La futura candidata si esprime su alcuni temi portanti della politica luganese, e annuncia anche una potenziale alleanza con Più donne di Tamara Merlo
Amalia Mirante è pronta per Lugano? Dopo essere passata al secondo turno alle federali, e aver riscosso quasi il 20 percento dei consensi al ballottaggio, la fondatrice del movimento Avanti dovrà ora fare i conti con l’elettorato e la politica di una delle Città più importanti del cantone. Nonostante qualche anno di esperienza nella politica comunale di Torricella-Taverne, la sfida che ora si accinge ad affrontare è tutt’altro che facile, tra ripercussioni economiche di grandi progetti, conflitti con la cultura alternativa, e le criptosoluzioni proposte dal sindaco.
Archiviato il capitolo Berna, ora è tempo di pensare alle Comunali di aprile. Sta già lavorando alla campagna elettorale?
Non ancora. Diciamo che sto continuando a fare quello che ho sempre fatto, ossia mantenere i contatti con le persone. In questo periodo particolare mi rivolgo agli imprenditori, che ci portano il loro punto di vista, esprimendosi su quali sono i bisogni, le esigenze e le necessità. Ma anche comuni cittadini, che mi contattano per parlare della loro situazione e dei loro problemi. Nulla di differente da quello che facevamo un paio di settimane fa insomma. Ad ogni modo, la nostra campagna elettorale sarà come quelle che abbiamo condotto finora: in mezzo alle persone. Niente di differente, perché questa è la maniera in cui riteniamo si debba far politica.
Ha sempre dichiarato di non voler rientrare nella dicotomia destra-sinistra, e il suo elettorato sembra rispecchiare questa sua mentalità, dal momento che ha ricevuto molti voti anche dalla destra.
Sì, ho visto con grande gioia che c’era una parte di elettori equamente distribuita tra centro destra e sinistra, al di là di quelli che hanno votato solamente me. Penso sia un’ottima cosa, proprio perché i bisogni delle persone e le relative soluzioni non arrivano solo da una parte. Bisogna quindi uscire dalle logiche che io ritengo dogmatiche e non più al passo coi tempi – da ambo le parti ben inteso –, perché i problemi di oggi non si possono più affrontare facendo capo a soluzioni di cui sentiamo parlare dagli anni 70.
E cosa pensa del fatto che tra chi l’ha votata, il secondo candidato preferito sia stato Marco Chiesa?
Lui è quello che ha preso più voti, quindi se si analizza la cosa dal punto di vista statistico non è così strano. Come dicevo, nel mio caso i voti sono stati più o meno equamente distribuiti.
Pensa che questa equa distribuzione possa avere delle implicazioni sulla campagna, magari con possibili alleanze di centrodestra o di centro?
Abbiamo avuto un primo contatto esclusivamente con Tamara Merlo e la lista Più donne. È molto vicina al nostro essere un movimento e non un partito, e quindi dobbiamo discutere in primis con loro.
E non vi alletta per caso l’idea di allearvi con un partito storico?
Non nel caso di Lugano. Oggi fatico individuare punti in comune con i partiti storici, nel far politica e nell’intendere la politica nelle grandi città. Tra l’altro, alcuni dei nostri punti delle campagne cantonali andavano proprio contro la maniera di far politica dei partiti storici. Penso a quello che avviene nella distribuzione dei posti dei Cda delle aziende pubbliche e para pubbliche, e nelle nomine della magistratura. Ecco, per noi tutto quello che riguarda questa maniera di far politica è distante anni luce, anzi, nella prossima parte della legislatura cercheremo a livello cantonale, anche con degli atti, proprio di togliere i partiti da queste funzioni e fare in modo che ci sia il merito e non l’attribuzione per appartenenza partitica a queste posizioni chiave. Collaborazioni non sono da escludere, ma auspicherei una maggior predisposizione da parte dei partiti storici nell’aprirsi e nel sostenere anche soluzioni che arrivano da movimenti come i nostri, con soluzioni serie, ragionate e rigorose, perché poi, almeno a livello cantonale, quando c’è da prendere le decisioni, gli ordini di scuderia sono molto chiari ed è un peccato.
In passato ha ricevuto molto sostegno dalla sinistra luganese. Non teme che alle comunali loro sostengano i propri candidati, facendole perdere quel sostegno elettorale?
Io credo di aver ricevuto un importante sostegno dalle persone che si rifanno a un’area di centrosinistra, e non credo che questo cambierà a Lugano. Nel senso che, se le persone ritengono che le idee di una rappresentante possano essere buone, non credo che queste smettano di esserlo quando si concorre per un Comune.
Lei ha già esperienza in materia di politica comunale, ma Torricella-Taverne non è di certo Lugano. Si sente pronta a questo cambio di ‘campionato’?
Io credo di poter portare delle competenze, professionali e personali, che possono servire a Lugano. Quindi sì. Poi saranno i cittadini e le cittadine a ritenere se sia il caso di cogliere o no questa mia ‘offerta’.
Passiamo ora a questioni più puntuali di politica luganese, partendo dalla sua posizione sulla questione sempre calda del Molino e dell’ex Macello.
Io su questo tema sono stata sempre molto chiara e schietta: le regole si rispettano sempre e in qualunque contesto, quindi sia per quanto riguardava questo utilizzo di suolo pubblico, sia poi per gli eventuali errori che possono aver fatto le autorità. Per quanto riguarda l’idea di avere a disposizione degli spazi, credo che bisogna trovare una soluzione, chiarendo soprattutto gli scopi di questo genere di cultura alternativa. Perché non credo che quanto succedeva prima al macello, ossia senza un’idea di associazione, di compiti, e di strutture che rispettano le leggi, possa o debba ripetersi. Per quanto riguarda la possibilità di avere spazi a disposizione, credo che come per tutte le altre associazioni e progetti, siano cose assolutamente da portare avanti.
Quindi sarebbe per un’idea di Molino più regolamentato?
Assolutamente sì, come per tutti. In una società come la nostra, dove vige uno Stato di diritto e un sistema democratico, una tale realtà deve per forza essere regolamentata. Premettendo che io non ero una frequentatrice del macello, ma da quello che ho potuto leggere mi sembra siano mancati gli accordi sulla gestione di uno spazio messo a disposizione del pubblico, con anche delle regole sul mantenimento di questo spazio. Nella mia visione, è d’obbligo che ci sia un interlocutore, perché se si chiede qualcosa allo Stato, il minimo è che si riconosca lo Stato come partner, altrimenti mancano proprio le basi. Con questo non voglio dire che non ci possano essere degli accordi sulla libertà di gestione di questi spazi e sulle attività che in essi si svolgono.
Passando invece a una questione più legata al suo campo: parliamo dell’innalzamento del moltiplicatore come conseguenza della costruzione del Polo sportivo e degli eventi. Pensa che sia giusto? Lei come avrebbe gestito la cosa?
Ritengo che l’esito delle votazioni popolari vada sempre rispettato. Sta poi a chi amministra una città fare in modo che l’esito di quanto voluto dalla popolazione sia messo in atto nella maniera migliore possibile. Credo che i cittadini fossero consapevoli che un progetto del genere avrebbe portato anche a delle conseguenze finanziarie. Diciamo che l’ottimo sarebbe che Lugano riesca a riprendere quello splendore, quella attrattività, e forse anche un po’ quella chiarezza nel decidere cosa vuole essere. Perché oggi secondo me manca un po’ questo. E che questo possa poi portare magari a una situazione migliore e più florida delle finanze pubbliche, consentendo di avere una tassazione ancora bassa. Però è anche vero che quando i cittadini chiedono dei servizi sanno che non c’è niente di gratis.
Sempre rimanendo in tema finanza, il sindaco Michele Foletti ritiene che Lugano paghi troppo di perequazione. Lei come la vede?
Il tema della perequazione è un tema da affrontare sicuramente, come lo è a livello nazionale e cantonale. Chiaro che i sistemi e le politiche pubbliche vanno riviste con una certa regolarità, soprattutto quando ci si rende conto che i parametri e le logiche che si erano utilizzati quando si son creati questi strumenti, oggi non sono più così efficaci e non vanno nemmeno a colpire più l’obiettivo. Ovvio che una città importante come Lugano deve dare il suo contributo allo sviluppo del cantone anche dal punto di vista finanziario, ma ritengo anche che debbano esserci margini per poter discutere le chiavi di riparto. In questo caso credo che sia un’esigenza che nessuno oggi può non riconoscere.
Quali soluzioni proporrebbe?
Non ho ancora guardato la perequazione dal punto di vista tecnico, ma sono scelte dove evidentemente i parametri che vengono utilizzati, e le chiavi di riparto, devono poter essere discussi. Questo è un principio sacrosanto della democrazia e ancora di più delle politiche pubbliche.
Restando in tema Foletti, vorrei sapere cosa pensa di uno dei suoi cavalli di battaglia, ossia il Plan B e l’adozione dei bitcoin.
Fintanto che non sono messe a repentaglio, come mi sembra di aver capito, la sicurezza e la stabilità delle finanze pubbliche, io non condanno nessuna attività a priori. Personalmente ritengo che Lugano debba andare a cercare la sua identità, in un’economia più reale rispetto a quello che ruota attorno alle cripto. Non credo che sia questo il punto di forza di una città come Lugano, che rappresenta ancora un quarto dell’attività economica dell’intero Cantone. La Città aveva un’identità molto chiara sino a più o meno un decennio fa, con l’essere la terza piazza finanziaria a livello nazionale. È chiaro che questo settore fortunatamente ancora tiene e credo che rimarrà un settore decisamente importante, però è evidente che con i cambiamenti strutturali che sono avvenuti in questo ambito si sia persa un po’ l’identità. E forse è da questo che bisogna ripartire. Non credo che l’identità di Lugano sia da ricercarsi nelle criptovalute, pur essendo una delle attività che possono essere portate avanti, ma non ritengo che stia lì la sua forza.
E secondo lei dove dovrebbe ritrovare la sua identità?
La città di Lugano, sia nelle linee direttive che nei suoi masterplan di sviluppo, ha sicuramente individuato delle aree importanti, come per esempio il discorso congressuale, o tutto quello che ruota attorno anche alla facoltà di biomedicina. Qual è il polo di sviluppo per la Città di Lugano? Non è facile secondo me individuarlo. Ci sono progetti interessanti, legati magari al settore della moda o delle scienze della vita. Adesso bisogna andare a individuare qual è il punto di forza su cui investire maggiormente.
E come agirebbe in tal senso se lei facesse parte del Municipio?
Ritengo che lo sguardo e la progettualità non debbano essere limitati ai quattro anni in cui stanno in carica i municipali, nel senso che i progetti devono veramente essere dei progetti che guardano ai 10-15 anni. Questo sarebbe già un cambio di approccio. Tutto questo senza dimenticare che i cittadini e le persone ci sono e che vanno gestite anche le loro esigenze. Se guardiamo ad esempio alla struttura demografica di Lugano, ci rendiamo conto che c’è una percentuale più alta di persone celibi o nubili, e una percentuale maggiore di stranieri rispetto alla media cantonale. Chiaro che questo può poi portare anche ad avere delle esigenze e delle necessità differenti. Per cui anche lì bisogna da una parte avere la progettualità dei 10-15 anni, ma anche essere molto concreti e pratici sulle esigenze dei cittadini di tutti i giorni. Sicuramente non è un compito facile.