laR+ L’intervista

Tutti ‘Ensemble’ appassionatamente

Passato, presente e nuova musica del Lugano Percussion Ensemble con Gregorio Di Trapani, uno dei sei membri principali di un’esclusiva ticinese

Il sestetto ufficiale (con aggiunte ufficiali)
22 maggio 2023
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Trio e quartetto sono entità abbastanza diffuse nel campo delle percussioni. Il sestetto (e più) un po’ meno. «Anche se nel campo della musica contemporanea esistono storici sestetti come Les Percussions de Strasbourg. In generale, ne sono esistiti da metà anni 50 fino a oggi. Ce ne sono a Basilea e a Ginevra. Per quanto riguarda il Ticino, è vero, rappresentiamo una sorta di esclusiva». Garantisce Gregorio Di Trapani, uno degli elementi del Lugano Percussion Ensemble con Alberto Toccaceli, Andrea Tiddi, Armando De Angelis, Luca Bruno e Sho Kubota, membri di una formazione specializzata sì nella musica classica contemporanea, ma che si muove non di meno nel campo della nuova musica, anche svizzera, e appositamente composta per siffatta proposta.

Il Lugano Percussion Ensemble ha inciso negli anni per Deutsche Grammophon, Musiques Suisse e per la Stradivarius, che pubblicherà il nuovo lavoro ‘Air’ dopo aver già pubblicato ‘Ondes’, e ‘Voix’, che arriva dallo Studio 2 della Rsi, dove Lara Persia ne ha curato il suono per quattro intensi giorni. Aspettando la data di uscita, si può intanto dire che sarà il terzo album dell’ensemble e conterrà composizioni di Mathias Steinauer (membro onorario del sestetto) come ‘Sott’acqua’ (con il solo di Enrico Fagone, primo contrabbasso dell’Osi, l’Orchestra della Svizzera italiana), di Giacomo Platini (con Szuhwa Wu solista al violino) e William Thomas McKinley (con il solo di vibrafono di Matt Sharrock e la voce di Rose Hegele). Di McKinley, compositore e pianista jazz morto nel 2015, «il figlio ha recuperato alcune opere incompiute e mai eseguite in quanto mastodontiche, per solista e sette percussioni». Due di esse trovano vita nel disco, anche perché per il Lugano Percussion Ensemble trasformarsi da sestetto in settimino (o settetto) è un attimo: «Noi ‘funzioniamo’ con elementi aggiunti. Essendo in sei, può capitare che qualcuno si assenti, dunque ognuno di noi ha un aggiunto specifico. Nel caso del disco di aprile, il settimo percussionista per eccellenza è stato Davide Poretti».

‘Rumore’ e melodia

Nel 2000, alcuni membri dell’attuale ensemble facevano parte di un sestetto cresciuto dentro il Conservatorio della Svizzera italiana, sestetto ‘aggiornato’ nel 2018: oltre ai sei membri principali, il Lugano Percussion Ensemble include il ‘conductor’ Simone Mancuso. La formazione suona da anni nel mondo e fra le collaborazioni internazionali e locali compaiono il nome di Martha Argerich e quello dell’Osi. I compositori con i quali il sestetto ha collaborato, oltre a Steinauer (che è stato il primo) e Platini, rispondono ai nomi di Salvatore Sciarrino, Benjamin Lang, Masahiro Ishijima, Jordy Rockmaker, e molti altri giovani emergenti. E malgrado la formazione ‘a tutto percussioni’, l’ensemble ticinese non deve ‘pregare’ i compositori come fece Heinz Holliger per il suo oboe: «Il repertorio per sestetto esiste e si sta allargando. I compositori con i quali collaboriamo scrivono ad hoc per noi, ma ci sono brani storici adatti a formazioni di questo tipo come Le nozze di Stravinskij, Glorious Percussion di Gubajdulina oppure Silenciaire di Ohana, per esempio».

Un sestetto di percussionisti non produce solo ritmo, o ‘rumore’, per quanto piacevole. La principale classificazione degli strumenti a percussione, infatti, li divide tra quelli a suono determinato e indeterminato, e se la seconda categoria è quella più vicina al concetto di ‘rumore’ (rullante, grancassa), la prima include, per esempio, vibrafoni e marimbe. Come il ‘mostro’ di marimba a cinque ottave usato allo Studio 2: «Le tecniche per quattro o sei bacchette ci permettono di poter suonare molti strumenti a percussione e ottenere una padronanza per suonare le tastiere come la marimba quasi come una specie di pianoforte». In questo senso, uno dei problemi di un sestetto di percussioni è trovare una struttura che metta a disposizione una strumentazione di questo tipo, «perché quando ci spostiamo dovremmo sempre viaggiare con un Tir e non è sempre fattibile». Nonostante le difficoltà logistiche, nulla è impossibile: «Siamo riusciti a trovare percussioni, tre pianoforti e una celesta anche a La Paz, in Bolivia, per il nostro primo progetto, strumenti non facili da suonare in un posto in cui ci si muoveva con le funicolari».

Stati Uniti, Parco Ciani, Finlandia

Iniziato la notte di San Silvestro in Giappone insieme alla Osaka Symphony Orchestra, è stato e sarà un ricco 2023 per il Lugano Percussion Ensemble, atteso il 28 di maggio ad Alba, in Piemonte, per il locale Music Festival; poi Bucarest e il Cantiere internazionale d’arte di Montepulciano, in luglio. In agosto, per venti giorni, Di Trapani e compagni saranno in tour in Sudamerica. Si fermeranno in settembre, per preparare il nuovo repertorio, aspettando Besançon in ottobre, poi Venezia alla Fondazione Luigi Nono, dove si fonderanno con l’elettronica. «Stiamo anche lavorando a ‘Sensitive Darkness’, un progetto che andrà in scena all’ex Asilo Ciani, imperniato sulla sensibilità dell’essere umano di sviluppare i sensi al buio».

Dopo l’ex asilo, tappa in Germania al Conservatorio di Rostock, poi a Roma per il festival ‘Nuova consonanza’ e la Finlandia. Per dovere di cronaca, il 2023 era iniziato anche con il tour statunitense, dodici giorni di concerti sulla East Coast con gran finale alla Berklee di Boston: «Siamo stati ospiti delle grandi università, dentro bellissimi teatri, perfetti per accogliere questo tipo di progetti. Benché l’attenzione sulla Contemporanea arrivi dall’Europa, e dall’Italia e dalla Germania in particolare, gli Stati Uniti regalano sempre grande curiosità».

Corsi e ricorsi storici

Di Trapani non è di Trapani. Quasi. È nato a Palermo e ha vissuto tra Balestrata, ultimo lembo di terra palermitana prima della provincia di Trapani, e – prima – a Partinico, cittadina che diede i natali a Frank Zappa. «Gli hanno dedicato una via a due passi da dove stavo io» (per gli appassionati del genio scomparso nel 1993, si rimanda al documentario ‘’82: When Zappa Came to Sicily’). In casa Di Trapani suonavano tutti, in primis il fratello flautista, che ha fatto il master a Lugano ed è stato assistente di Mario Ancillotti. «Ho iniziato con il pianoforte a cinque anni, poi sono scappato», racconta Gregorio. «Mio padre sosteneva che se avessi voluto fare il musicista avrei dovuto studiare al conservatorio; io volevo solo suonare la batteria nei gruppi metal e mio padre me l’ha consentito, a patto che andassi a lavorare nei campi con lui. Mi alzavo all’alba e la sera suonavo fino a tardi: il quarto giorno ho chiesto di essere iscritto al Conservatorio di Trapani…». Sorride, e ricorda come Simone Mancuso e Luca Bruno siano stati, in quel Conservatorio, suoi compagni e ora stimati colleghi.

Tornando all’ensemble. Nel ‘Lac en plein air’ del luglio 2020, l’esibizione del Lugano Percussion Ensemble ha segnato il ritorno alla musica dopo il lungo stop. Lo stesso è accaduto in Giappone: primo gruppo estero invitato a suonare dopo la pandemia. L’effetto-imbuto nel quale era confluita tutta la musica post-pandemica, rallentata nell’esibirsi, pare si sia esaurito: «Molti organizzatori ne stanno uscendo adesso, c’è una grossa voglia di fare e un unico problema: bisogna reinvestire sulla cultura senza troppa paura e cercare di dare spazio a tutti, collaborare con artisti del territorio e artisti esteri, creare ponti culturali e far fluire la musica dentro e fuori i nostri confini territoriali. E il pubblico dovrebbe tornare a seguire la musica esclusivamente dal vivo e utilizzare la tv e i social per altri scopi». (www.lpensemble.ch)