Il già direttore e presidente dell'Ett boccia su tutta la linea la proposta rilanciata dai Verdi liberali: ‘Il Ticino è un Cantone con pari dignità’
«Mi ricordo quando quarant’anni fa, c’era ancora ‘Il Dovere’, sono venuto qui da voi, proprio in questa stanza, arrabbiato nero per la proposta che veniva da Oltralpe di pedaggio al Gottardo... Il Cantone lottò e la spuntò. Ora riaffiora». Il già direttore e presidente del fu Ente ticinese per il turismo, oggi presidente del Locarno Film Festival, Marco Solari è saltato sulla sedia davanti al ripresentarsi in Svizzera interna del tema pedaggio al Gottardo per risolvere il problema delle code. Tema riportato all’attualità in Ticino da un’interpellanza dei Verdi liberali inoltrata l’altroieri al Consiglio di Stato. E, nella sede de ‘laRegione’, spiega il suo punto di vista «fortemente contrario» ribadendo più volte un concetto: «Il Canton Ticino ha pari dignità rispetto a tutti gli altri Cantoni».
Quarant’anni dopo cosa la fa arrabbiare di più di questo eterno ritorno dell’uguale che è il pedaggio al Gottardo?
La percezione in qualcuno che il San Gottardo sia sempre e ancora una frontiera. Ma noi non siamo svizzeri di serie B, mi disturba profondamente questo discorso. Se si considera la proposta di un pedaggio al tunnel io, francamente, urlo. SI tratta per il Ticino di avere esattamente la stessa identica possibilità di essere raggiunto come tutti gli altri Cantoni. È l’accesso a un Cantone, non a un altro Stato. Ed è una questione fondamentalmente politica, il Ticino non deve essere trattato diversamente: la questione dei pedaggi dovrebbe essere fucilata, dimenticata e mai più tirata fuori.
E la questione della ‘prenotazione’ per favorire le targhe ticinesi o urane promossa a Berna da Fabio Regazzi?
Penso di interpretare Regazzi così: ‘Dovesse esserci l'obbligo di prenotazione allora privilegiamo almeno le targhe ticinesi e urane’. Il suo pensiero è generoso, ma sono più che perplesso. Intanto non credo che passerebbe giuridicamente il concetto di privilegiare le targhe di due cantoni. Ma il punto è un altro: è impraticabile. Prendiamo un esempio: il ticinese che abita a Berna, ha una targa bernese e deve tornare perché la mamma sta male cosa deve fare, prenotare uno ‘slot’? Non funziona, anche solo pensando a dove si dovrebbe far aspettare la gente in attesa. Nel Mendrisiotto? Sull'autostrada a Bellinzona? Non si prenota per andare a Zurigo a Ginevra o per entrare in una qualsiasi città svizzera, e noi abbiamo pari dignità, non siamo un parco divertimenti. Questa idea nasce da buoni propositi ma così non regge. Le misure che servono sono in parte già implementate: in primis favorire l’uso dei mezzi pubblici, la ferrovia, differenziare l'inizio delle vacanze, partire in settimana e altro ancora. La situazione è difficile, ma non viene risolta ferendo il principio politico dell’uguaglianza tra i Cantoni.
Ma se queste proposte vengono rilanciate da un partito ticinese, i Verdi liberali appena entrati in Gran Consiglio, o da deputati ticinesi a Berna vuol dire che questa mentalità è insita anche nel Sud che dovrebbe rifiutarla?
Con tutta la simpatia per alcuni loro spunti e per molti dei loro ideali, probabilmente qualcuno è uscito troppo in fretta. Se era una proposta pensata non è stata pensata fino in fondo, se era marketing politico va definito come tale.
Però il problema infrastrutture resta. Come se ne esce? Andando ancora col cappello in mano a Berna?
Io ho vissuto la mentalità del cappello in mano a Berna, ma adesso non è più così, il Ticino da cantone periferico e con scarsi contatti con il resto della Svizzera compresa l'amministrazione federale è diventato un Ticino che grazie all'Università, agli istituti specializzati, alla Supsi ma pure grazie alla cultura, pensiamo al Lac, all'Orchestra della Svizzera italiana e certamente pure al Locarno Film Festival, ha riscoperto l’orgoglio di essere ticinesi. Non siamo più geograficamente né mentalmente periferici, siamo forti, e sappiamo che un Ticino forte è utile alla Confederazione. Noi ora a Berna non andiamo più a chiedere favori, ma ciò che ci spetta di diritto. A mio modo di vedere è scomparsa, ed è il successo della lotta fatta in questi ultimi decenni dal Ticino, la mentalità condiscendente. E sarà magari per questo che appena sento puzza di paternalismo, come nel caso dei pedaggi, mi arrabbio. Il mio auspicio è che con questa nuova consapevolezza il Cantone diventi sempre più forte e presente.
Lei parla dell'importanza crescente della cultura, ma per permettere che si continui su questa strada il Cantone dovrebbe mantenere se non aumentare il sostegno a questo fondamentale settore.
Assolutamente sì. Con la cultura ‘si mangia’ eccome, lo avete dimostrato con i vostri approfondimenti. Crea indotto e rafforza l’identità: il Cantone, e di conseguenza tutto il Paese. Pensate solo al piccolo miracolo che è il Festival di Locarno, che resta sempre nei primi dieci al mondo e sta per affrontare, ora con chi mi succederà, una nuova fase con un immenso potenziale che deve essere però finanziato. Si parli dunque di ulteriori investimenti nella cultura, giammai di tagli o risparmi perché porterebbero certamente a un’involuzione di tutto il nostro territorio.