La procuratrice pubblica Margherita Lanzillo ha chiesto una pena di 24 mesi di carcere, nonché la carcerazione di sicurezza
«L’imputato è un vero stalker». Definisce così la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo il 39enne, vigile del fuoco professionista del Corpo civici pompieri di Lugano, che si è dovuto presentare oggi davanti alle Assise correzionali di Lugano. L’uomo è accusato di ripetuta coazione nei confronti di una donna, con cui aveva una relazione. Tra i capi d'accusa figurano anche lesioni semplici (subordinatamente vie di fatto), ripetuto danneggiamento, ripetuta minaccia, ripetuta ingiuria e ripetuta disobbedienza a decisioni dell’autorità. L'uomo era stato arrestato a gennaio dopo la denuncia della donna, che a novembre 2022 aveva deciso di chiudere la relazione con il 39enne, dopo aver capito che non avrebbe lasciato la moglie per lei. Quest’ultimo l’aveva però ripetutamente seguita e chiamata. A questo punto la donna aveva richiesto, e ottenuto, un’ordinanza restrittiva nei confronti dell’imputato, che nonostante ciò ha poi continuato a contattarla e ad avvicinarsi a lei.
Sono quasi 60 i punti dell'atto d'accusa che riguardano il reato di coazione. «È stato un cacciatore in agguato, che si apposta, che insegue, pedina e controlla in maniera maniacale la vittima. Vittima che si vede imporre la sua presenza costante», ha affermato durante la requisitoria la procuratrice pubblica. Quest’ultima ha ricordato che l’imputato non è nuovo a comportamenti del genere. Due donne, con le quali aveva dei legami sentimentali, lo avevano denunciato nel 2017 per vari reati contro la persona. Nel 2018 era stato emesso un decreto d'accusa che lo condannava a sei mesi di carcere e a una multa di 1'000 franchi. L'imputato aveva impugnato la decisione e nel 2021 si era tenuto il dibattimento alle Assise correzionali di Bellinzona. In quell'occasione, il giudice Siro Quadri lo aveva infine condannato – per coazione, ripetuto danneggiamento, ripetuta diffamazione, ingiuria e ripetuta minaccia – a una pena pecuniaria di 120 aliquote giornaliere, sospesa condizionalmente per quattro anni, e a una multa di 1’400 franchi. Ancora prima, nel 2014, l’uomo aveva ricevuto una condanna per reati simili, ai danni della ex moglie.
Sulla vicenda, Karin Valenzano Rossi, capodicastero Sicurezza e spazi urbani della Città di Lugano, era stata interpellata da ‘laRegione’ in quanto l’uomo era stato assunto nel 2021, stesso anno dell’ultima condanna. Valenzano Rossi aveva indicato che al momento dell’assunzione la fedina penale risultava pulita e che l’uomo aveva spontaneamente fatto sapere che vi era un contenzioso in corso per questioni familiari. La capodicastero aveva evidenziato quindi che i fatti non erano legati all’attività professionale dell’imputato e che eventuali misure amministrative sarebbero state considerate una volta pronunciata la sentenza.
«Dai precedenti procedimenti l’imputato non ha imparato nulla. Il modus operandi è lo stesso ed emerge la sua capacità manipolatoria», ha affermato Lanzillo, che ha chiesto una condanna di 24 mesi di carcere, una multa e un trattamento ambulatoriale. Riguardo alla pena sospesa del 2021, ha chiesto che venga eseguita. Inoltre la procuratrice ha richiesto la carcerazione di sicurezza. «I fatti riportati dalla donna e le prove acquisite nella fase istruttoria combaciano. In soli tre mesi è stato possibile chiudere quest’ultima grazie al lavoro degli inquirenti e al diario che la vittima ha minuziosamente tenuto dietro consiglio del Servizio violenza domestica della Polizia cantonale».
«Il danno che l'imputato ha cagionato è importante ed è ancora presente e manifesto nella donna», ha indicato nella sua arringa Carlo Borradori, avvocato della vittima, che si è costituita accusatrice privata. «La psicologa che la segue le ha diagnosticato un disturbo da stress post traumatico e una profonda instabilità emotiva, derivanti dalle azioni dell’imputato», ha proseguito il legale. Quest’ultimo ha chiesto alla Corte la totale conferma dell’atto d’accusa, nonché un risarcimento. Da una parte quello legata ai costi, principalmente legali, che la donna ha dovuto affrontare, dall’altra un indennizzo di 3’000 franchi per il torto morale subito.
Il 39enne, difeso dall'avvocato Maurizio Pagliuca, ammette in maniera generale i fatti, ma contesta alcuni dettagli. «In passato facevo fatica ad accettare la separazione dalle persone importanti nella mia vita», ha indicato in aula l'imputato durante l'interrogatorio del giudice Siro Quadri. «Il periodo in prigione mi ha fatto riflettere e sono dispiaciuto per ciò che ho fatto». L'uomo ha trascorso in carcere 103 giorni e da circa tre mesi i suoi spostamenti vengono controllati tramite il braccialetto elettronico. Nel corso dell’istruttoria, nei confronti dell’imputato è stata fatta una perizia psichiatrica, dalla quale è emerso un disturbo della personalità. La difesa dell’uomo, come detto, accetta parzialmente l’atto d’accusa e chiede una pena di massimo 14 mesi di detenzione sospesa e una misura ambulatoriale. Inoltre, si oppone alla carcerazione di sicurezza in quanto indica che «non c’è rischio di recidiva».
Al termine del dibattimento, il 39enne ha sottolineato che le sue azioni erano volte a ricevere chiarimenti da parte della donna e di non volerle fare del male. «Ora desidero concentrarmi sulla mia famiglia e proseguire il percorso intrapreso con lo psichiatra», ha aggiunto. La sentenza verrà pronunciata domani.