Restauro immobile. Sirica: approfondimenti. Caprara: evidenti criticità. Dadò: aiuto inopportuno. Bignasca: hanno i mezzi. Durisch: contributo da ridurre
Il dossier – ovvero la richiesta governativa al Gran Consiglio di stanziare un sussidio di 1,5 milioni di franchi (1’530’000) per il “restauro globale” dello stabile amministrativo, a Locarno, dell’Ofima, le Officine idroelettriche della Maggia, “bene culturale d’interesse cantonale”, come si ricorda nel messaggio del Consiglio di Stato – sta già facendo discutere fuori e dentro il Palazzo della politica. Comprensibile quindi la prudenza del relatore designato dalla commissione parlamentare della Gestione che sul tema ha sentito ieri il responsabile dell’Ufficio dei beni culturali (Dipartimento del territorio) Endrio Ruggiero. «Siamo ancora per così dire ai preliminari – afferma il socialista Fabrizio Sirica –. Abbiamo comunque avviato degli approfondimenti giuridici legati alla Legge sulla protezione dei beni culturali. E questo per capire se, ad esempio, il Cantone possa o debba intervenire ogni volta che viene chiesto un sussidio per il restauro di un bene culturale protetto. Personalmente sono dell’idea che questa legge e il sostegno ai beni culturali siano fondamentali, ma proprio per sussidiare chi ne ha davvero bisogno, non si può prescindere dall’analisi della forza finanziaria dei proprietari». E a proposito di proprietari, gli azionisti dell’Ofima sono Axpo (30%), Alpiq (12,5%), Iwb (12,5%), Bkw (10%), Città di Zurigo (10%) ed Ewb (5%). Azionisti economicamente piuttosto solidi, ai quali si aggiunge, il Canton Ticino (20 per cento).
Nel frattempo i lavori di restauro del palazzo amministrativo delle Officine idroelettriche della Maggia sono praticamente terminati. Il messaggio del governo riguardante la concessione del contributo è datato 6 dicembre 2023. “La spesa complessiva relativa agli interventi previsti dal progetto, sulla base del preventivo aggiornato al 28 maggio 2019, ammonta a 14’511’761 franchi – riferisce il messaggio –. Tenuto conto dell’importanza del bene tutelato e della necessità urgente di intervenire per evitare perdite di sostanza originale e per garantire la fruizione futura, si propone un sussidio cantonale di 1’530’000 franchi, corrispondente al 30% circa dell’importo sussidiabile di 5’124’195 franchi”. «Vorrei anche capire, qualora ci fosse un vincolo giuridico, se l’ammontare del sussidio si giustifichi», riprende Sirica.
In merito agli approfondimenti normativi cui ha accennato il relatore, la Legge cantonale sulla protezione dei beni culturali stabilisce all’articolo 8 che, primo capoverso: “Il Cantone partecipa ai costi di manutenzione regolare, di conservazione e di restauro dei beni culturali protetti di interesse cantonale, previo esame del progetto di intervento e quando i lavori non possano essere finanziati con altri mezzi”. Secondo capoverso: “Il Comune è tenuto a partecipare alle spese in misura proporzionata alle sue capacità finanziarie, salvo che non vi provvedano altri enti locali”. Terzo capoverso: “Il Cantone partecipa alle spese di conservazione di beni culturali protetti di interesse locale in casi eccezionali; segnatamente se, nonostante gli sforzi del proprietario e della collettività locale, l’aiuto cantonale fosse indispensabile a salvaguardare l’opera”. Il capoverso oggetto dell’analisi commissionale è il primo. In base all’articolo 9 della citata legge, il contributo, e meglio l’importo, “è determinato in funzione della natura dei lavori” e considerando una serie di elementi: fra questi “la situazione economica del proprietario”. «Siamo ancora all’entrata in materia. Detto ciò, si tratta di un contributo che presenta delle evidenti importanti criticità e quindi faremo gli approfondimenti necessari», taglia corto il liberale radicale Bixio Caprara.
Lapidaria la posizione del deputato e presidente del Centro Fiorenzo Dadò: «Il sussidio è inopportuno e ci meraviglia che sia stato chiesto. Non va bene che si vada a dare soldi a una società che da oltre 70 anni guadagna sulla più grande ricchezza del nostro cantone, quella idrica». Per Dadò «è una questione di principio. Ci sono stati dei casi in Ticino di persone facoltose che hanno ristrutturato dei beni di loro proprietà e non hanno chiesto nemmeno un franco di sussidio. Fa quindi specie che Ofima, un’azienda in mano a multinazionali molto ricche, sia venuta a chiedere un sussidio per la riattazione. Il minimo che ci si poteva aspettare era un gesto nei confronti del Ticino e dell’ente pubblico che è già in difficoltà. Invece no, si è venuti a chiedere soldi». A lasciare perplesso il presidente del Centro è anche il lavoro svolto dal Dipartimento del territorio. «La richiesta è stata fatta da Ofima nel 2021. Come mai la direzione del Dipartimento del territorio ha tenuto fermo per anni questo dossier? Veniamo interpellati ora come Commissione della gestione, quando i lavori sono praticamente conclusi. Non è un comportamento corretto nei confronti dell’azienda, che doveva ricevere una risposta entro termini normali». Un credito, quello contenuto nel messaggio del Consiglio di Stato, che potrebbe rappresentare un vero e proprio vaso di Pandora. «Questa richiesta di sussidio deve aprire un discorso molto più ampio e importante: lo sfruttamento idroelettrico da parte dei cantoni d’Oltralpe e le riversioni degli impianti, che sono ormai alle porte». Rilancia Dadò: «Non siamo più disposti a entrare in materia su questi temi, come ad esempio le discussioni legate alla diga del Sambuco, senza parlare di un giusto compenso per le zone che vengono sfruttate da queste grandi aziende. Su questo tema siamo determinati, anche perché tra 11 anni andrà in riversione il primo grosso impianto, la Maggia 1, ed è il momento di iniziare a parlarne». Per il granconsigliere del Centro «è giusto che anche le valli possano beneficiare di quanto produce il proprio territorio, come succede ad altre regioni con attività che generano introiti come casinò e centri commerciali».
«Non ne abbiamo ancora discusso in gruppo, mi esprimo quindi a titolo personale e ricordo che ci sono beni culturali in Ticino appartenenti a privati, singoli o società, finanziariamente ben messi, che sono stati ristrutturati completamente a spese dei privati medesimi – osserva a sua volta il capogruppo della Lega in Gran Consiglio Boris Bignasca –. Credo che Ofima possa tendenzialmente fare lo stesso. Questo ritenute da un lato le finanze estremamente importanti di Ofima e dei suoi azionisti, dall’altro la difficile situazione finanziaria del Cantone».
Rileva il capogruppo del Ps Ivo Durisch: «In presenza di un proprietario con buone capacità finanziarie di un bene culturale protetto, occorre valutare attentamente se e quanto dargli come sussidio. Nel caso specifico si può secondo me arrivare a un compromesso, ma prevedendo un sussidio molto più basso di quello chiesto dal governo. Questo alla luce della forza economica degli azionisti di Ofima: parliamo di società che fanno miliardi di utili. Peraltro il restauro dello stabile in questione è già concluso, il che dimostra che Ofima aveva i fondi necessari. Oltretutto ci sono proprietari facoltosi che hanno ristrutturato i loro beni culturali protetti senza chiedere un centesimo al Cantone. Aggiungo che l’Ufficio dei beni culturali si è visto ridurre dal Consiglio di Stato il budget quadriennale del venti per cento, causa risparmi, per cui bisogna darsi delle priorità circa gli enti ai quali versare aiuti pubblici».