomi non ne avremo, che ne dice di un indizio? Una figura, una tipologia precisa...
La tipologia, per quanto mi riguarda, è quella del bravo direttore d’orchestra, che abbia una visione da noi condivisa; per il resto non mi pongo limiti o criteri particolari.
Vuole consegnarci un bilancio della sua direzione artistica, ‘piena’ dal giugno dello scorso anno dopo il periodo ad interim?
Il mio bilancio personale è molto positivo. Ci sono state molte iniziative nuove e di successo. Tante sfide ci aspettano, ma questo primo anno mi ha dato la forza e la voglia di affrontare quel che accadrà.
Torna anche quest’anno il be connected, iniziativa che per l’Osi pare importante. A che punto siamo con l’avvicinamento dell’orchestra al pubblico?
Il be connected contiene iniziative realizzate in questi anni, dal 2022, sotto questo cappello, per avvicinare il pubblico e apprezzate proprio per questo. Credo che il fine fosse quanto mai giusto: qualcuno si è avvicinato a noi, magari alla sua maniera. Non posso dire ora se siamo riusciti a integrare un nuovo pubblico, so per certo che, ad esempio, anche la nuova iniziativa degli abbonamenti under 26 a un prezzo veramente simbolico sta riscontrando un successo inaspettato, forse anche grazie al formato be connected che si è inaugurato qualche anno fa. Sarà solamente il tempo a dirci se questi tentativi avranno portato a qualcosa di concreto.
Dal punto di vista della direzione artistica, qual è il suo disegno?
Il mio intento è una profilazione specifica, un’azione che va a braccetto con la scelta del direttore principale. Siamo un’orchestra di 41 elementi stabili, l’organico ideale di un’orchestra cameristica-sinfonica; il repertorio che ci compete tende a quel tardo Classicismo e primo Romanticismo, epoche sulle quali mi piacerebbe approfondire ulteriormente il discorso. Creare una propria identità, rafforzare il lavoro fatto soprattutto negli ultimi anni e profilarci con un progetto forte: ecco, potrei definire così la mia visione musicale e artistica per i prossimi anni.
Entrando nel merito della stagione, e in quello del concerto di apertura: come è da intendersi La Moldava?
L’apertura di stagione è sempre un momento speciale. L’opera di Smetana è stata scelta in collaborazione con il direttore ospite principale e rappresenta più che mai al Lac questo fiume che scorre, che è in fondo il simbolo del nostro lavoro come orchestra, un lavoro sempre in movimento. Un po’ per caso, perché non sono un’appassionata di anniversari, capita che in questo 2024 cada il 200esimo del suo autore, ma è successo così, non è questo il motivo della scelta del ciclo ‘La mia patria’, che comprende La Moldava. Certamente, è il brano che può dare il giusto segnale d’inizio. La notorietà di questa seconda parte ci consente di proporre qualcosa di più ricercato nella prima, come il Primo concerto per violoncello di Martinů, lui stesso tra l’altro di origine ceche.
Il fiume che scorre è un assist per chiederle dell’Osi in tournée, che ha toccato, con risultati di tutto rispetto, alcune delle sale più importanti d’Europa e ancora lo farà…
Durante la tournée dello scorso aprile in Germania abbiamo fatto registrare il sold out pressoché ovunque. La recensione del nostro ultimo cd da parte del New York Times, come immaginerà, è fonte di grande soddisfazione. In ottobre saremo alla Grosses Festspielhaus di Salisburgo, poi a Linz, Lubiana, Zagabria, ritorniamo a Monaco, dove siamo stati invitati nuovamente, e così al KKL di Lucerna. Per non parlare dei due concerti tenuti gli anni scorsi al Musikverein di Vienna. Questi inviti testimoniano il fatto che il nome dell’Osi è ben presente nel panorama almeno europeo.
Ed essere richiamati è, in un certo senso, una certificazione…
L’essere richiamati in una stagione musicale vuol dire che il nostro lavoro è stato apprezzato, io spero e credo che il nome dell’Orchestra della Svizzera italiana stia prendendo piede come deve. Ripeto spesso che uno dei miei scopi è quello di far conoscere questa realtà al di fuori della Svizzera, dico sempre che dobbiamo essere orgogliosi di quello che siamo, a maggior ragione partendo da una regione piccola come quella della Svizzera italiana. Ne siamo importanti ambasciatori culturali nel mondo.
Per concludere: da qui alla fine dell’anno il suo auspicio è…
…che il pubblico ci resti sempre così vicino, che si possa comprendere appieno l’importanza di avere un’orchestra del livello dell’Osi nella propria regione e che si possa sempre valorizzare, nel futuro, questo patrimonio culturale e storico così importante.