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‘Sulla mappa’ del rap ticinese

Trent’anni di storia nel primo documentario digital first prodotto dalla Rsi: siamo stati all’anteprima. Parlano Pablo Creti, ‘la mente’, e gli artisti

Ele A con Disse
21 settembre 2024
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Alle porte del cinema Lux l’emozione è molta. Ci si saluta in gruppetti, legami che non sono scomparsi nel tempo. La sala si riempie. Matteo Pelli e poi Pablo Creti per la Rsi, con gli onori di casa da parte di Michelangelo Cavadini hanno lanciato a dovere il tutto. Durante la proiezione scoppiano gli applausi ai messaggi più pregni, vere e proprie ovazioni.

Represent, meritare il rispetto portando il Ticino sulla mappa. Il passato e la scena odierna, Mattak ed Ele A come ponti. Ogni città con le sue caratteristiche e la sua realtà. Attori e prime-movers che seppero dare il là a un intero movimento: da Bellinzona Jay-K al World Championship. Dai Momo Posse ai Metro Stars, Maxi B e Michel e i nomi grossi coi quali registrare. One Take, nata dal Covid per allargarsi fino a diventare media influente nella scena. Tutto parte a fine ’80, la radio, conoscenti che viaggiano oltreoceano. Stralci di un documentario del 1994, i live nel tunnel della Morettina per l’inaugurazione della galleria. Ma non c’è solo entusiasmo: provincialità e noia sono molle per portare uno spirito critico e uscire da un tran tran di scuola casa lavoro che riesca ad abbattere i muri. Pezzi mitici come ‘Lugano RMX’ dei Metro Stars, bizzarrie come i canapai e relativo relax euforico, realtà che combattono gli stereotipi elvetici, luoghi come fucine di immigrazione, incrocio e creatività, le jam e i concerti.

Domani che succederà? Il presente è roseo, qualche nome per il futuro è lanciato nel filmato e dal vivo sia Jay-K, che Mardoch e i più giovani con Poche Spanne e tutti gli Special Guest si sono fatti valere in uno Studio Foce che ha risposto alla grande.

L’ideatore

Pablo Creti è la mente del progetto. Siamo andati a interrogarci sul come si sia arrivati a questa realizzazione.

Come siete arrivati a ideare ‘Sulla mappa’?

Nel corso della mia carriera attuale, con Spam e Cult+ il rap è sempre stato presente. Parlando con Lorenzo Buccella del Team Idee è uscita l’ipotesi di un lavoro per una produzione su Play. I colleghi di Srf avevano fatto un’operazione simile con i trent’anni del rap in svizzero tedesco e, preso l’incarico come Young Unit, sono stato poi accompagnato da Nick Rusconi in regia, Chiara Fanetti e Luca Bassi in redazione e da Andrea Sala per la produzione.

Dov’eri e come fruivi questo mondo 30 anni fa?

Non ne ho mai fruito, appartenevo ad altre sottoculture più legate al punk e al metal. Questo ha fatto sì che fosse una sorpresa per me. Il rap per me è quello moderno di Mattak anche se l’eco dei nomi grossi mi è arrivata. Gli artisti ticinesi inclusi sono stati tutti delle grandi scoperte, un puzzle molto interessante.

Che idea ti sei fatto di queste generazioni?

Mi ha convinto la loro passione, il provarci in un territorio non semplice come il nostro, da italofoni in Svizzera, quasi corpi estranei con una determinazione encomiabile nel mettersi su questa mappa. Persone con lo stesso approccio a una materia che fa parte di una cultura ampia e reale. Da subito mi sono accorto di una costante: la scomodità che è sempre e comunque al di là di quanto si scriva, una realtà piccola e comoda come la nostra che però non si sposa con le aspirazioni di chi si sente stretto.

Questo documentario è un punto di partenza?

Lo speriamo, la mappa creata indica anche altri percorsi e continuerà. Da parte nostra, con un prodotto culturale abbiamo provato a ricostruire una storia che sembra incredibile.

Gli artisti

Avreste mai pensato che quanto fatto trent’anni fa sarebbe stato oggetto di un documentario? Com’era il rap all’inizio? Vi sentite ‘sulla mappa’?

Bass: Ai tempi era tutto diverso, dovevi chiedere ai contatti che viaggiavano per recuperare le prime cassette.

Mafio: Senza internet e con negozi di dischi sui generis ci si trovava a registrare i pezzi dalla radio. Le parole rap e hip-hop erano inesistenti, dovevi spiegare che era musica americana cantata da afroamericani, una ricerca difficile. Poi Jovanotti ed MTV Rap resero tutto più accessibile. Il rap, l’hip-hop sono le mie ossa, la mia struttura, parte della mia educazione. Cultura, conoscenza e agilità, un mix di ingredienti che ti insegnano molte cose.

Mardoch: Sicuramente è un piacere, anche perché ormai la storia del rap in Ticino è molto lunga e farne parte è motivo sicuramente di orgoglio.

Michel: Dopo qualche anno ti accorgi di aver lasciato segni nella gente e siamo qua. Girammo tutta la Svizzera grazie alla Emi, mentre con la prima compilation chiamai molti italiani, amici e rapper che stimavo, riuscendo a far uscire dal Ticino i miei dischi e creandoci un pubblico in Italia coi Metro Stars.

Nico: Iniziammo a suonare nel Centro Giovani con una consolle, molto legati a quanto c’era stato prima. Gruppi che forse pochi ricordano ma che erano realtà forti allora. 69, Punto di Riferimento, Stato Mentale, concerti misti dove, da un microfono aperto a fine live, iniziai a rappare. Fermento nella scena, Momo Posse col disco EMI, la Notte Rap del 1994, le combo rap-rock con i Versivari.

Francis: È quasi impossibile concentrare i pionieri, gli input che sono arrivati a chi non conosceva la cultura, le persone anche di diverse etnie arrivate da terra straniera e da tutto il mondo, una cosa impressionante. Come diceva Matteo Pelli, sembra di essere in ‘Ritorno al Futuro’, di nuovo tutti assieme dopo anni, oggi come allora!

Tutto è cambiato, oggi il rap è ovunque...

Al: Ai tempi sarebbe stato impossibile qui, ma credo sia nell’ordine delle cose trasformarsi arrivando a un pubblico più ampio di quello che il rap aveva inizialmente. Negli States i RUN-DMC suonavano con gli Aerosmith mentre qui i Sottotono, andando a Sanremo, si tirarono addosso gli strali di molti.

Bass: Oggi trovo meno del suono che piaceva a me, pur essendo roba molto valida, molte cose si assomigliano l’un l’altra. Il seguito del pubblico generalista è un seguito pop, dimentica il resto della cultura hip-hop, che al contrario per noi era molto importante.

Ora il rap sembra avere veramente senso di esistere qui in Ticino. È così?

Mardoch: Anche se i riferimenti di norma sono gli americani, in Europa sono molte le scene solide. Facendo musica in Ticino, il riferimento locale è ovvio e vedere quanto successo negli anni passati con la tecnologia di allora è importante, visti i collegamenti e i temi che passano fra le generazioni di rapper.

Francis: Si è lasciata una traccia: un moto perpetuo che una volta avviato recluta nuove leve spontaneamente, e crescendo l’amore e la passione per l’hip-hop rimangono. Soddisfazione, divertimento e sacrificio, trasmettere qualcosa con un’intenzione, seguendo i cambiamenti e gli input positivi con una serietà divertita. Il Ticino a volte sembra un po’ timido e ci vorrebbe una spinta un po’ più forte, ma stasera di sicuro si è dato un bello slancio!

‘Sulla Mappa - 30 anni di rap in Ticino’ è il primo documentario digital first Rsi, visibile solo su Play Rsi.

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