Il giovane era giunto in Svizzera nel 2019 come minorenne non accompagnato. Il tragico episodio, capitato martedì, solleva dubbi sulla sua presa a carico.
Aveva vent’anni, era originario dell’Afghanistan e in Svizzera era arrivato nel 2019, da minorenne non accompagnato. Se n’è andato un paio di giorni fa, martedì 11 luglio. Ma non perché rimpatriato o per cercare rifugio in altri Paesi. Perché morto, suicida. Questo il tragico destino di un giovane richiedente l’asilo che si è tolto la vita al Centro per richiedenti l’asilo di Cadro, dov’era ospite da circa un anno.
Di suicidio si parla, ma più in interviste o approfondimenti, raramente in casi concreti come questo. È un tema piuttosto tabù, anche giornalisticamente parlando, e come tale viene generalmente trattato anche dalle autorità competenti. Spesso per il timore di atti emulativi. Abbiamo scelto di parlarne, perché l’episodio ha già sollevato dubbi sulla presa a carico del ragazzo che, stando a quanto riferito dall’avvocata Immaccolata Iglio Rezzonico in una nota, sin dal suo arrivo nel Paese avrebbe manifestato un malessere. “Purtroppo però, come accade sempre in questo sistema di cosiddetta accoglienza per i richiedenti l’asilo, l’unica soluzione è stata quella di acquietarlo con i farmaci”, scrive la legale specialista della migrazione.
Sempre Iglio Rezzonico riferisce di “ricoveri a Mendrisio (alla Clinica psichiatrica cantonale, ndr)”, di “nessun percorso di reale presa a carico, di socializzazione, di relazione umana affettiva”, sostenendo che a Cadro il 20enne fosse solo e isolato. E concludendo che il tragico epilogo della sua breve vita sia stato un “suicidio annunciato”. Parole forti, che sollevano interrogativi sulla sua presa a carico, quantomeno sulla sua efficacia, e che meritano una risposta. Questo, perché il centro di Cadro è di fatto gestito dallo Stato. E più precisamente dalla Croce Rossa Svizzera (Crs), su mandato del Dipartimento della sanità e della socialità (Dss).
Abbiamo provato a contattare la Crs del Sottoceneri per un riscontro, ma senza riuscire a raggiungere la neodirettrice Debora Banchini-Fersini. Renzo Zanini, capo dell’Ufficio richiedenti l’asilo e dei rifugiati del Dss ci ha invece fatto sapere gli uffici cantonali competenti sono stati “puntualmente e tempestivamente informati e coinvolti” da parte della sezione sottocenerina e che “per rapporto al drammatico evento, nel rispetto della persona deceduta, dei suoi conoscenti e dei suoi familiari, non si ritiene opportuno riferire elementi di dettaglio, tenuto altresì conto che le autorità stanno effettuando i dovuti accertamenti”.