La recensione

‘Io Capitano’, il viaggio dell'eroe mediterraneo

A 5 anni da quel ‘Dogman’ che consacrò Marcello Fonte, Matteo Garrone ripropone un altro tragico viaggio dell'eroe, in chiave contemporanea (nelle sale)

Nelle sale ticinesi, fresco di Leoncino d’Oro 2023 a Venezia80
10 settembre 2023
|

Dopo la parentesi di ‘Pinocchio’ (2019), Matteo Garrone torna con un film maturo che racconta una sorta di distruzione-autodistruzione del personaggio; come Marcello, alla fine di ‘Dogman’ (2018), liberava il quartiere dai soprusi di Simone, così Seydou, protagonista senegalese di questo ‘Io, Capitano’, ottiene una piccola vittoria, che è però dal retrogusto amaro, una magra consolazione. Un macrotema importante, quello dell’immigrazione, spesso raccontato attraverso il documentario; si ricorda l’acclamato ‘Fuocoammare’ (2016) di Gianfranco Rosi, dal punto di vista di Lampedusa e dei suoi abitanti, oppure il recente ‘Prisoners of Fate’ (Semaine de la critique, LFF 2023), portrait sulle difficoltà di integrazione degli immigranti iraniani in Svizzera. Questa volta, invece, ‘Io, Capitano’ racconta un giovane immigrato pieno di sogni, accompagnandolo in quel viaggio che separa il suo luogo di partenza, il Senegal, dall’approdo in Italia, attraverso pericoli mortali indicibili, cammini estenuanti nel deserto, soprusi e inganni, fino al drammatico esodo attraverso il Mediterraneo.

Il famigerato viaggio

Seydou è un sedicenne dolce, spensierato e con un profondo legame con il proprio quartiere e la propria famiglia, in particolare con la madre e il cugino coetaneo Moussa. I due lavorano di nascosto e racimolano i soldi per il famigerato viaggio in l’Europa, dove sperano di realizzare il sogno di diventare delle star nella musica, con il loro pop dall’impronta africana di suoni e melodie gioiose. Moussa sprona Seydou, titubante, a partire, quindi decidono di chiedere consiglio a Sisko, tra i pochi ad aver raggiunto l’Europa, oltre che a uno sciamano. L’uomo sconsiglia loro il viaggio, dipingendo l’Europa con una certa oscurità, mentre lo sciamano, dopo un rituale, concede loro la benedizione a partire. Tuttavia, gli ostacoli si rivelano subito e progressivamente: ottengono un documento farlocco da uno strozzino, che cambia loro nome e nazionalità, quindi cercano un mezzo per raggiungere Tripoli, venendo tuttavia arrestati e separati nel deserto. Seydou viene incarcerato dalla mafia libica e torturato ma, grazie all’aiuto di Martin, riesce a uscire e diventa uno schiavo muratore. Costruita una bellissima fontana da zero, i due ottengono la libertà, si separano e, con tanta pazienza e un po’ di fortuna, Seydou ritrova Moussa, ferito alla gamba da un proiettile. Convinto il cugino a concludere il loro viaggio, Seydou, costretto a guidare il logoro barcone e terrorizzato dall’idea di avere la responsabilità di vita e morte di decine di persone, tra cui donne e bambini, riesce a prendere in mano la situazione, con grande coraggio, riscoprendo e insegnando di nuovo l’umanità e la compassione ai suoi sventurati compagni.

Sorrisi e violenza

‘Io Capitano’ è un film fluido, in cui le scene si dissolvono tra loro, un po’ come le tante storie degli altrettanti viaggiatori che incontra Seydou, non rivelate, ma che esistono e riflettono la sua. Molte sono le dicotomie; la fiducia nel prossimo di Seydou si scontra con la realtà di sfruttamento, l’Africa iniziale della musica, dei sorrisi e dell’unione si contrappone alla violenza della detenzione in Libia, i volti sofferenti diventano come invisibili, persi nell’immensità dei luoghi rigidi e disabitati da attraversare. In una realtà in cui chi rimane indietro viene abbandonato a morire, Seydou lotta per non perdere la propria umanità, con la spinta di Martin, con cui ha un legame che sostituisce quello paterno, ritrovando la speranza e il suo sorriso contagioso, sorriso che trasmette anche a Moussa, annichilito dopo la loro separazione, oltre che a tutti gli sventurati sul barcone.

Una grande fotografia, campi lunghissimi che relazionano i viaggiatori all’immensità del deserto e del mare che li circonda, montati in costante dissolvenza, grandi interpretazioni, sono solo alcuni degli elementi affascinanti di questo film, profondamente umano, che racconta formazione e transizione di un personaggio, da giovane inesperto ad adulto, da mozzo a Capitano.