‘Per il solo fatto di circolare, il pensiero crea sempre nuovi sviluppi’. Per la direttrice Roberta Nicolò, è una delle tante ‘Connessioni’ di quest'anno
Ora i nomi ci sono tutti, così che ‘Endorfine’ possa produrre nei nostri cervelli l’effetto completo. Il festival luganese, che torna per la sua quinta edizione dal 15 settembre, ne aveva già annunciati cinque: la designer Patricia Uqruiola, la ‘Zanzara’ Giuseppe Cruciani, la giornalista/podcaster Cecilia Sala, Nino Frassica e Maurizio De Lucia, procuratore capo di Palermo, titolare dell’inchiesta sull’arresto di Matteo Messina Denaro, a uno dei fili tematici mai interrotti.
Si aggiungono ora lo scrittore Antonio Scurati, protagonista dell’incontro di apertura, la reporter russa Elena Kostyuchenko e Mohamedou Ould Slahi, per 14 anni prigioniero a Guantanamo. Di tutte queste ‘Connessioni’, tema del 2023, parliamo con Roberta Nicolò, direttrice di ‘Endorfine’, portatrice di un bilancio delle prime cinque edizioni e di una riflessione su quella alle porte.
Per la prima edizione di ‘Endorfine’ la parola di riferimento fu ‘differenze’. Pur con un tema nuovo ogni anno, ‘differenze’ pare un sottotitolo sempre valido…
È vero, rende sempre assai bene l’intento alla base del nostro festival, e cioè dare voce alle idee che circolano nella contemporaneità, sempre permettendoci di allargare lo sguardo alla storia, ai concetti che sono stati alla base di alcuni pensieri e di alcuni pensatori. Ovviamente, non siamo tutti uguali e per questo ci piace non precludere nessuna strada. Dunque mettiamo in relazione pensieri che a volte sono quasi agli antipodi, ma che fanno parte della nostra realtà e che vanno affrontati, pensieri che vogliamo ogni volta incalzare con la presenza di un giornalista sul palco, a garanzia che non si tratta mai di comizi.
Quella di creare ‘Connessioni’, l’edizione 2023, è in fondo una caratteristica vostra. È come se quest’anno foste ospiti di voi stessi…
Tutto è interconnesso, nessuno è un’isola a sé stante. Per il solo fatto di circolare, il pensiero crea sempre nuovi sviluppi, nuove radici, strade, ancor più oggi grazie alla connessione digitale. Quanto a noi, se guardo a come sono composti il comitato, la direzione e lo staff, vedo persone con esperienze di vita e lavorative molto diverse, con idee, non necessariamente politiche, altrettanto diverse. Seduti a un tavolo, non lavoriamo per decidere cosa sia giusto o sbagliato, ma per discutere l’idea e trovare ‘la quadra’, la sintesi, atteggiamento molto svizzero, se vogliamo.
Guardando ai nomi dell’edizione alle porte, ‘Endorfine’ pare vivere una rinnovata leggerezza, la stessa riscontrata in altre manifestazioni pubbliche, come il Locarno Film Festival, per esempio. Cruciani e Frassica possono esserne la manifestazione?
Dopo la prima edizione di ‘Endorfine’ è arrivata la pandemia, che ci ha relegati in una situazione di grande angoscia globale. Da lì siamo passati alla guerra, anche se di guerre nel mondo ce ne sono sempre state, la differenza dal passato è che ne abbiamo una alle porte. Sì, c’è bisogno di alleggerire a volte, anche con l’obiettivo di ritrovare uno sguardo più sereno, per guardare alla guerra in primis, ma anche alle mafie, tema presente anche in questa edizione. Quanto al Locarno Film Festival, ho vissuto anche io, da giornalista, quell’aria che eravamo abituati a vivere prima della pandemia. Ma è un’aria che si respira camminando per le nostre città, che sa di stare insieme, di riscoprire la dimensione più leggera della convivialità. Questi anni sono stati duri, ci hanno inibiti e costretti a un’introspezione diversa. Ora quell’introspezione è depositata e si può ricominciare guardando con nuovi occhi al futuro.
Differenze, si diceva: Cruciani è quanto di più alieno al linguaggio giornalistico locale.
Sì, e infatti la nostra sarà proprio una riflessione sul linguaggio. Il suo, è vero, non ci appartiene, quella cifra non è utilizzata sul nostro territorio, ma lo è nella vicina penisola italiana ed è questo un fenomeno che vale la pena analizzare anche solo come riflessione critica. Riflettere su quel linguaggio irriverente, sempre sul filo del sarcasmo, chiedersi quali siano gli elementi che il pubblico riconosce come interessanti, sono quesiti che vale la pena di porsi, per come quel linguaggio è connesso con noi.
Per concludere, quali sono le aspettative legate a questa edizione?
Questa edizione segna per noi una fase di passaggio. Se ragioniamo in termini aziendali, dopo cinque anni possiamo dirci fuori dallo status di start-up. Abbiamo lentamente costruito la struttura portante del nostro Lego, dal sesto anno in poi potremo iniziare a ripianificare il prossimo quinquennio. Abbiamo un piccolo zoccolo duro di pubblico che si è stabilizzato, l’obiettivo è crescere, ma soprattutto nei rapporti col territorio. In questo senso, le ‘Connessioni’ di quest’anno sono anche simboliche: credo sia il momento giusto per iniziare a intessere connessioni con altre realtà del territorio, culturali, educative, e per creare un rapporto di reciproco scambio che possa far crescere non solo noi, ma la cultura locale tutta, ricca di tanti attori di qualità e pregio. Il prossimo tema, quindi, potrebbe essere ‘Relazioni’: prima ci si connette e poi ci si mette in relazione, e si cresce insieme.