Da una sentenza del Tf su una richiesta di scarcerazione emerge il modus operandi del responsabile del servizio sinistri di una compagnia assicurativa
Parola d’ordine (far) gonfiare le fatture e incassare la differenza. Per almeno dieci anni. Si precisa ulteriormente il quadro dell’inchiesta penale aperta in primavera dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli per far luce sul malandazzo emerso in campo assicurativo nell’ambito di sinistri subiti da edifici. Parliamo del caso Belfor, dal nome della ditta lucernese che si sente danneggiata dall’agire dei dirigenti della propria filiale ticinese di Lumino, due fratelli arrestati e nel frattempo licenziati. Una parte dell’inchiesta ha già raggiunto il Tribunale federale (Tf), che confermando ormai due settimane fa la decisione di prolungare la detenzione preventiva di uno della quindicina di indagati, ne riassume l’agire.
Si tratta del responsabile del servizio sinistri di una compagnia assicurativa: nel frattempo a sua volta licenziato, era stato arrestato il 17 maggio con l'accusa di truffa e corruzione passiva di privati. “Negli ultimi dieci anni – riassume il Tf nella decisione a lui contraria – avrebbe partecipato a operazioni illecite che coinvolgevano i coimputati ottenendo in questo modo indebiti compensi”. Da un lato risulta che “avrebbe ricevuto regali/bonus sia in contanti, sia tramite prestazioni in natura o pagamenti diretti di fatture” da parte della Sublimity Management Services Llc di Bellinzona attiva nel lavoro interinale mettendo a disposizione manodopera specializzata. Sublimity appartenente tra gli altri ai fratelli che dirigevano la filiale Belfor, cui la Sublimity “per anni avrebbe fornito, in esclusiva, manodopera interinale per lavori di risanamento derivanti da sinistri assicurati sul territorio ticinese”.
Il responsabile del servizio sinistri, prosegue il Tf facendo capo alla documentazione trasmessagli in luglio e perciò lontana dall'essere completa, “avrebbe percepito indebiti profitti per avere favorito la Belfor di Lumino, e di riflesso anche la Sublimity, dandole sistematicamente la precedenza nell'ambito dell'appalto dei lavori per i sinistri annunciati presso di lui”. Sempre lui, prosegue il Tf, “avrebbe anche gonfiato per anni le fatture emesse dalla Sublimity a carico della Belfor di Lumino”. Così facendo, Sublimity “avrebbe incassato più del dovuto, formalmente a danno della Belfor, ma ‘de facto’ a danno della compagnia assicurativa, poiché in ultima analisi spettava a essa sopportare il danno causato dal sinistro”. Di conseguenza, dopo aver gonfiato, ecco la parte dell’incasso: “Parte della somma ricevuta indebitamente, poiché gonfiata grazie al suo agire, veniva riversata dalla Sublimity al responsabile del servizio sinistri quale compenso”. Il meccanismo, così riassunto dal Tf in base alle informazioni parziali ottenute nella procedura ricorsuale, potrebbe tuttavia risultare assai più complesso. In particolare sul fatto che sia stato proprio lui, quale dipendente di un'assicurazione, a gonfiare le fatture emesse da Sublimity. Da nostre informazioni risulta che avrebbe semmai esercitato pressioni su Sublimity nel momento in cui questa andava a definire, fatturando a Belfor, il proprio margine di guadagno. Il quale per taluni lavori eseguiti risultava essere reale, peraltro in base al preventivo largheggiante avallato dal perito assicurativo, e per altri meno. Ciò che la induceva talvolta a emettere verso Belfor – che a sua volta mirava a garantirsi il proprio utile fisso – fatture non troppo dettagliate nelle quali finiva un po' di tutto: anche lavori in realtà mai eseguiti, anche operai mai impiegati o in realtà impiegati su altri cantieri (così da compensare eventuali perdite puntuali), anche spese di vario genere, anche mazzette distribuite ai periti assicurativi compiacenti e in taluni casi assai pretenziosi.
Sollecitando con i ricorsi lo stop alla detenzione preventiva, il responsabile del servizio sinistri in questione sosteneva nel ricorso poi respinto dalla Corte dei reclami penali e infine anche dal Tf di aver esposto le più ampie ammissioni sin dal primo interrogatorio, fornendo piena collaborazione sebbene non abbia immediatamente ricordato qualsiasi regalo ricevuto, ma abbia poi subito ammesso ogni contestazione che gli veniva fatta. Inoltre, sempre dai ricorsi emerge che egli avrebbe riferito agli inquirenti fatti di cui gli stessi non sarebbero stati a conoscenza, in particolare legati ad azioni svolte da solo e senza la concorrenza dei coimputati. Di altro parere Crp e Tf, visto che dalla documentazione sequestrata e dai telefoni cellulari suo e dei due fratelli indagati sono emersi elementi nuovi e rilevanti che il ricorrente avrebbe confermato unicamente quando gli sono stati contestati. Da qui, secondo le due istanze giudiziarie, l’impossibilità di escludere un rischio di collusione con altri indagati e la conseguente necessità di prolungare la detenzione preventiva.