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Il Novecento... atterra all’Hangar19 di Area

È il quinto laboratorio della cooperativa, il primo (fortemente voluto e atteso 5 anni) nel Locarnese. Ce ne apre le porte la direttrice Donatella Zappa

La direttrice Donatella Zappa
(Ti-Press/Golay)
18 febbraio 2023
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Appoggiata su un cassone rosso, sulla destra dell’entrata, c’è una vecchia insegna bianco-gialla che un tempo indicava la fermata di un postale. Poco oltre, nel centro della stanza, una teiera a forma d’anatra, con tanto di becco, fa bella mostra di sé, accanto a un telefono da muro "rétro" (di quelli ancora con la "rotella"), mentre da un altro angolo fa capolino una vecchia radio a transistor con tanto di manopola per passare da una stazione all’altra. Altri tempi... E, in fondo, entrare, lì dove un tempo nascevano i giornali, è un po’ come entrare (o, meglio... "atterrare", visto il nome che quei locali ora portano) in una dimensione appartenente a qualche anno fa. Al Novecento, per la precisione, perché è a quell’epoca che, principalmente, si ispira l’oggettistica esposta (e in vendita) nell’Hangar19, l’ultima creazione della cooperativa Area, che ha aperto i battenti a metà febbraio.

Ma cosa è Hangar19? E di cosa si occupa la cooperativa Area? Due domande a cui risponde la direttrice di Area Donatella Zappa. «Hangar19 è il quinto "capitolo" dei laboratori gestiti da Area; si aggiunge all’Atelier di Lugano, all’In-Utile di Noranco, all’Arsenale di Bellinzona e all’Oblò di Vezia, a cui si affiancano le imprese sociali BelliGreen nella capitale e Bigatt Hotel a Paradiso, andando a completare un ipotetico quadro di attività che portiamo avanti con persone al beneficio dell’Assicurazione invalidità o dell’assistenza».

Oltre che a completare il quadro delle attività proposte, Hangar19 completa però anche quello prettamente geografico, estendendo il raggio d’azione di Area in riva al Verbano. «Era da tempo che si sentiva l’esigenza di creare una struttura simile anche a Locarno, in modo da trovare una sistemazione ideale per tutti quei partecipanti, e non erano pochi, che altrimenti dovevano far capo alle nostre altre strutture, in particolare a Bellinzona, pur venendo dal Locarnese quando non dalle valli vicine. Considerando che si tratta di un’attività generalmente a metà tempo e rivolta a persone in Ai confrontate con una situazione di disagio e difficoltà, spostarsi per così tanti chilometri non era l’ideale. Ecco, con Hangar19 ora il posto giusto c’è: per noi è il coronamento di un sogno cullato da diversi anni».

Il bisogno aguzza l’ingegno

Per... atterrare in via Luini, nei locali dell’ormai ex tipografia della Rezzonico Sa, Area ha impiegato cinque anni. Come mai? «Per diverso tempo abbiamo vanamente cercato una sede che potesse fare al caso nostro. L’apertura del Bigatt a Paradiso da un lato (dove lavorano una cinquantina di persone, di cui la metà professionisti e l’altra metà composta da persone desiderose di apprendere una nuova professione, per una ragione o per l’altra) e l’arrivo della pandemia di coronavirus dall’altro hanno però rallentato tutto. Finché, circa sei mesi fa, Nancy Lunghi (municipale capodicastero Socialità, Giovani e Cultura a Locarno, ndr) mi ha parlato di questo stabile. Già al primo sopralluogo mi è sembrato ideale come sede per il nostro progetto, sia per la sua conformazione sia, fattore tutt’altro che trascurabile, per la sua collocazione, praticamente a ridosso del centro cittadino. Avevamo però poco tempo per deciderci, per cui ci siamo mossi senza perdere tempo. Ho contattato l’Ufficio invalidi (a cui competono i finanziamenti di tutti i laboratori protetti, dei foyer per persone invalide, dei centri diurni e di tutta la casistica di persone che presentano un’invalidità ma che necessitano di opportunità di lavoro piuttosto che di un sostegno inteso unicamente come prestazioni) in seno al Dipartimento della sanità e della socialità, che hanno confermato il loro impegno appoggiando il progetto: considerando che erano già cinque anni che l’idea di aprire una struttura a Locarno era in standby, è subito arrivata luce verde».

Maniche rimboccate fin da subito

Tra il dire e il fare, però ci stanno in mezzo tutti i preparativi... «Questi sei mesi sono stati una sorta di corsa contro il tempo. In accordo col proprietario dello stabile abbiamo proceduto con i lavori di ristrutturazione: chiaramente i locali dovevano essere riadattati alle nostre esigenze, logicamente diverse da quelle dell’attività precedentemente ospitata. Per quanto concerne gli interventi di tipo edile, impiantistica elettrica e sanitaria ci siamo appoggiati a una ditta specializzata; il resto (l’arredamento generale, l’installazione della cassa e quant’altro) lo abbiamo invece eseguito noi stessi, già impiegando alcuni partecipanti al progetto. Sul finire della passata estate abbiamo assunto un’educatrice addetta all’apertura della sede, con l’incarico di seguire alcuni partecipanti nei lavori di preparazione. Abbiamo iniziato gradualmente: ad agosto il progetto occupava una sola persona, alla quale se ne sono aggiunte un altro paio nei mesi seguenti, e da dicembre siamo passati a pieno regime».

Una dozzina i partecipanti al progetto Hangar19

Quanti partecipanti può ospitare Hangar19? «Hangar19 è un progetto concepito per otto posti di percorso di inserimento a tempo pieno ma, considerando che nella maggior parte dei casi si tratta di gente che lavora a tempo parziale, a ruotare attorno a questo laboratorio sono dieci-dodici persone, dal martedì al sabato. Al suo interno i partecipanti svolgono tutte quelle attività connesse a un negozio dell’usato, ossia lo sgombero di case, la selezione del materiale da recuperare, il suo restauro e infine la sua vendita. Per due giorni la settimana siamo pure presenti con una nostra bancarella all’ecocentro di Locarno, affinché la cittadinanza possa conoscerci e affidarci quegli oggetti che sono ancora recuperabili (e c’è sempre la fila tra i partecipanti per poterci andare: a loro piace quel contatto diretto con altre persone; è qualcosa di arricchente per tutti)».

Hangar19 non è però unicamente un atelier-negozio di oggettistica "salvata" dagli ingombranti. «Una parte dei locali è destinata al restauro di questi oggetti, e l’altra è invece dedicata all’esposizione, dove accanto agli oggetti recuperati – con particolare riferimento al Novecento – proponiamo creazioni di altre persone, o fatte a mano o dal design particolare, il cui ricavato derivante dalla loro vendita permette di finanziare l’attività della cooperativa. Hangar19, poi, è parte integrante della rete dei laboratori creati da Area, che collaborano strettamente fra loro. Se a Locarno si è scelto di mettere l’accento sull’oggettistica del Novecento, l’In-Utile si concentra sull’antiquariato, mentre l’Arsenale propone oggettistica in generale, per cui può capitare che quanto recuperato e rimesso a nuovo a Locarno poi venga smistato in uno degli altri centri».