La poesia stupisce, ogni volta che la leggiamo. Ci dice che niente di ciò che accade è banale. Rivela un ignoto che finora era rimasto nascosto
Perché pubblicare poesie sui giornali? Per dare nuova linfa all’anima, che rischia la disidratazione.
La civiltà dell’informazione, con il frenetico susseguirsi di notizie, non favorisce il piacere della riflessione, della lettura di testi che possano nutrire il nostro nocciolo interiore, come direbbe James Hillman. L’arte in generale, e la poesia in particolare, può guarirci dall’assenza di senso della vita in cui è facile cadere, in tempi di disinganno. I grandi ideali sono falliti, le ideologie mostrano la corda, il consumismo ci consuma, la cronaca ci affligge terribilmente ogni giorno, nelle scuole medie e superiori ormai prevale l’insegnamento tecnologico-utilitaristico rispetto a quello umanistico. Occorre reagire alla tentazione di lasciarsi andare all’attacco del qualunquismo. Ognuno può scegliere la propria strada, per resistere: io scelgo la poesia, perché la parola è ciò che ci rende umani. È la parola che dà consistenza – e durata – al mondo. E oggi è necessario più che mai un linguaggio intessuto di verità profonde.
Ma la parola poetica ha spesso una cattiva reputazione: è ritenuta elitaria, difficile, artificiosa. Invece dovrebbe rivolgersi in modo naturale a tutti, donne e uomini. “Il vero poeta”, dice Tzvetan Todorov, “è all’ascolto del mondo, non degli esperti di letteratura”. Ed è necessario ricordare che i poeti sono pressoché scomparsi dall’orizzonte dei lettori: il primato assoluto delle preferenze spetta alla narrativa, che spesso si riduce a intrattenimento. È per questo che diamo il via a una rubrica, nella quale ci proponiamo di offrire al lettore una poesia sulla pagina degli annunci funebri, quando fanno difetto i defunti: così la morte lascia il posto alla vita. L’intento è quello di rendere omaggio a poeti del passato che vivono per sempre, anche se all’anagrafe risultano morti: i soli che prenderemo in considerazione.
La poesia stupisce, ogni volta che la leggiamo. Ci dice che niente di ciò che accade è banale. Rivela un ignoto che non ci è estraneo ma che finora era rimasto nascosto. E talvolta ci dà una scossa, ci scuote per farci pensare. La poesia, se non è noiosa, combatte la noia, fa sorridere, diverte, cioè distoglie dalle consuetudini: essa sorprende, commuove, sovverte i valori. Immagina uomini che volano e uccelli che parlano, donne di cui ci si innamora subito, pensieri sovrumani e un futuro pieno di speranze. Inventa conchiglie in cui risuona la musica del mondo. È riserva di energia, vitamina dello spirito, conforto. Combatte l’indifferenza verso sé stessi e verso gli altri. È una diga contro la barbarie, secondo Danilo Kis. Se però ci fa vedere lucciole per lanterne, non va bene: perché la poesia deve sempre avere i piedi affondati nella realtà.
Noi, a differenza di certi politici, non erigiamo muri: i testi proposti all’attenzione del lettore verranno da più paesi e non saranno ingabbiati nel presente. La parola, passata nell’alambicco del linguaggio poetico, si rigenera. E può rinfrescare lingua, pensieri, coscienza. Fra i testi ve ne saranno anche di tradotti da lingue straniere; benché tradurre poesia sia un’impresa disperata, perché comporta la perdita della musica originale.
Mi auguro che i fiori proposti, colti nel vastissimo giardino della letteratura internazionale, possano produrre l’effetto di profumarci la vita e di lasciare nell’animo del lettore un sentimento nobile che “per mezz’ora”, come dice Giacomo Leopardi, “gl’impedisca di ammettere un pensier vile, e di fare un’azione indegna”.