Reti rubate, pesce sparito, lanterne danneggiate, ruote delle auto bucate. ‘È una minoranza facinorosa di dilettanti. Le società intervengano’
«In 50 anni da pescatore professionista mi erano capitate altre situazioni poco piacevoli, perlopiù causate da turisti disattenti, ma mai avevo vissuto una cosa del genere, con furti e vandalismi sistematici. Nel mio caso parliamo di sette reti rubate e due danneggiate su un totale di undici, oltre al furto di tutto il pesce che avevo pescato. Ma la questione interessa altri pescatori, pure oggetto di rappresaglie e danneggiamenti».
Ti-Press/F. Agosta
Materiale di lavoro
Ha la voce rotta dall’emozione, Walter Branca, di Vira Gambarogno, fra gli ultimissimi pescatori professionisti attivi sul Lago Maggiore. Quel che è successo giovedì sera, nello spazio di poche ore, altro non può essere considerato se non un affronto personale, ma anche una sfida aperta, da parte di quella che lui definisce «una minoranza di pescatori dilettanti», alla categoria dei pescatori professionisti e dei pensionati che praticano la pesca professionalmente con le reti come attività accessoria.
Dubbi sugli autori, tanti, ma certezze ben poche. L’unica arma nelle mani di Branca è quella legale, con una denuncia contro ignoti già sporta, nella (tenue) speranza che si possa risalire ai colpevoli. E un doppio auspicio: «Che i porti, anche quelli piccoli, vengano muniti di videocamere, affinché la Magistratura possa osservare i movimenti di chi va e chi viene. E possa così isolare quei pochi, ma pessimi, vandali, che si rifanno su di noi per le loro frustrazioni. In più, urge un incontro convocato dall’Ufficio caccia e pesca con i presidenti delle società di pesca Gambarognese, Locarnese e Sant’Andrea. Perché ovviamente non sono tutti colpevoli, anzi, la maggioranza è costituita da signori; ma è necessario che le società intervengano con le “mele marce”».
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Il fattaccio capitato a Branca nella quiete serale del lago risale appunto a giovedì scorso. Racconta il diretto interessato: «Verso le 17.30 sono uscito dal porto di Vira Gambarogno, dove ho una barca (un’altra è al confine a Ranzo) e in un’ora circa ho messo giù le reti piccole da fondo: visto che minacciava temporale non volevo dover correre dietro alle reti volanti in mezzo al lago, che se c’è il vento è sempre un’operazione problematica. Alle 23.30 sono andato per ritirare le reti e ho constatato lo scempio. Ci hanno messo poco a fare tutto quel disastro: un segnale chiaro del fatto che è gente pratica, esperta, che sa dove e come colpire».
La prima constatazione, proprio davanti a Vira, era stata positiva: «C’era già un chilo di persico, il che lasciava ben sperare. Così mi sono diretto verso la foce della Verzasca, dove avevo posato una parte delle reti. Ma non ho trovato più niente, nemmeno cercando con la torcia. Poi, guardando nella bandita (la zona di protezione dalla pesca) mi sono accorto che alcune reti erano state malamente gettate proprio lì dentro. Immediatamente ho avvisato per messaggio il guardapesca del lago, un suo collega e anche il biologo del Cantone».
La brutta scoperta iniziale si è poi rivelata essere soltanto la prima della serie. Infatti, «successivamente, quando sono andato a cercare le altre reti che avevo posato, ho dovuto constatare che non c’erano più nemmeno quelle: sparita sia quella in zona Sub a Tenero, sia un’altra poco distante dal Centro sportivo di Tenero, mentre una terza, proprio all’altezza del Cst, per fortuna era rimasta al suo posto. Proseguendo nella mia ricerca, al debarcadero di Tenero era rimasto solo un segnalino, mentre all’entrata del porto di due reti ne ho recuperata una manomessa ma ancora in acqua, mentre un’altra che avrebbe dovuto essere a una cinquantina di metri di distanza non c’era più. Infine, alla casa delle guardie a Mappo, sotto l’uscita della galleria, con la torcia ho intravisto il segnalino, ma quando ho estratto dall’acqua la rete vi ho trovato impigliato uno svasso e mi sono accorto che qualcuno aveva già manomesso la rete, ritagliandola dove c’era il volatile perché evidentemente non interessava, e rubato tutto il pesce. Così di una rete di 50 metri sono rimasti pochi brandelli».
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In seguito, prosegue Branca, «sono tornato a casa con il morale a terra perché, ripeto, in 50 anni di lavoro sul lago non mi è mai successa una cosa simile. È una situazione che mi spaventa e mi toglie serenità. La pesca è il mio mestiere, e sul Verbano siamo rimasti in pochissimi e dobbiamo essere tutelati: per consentire alla gente di consumare ancora del pesce fresco del nostro lago, e anche per dare una continuità alla tradizione».
Fra i pensionati che continuano a pescare con le reti c’è Carlo Verdi, che ha la barca ormeggiata alla Lanca degli Stornazzi di Locarno, e anch’egli ha dovuto subire delle angherie: «Anche alla Lanca – dice Verdi alla ‘Regione’ – mai nessun controllo su chi va e chi viene. Eppure negli ultimi tempi i danneggiamenti e i vandalismi si sono moltiplicati. Parlo di reti rubate (non solo a me e a Branca, ma anche ad altri), di danneggiamenti alle lanterne per le reti volanti; parlo addirittura di gomme forate alle auto». In un caso, ricorda Verdi, «grazie ad un sistema di videosorveglianza abbiamo potuto risalire al colpevole. Non vi dico il suo imbarazzo e le sue scuse raffazzonate quando si è visto inchiodato dalle immagini e ha dovuto risponderne».
Oltre alla pesca, aggiunge Walter Branca, «io non ho nulla. E questa precarietà mi getta nello sconforto. Chi mi dice che oggi, o domani, possa ricapitare la stessa cosa? Con che spirito torno sul lago a posare le mie reti, sapendo che qualcuno mi aspetta al varco, pronto a colpire? E aggiungo un’altra cosa: nella professione abbiamo già un “buco” di 40 anni perché non c’è nessun giovane che ha iniziato e noi siamo ormai oltre i 60 anni. Come possiamo sperare di trovare nuovi professionisti quando le condizioni di lavoro sono queste?».
Branca parla anche di danni prettamente materiali, ma li inserisce in un contesto che spiega bene i metodi di lavoro di un pescatore professionista: «Il furto e il danneggiamento che ho subito giovedì possono essere quantificati in circa 1’500 franchi, che all’apparenza sono poca cosa rispetto alle molte reti di riserva di cui dispongo. Tuttavia, dietro ogni rete, che costruisco personalmente, ci sono 6-7 ore di lavoro». E poi c’è la materia prima, il pesce, che ancora non sembra troppo scarseggiare nelle acque del Verbano: «Posso pescare 15-20 chili di pesce al giorno, ma anche arrivare fino a 30-40 chili. Come professionista, è la mia fonte di sostentamento. Parlo di tinche, lucci, gardon, coregoni, persici, carpe…».
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Branca sul molo del porticciolo di Vira Gambarogno
L’aspetto che più lo inquieta, considera Branca, «è quello psicologico. Come posso riposare serenamente se penso che in quel preciso momento qualcuno sta manomettendo la mia attrezzatura di lavoro, o sta rubando il pesce dalle reti? Se non succede oggi potrebbe capitare settimana prossima, o fra un mese. È come una minaccia incombente. Un po’ come il lupo per il contadino: sa che c’è, ma non sa quando colpisce le greggi, così vive nell’incertezza e nell’angoscia costante. La grossa differenza è che il lupo agisce per istinto perché è un animale, mentre nel mio caso parliamo di umani. Ribadisco: sappiamo tutti che sono una minoranza, ma è una fazione che fa danni enormi. Bisogna intervenire».
Alla radice degli attuali incresciosi episodi vi sarebbe, per Branca e anche per Verdi, la questione delle bandite di pesca introdotte dal Cantone a inizio anno. «Complessivamente parliamo di 4 tratti di riva: a Brissago, fra Gerra e San Nazzaro, fra Locarno e il Navegna di Minusio e ad Ascona – nota Branca –. Contro Brissago è stato tra l’altro inoltrato ricorso perché la bandita risultava più ampia rispetto al previsto. Questa nuova situazione doveva accontentare i pescatori dilettanti, invece ha esacerbato gli animi perché l’impossibilità, per noi, di sfruttare le zone di divieto ci ha costretti a concentrarci altrove, disturbando i pescatori sportivi. Da lì sono nate nuove polemiche, e a stretto giro di posta sono arrivati questi biechi vandalismi, fra i quali, ma attendiamo conferma, ci potrebbe anche essere l’affondamento di una barca ad Ascona, che appare sospetto».
In conclusione, un ultimo auspicio espresso da Walter Branca è che «il Dipartimento faccia un passo indietro e liberi le bandite, anche come messaggio ai pescatori sportivi. Se creano più problemi di quanti non ne risolvano, ne facciamo tutti volentieri a meno».