Polizia giudiziaria. Ferrari e Gnosca: ‘Profili diversi, indagini performanti’. Sta per chiudersi il concorso per aspiranti ispettori e ispettrici
«Il punto di forza della Polizia giudiziaria ticinese è la sua biodiversità investigativa, come mi piace chiamarla». Parole di Orlando Gnosca, capitano, fra i veterani della Polizia cantonale, in cui dirige il primo dei quattro Reparti della Polizia giudiziaria nei quali, tra Sezioni specialistiche e Commissariati locali, sono ripartiti gli agenti che in veste di inquirenti lavorano a stretto contatto con il Ministero pubblico nelle inchieste sulla media e grande criminalità. Biodiversità investigativa. Perché, spiega a sua volta il maggiore Thomas Ferrari, capo della Polizia giudiziaria, «possiamo contare su più profili: abbiamo ispettori generalisti che provengono, tramite concorso interno, dalla Gendarmeria; abbiamo ispettori, anch’essi generalisti, che in possesso di titoli accademici sono entrati in polizia dopo aver maturato esperienze in altri contesti; così come disponiamo di persone altamente specializzate che operano in determinati settori della Giudiziaria, per esempio nella Scientifica, nella Sezione analisi tracce informatiche e, quali analisti finanziari, presso la Sezione reati economico-finanziari». Un insieme di profili, evidenzia Ferrari, che «costituisce il patrimonio della nostra Polizia giudiziaria», dato che il successo di un’indagine, rilancia Gnosca, «dipende da più fattori, tra cui formazione, fiuto e carattere di chi le conduce». Nel frattempo la Cantonale è alla ricerca di ulteriori aspiranti ispettori e ispettrici.
Incontriamo Ferrari e Gnosca nell’imminenza della chiusura del concorso per il reclutamento di futuri investigatori e future investigatrici. Il termine per l’inoltro delle candidature scade domani, venerdì. Il bando è uscito sul ‘Foglio ufficiale’ del 10 gennaio. È un concorso destinato agli esterni, cioè a persone che non sono già alle dipendenze della Cantonale. Fra i requisiti – oltre alla cittadinanza svizzera – un’età compresa fra i 25 e i 35 anni, un titolo accademico – bachelor o master –, oppure un diploma rilasciato da una Scuola specializzata superiore (Sss), e buone competenze linguistiche. La precedente pubblicazione di un concorso analogo risale al 2021. «Siamo alla sesta edizione di questo specifico iter formativo, che proponiamo con cadenza biennale, per accedere alla Polizia giudiziaria: un iter specifico poiché aperto a coloro che hanno conseguito un titolo accademico o un diploma Sss – indipendentemente dal tipo di studi che si è scelto – e magari sono o sono stati professionalmente attivi in un ambito diverso da quello della polizia», rammenta Gnosca.
«La formazione di base prenderà il via il 1° marzo del prossimo anno e terminerà il 28 febbraio 2026 – aggiunge l’ufficiale –. Entrate le candidature, si procederà con le valutazioni attitudinali, ponendo particolare attenzione alle caratteristiche psico-fisiche degli aspiranti ispettori». Dopodiché per coloro che verranno ammessi alla formazione, si apriranno le porte della Scuola di polizia del V circondario. «Seguiranno alcuni mesi di pratica – indica ancora Gnosca –. Dapprima in Gendarmeria, poi nei Commissariati e nelle Sezioni specialistiche della Polizia giudiziaria». Conclusa anche questa fase, gli aspiranti investigatori e le aspiranti investigatrici affronteranno l’esame professionale, superato il quale otterranno l’Attestato professionale federale di agente di polizia. Ma non sarà finita per chi intende indossare i panni dell’inquirente. Lo attenderà infatti la Scuola di polizia giudiziaria. Durata tre mesi. Nel corso dei quali «verranno approfondite materie con le quali gli investigatori hanno a che fare praticamente ogni giorno: diritto e procedura penale». E nel corso dei quali «si apprenderanno anche tecniche investigative e aspetti tattico-operativi». Insomma, evidenzia Gnosca, «parliamo in tutto di tre anni, impegnativi, di formazione, prima di essere nominati ispettori e assegnati a uno dei servizi investigativi della Polizia giudiziaria».
Quanto appena descritto è una delle modalità di entrata nella Polizia giudiziaria. «La via di accesso principale è tuttavia quella per così dire tradizionale – puntualizza il maggiore Ferrari – che vede l’agente di polizia, entrato nella Cantonale come aspirante gendarme, passare dopo almeno tre anni trascorsi in Gendarmeria alla Polizia giudiziaria quale ispettore. E questo ovviamente previo concorso interno e dopo aver frequentato con successo la Scuola di polizia giudiziaria». Gli agenti che seguono la via classica, sottolinea Ferrari, «portano in Polizia giudiziaria la loro preziosa esperienza sul terreno, quali agenti in divisa. Sono infatti principalmente i gendarmi che intervengono per primi nei contesti d’urgenza, ad esempio per la constatazione di incidenti gravi della circolazione, rinvenimenti di cadavere, rapine, infortuni gravi e per il ripristino dell’ordine pubblico. La Gendarmeria è di norma la prima unità della Polizia cantonale a portarsi sul posto quando i cittadini chiamano le forze dell’ordine». Anche per gli aspiranti investigatori che giungono dall’esterno del corpo di polizia, quella in Gendarmeria è una tappa «fondamentale» della formazione di base. «Profili, esperienze di vita e percorsi professionali differenti: da un lato dunque ex gendarmi che grazie alla precedente esperienza conoscono territorio e interventistica e, dall’altro, persone provenienti dall’esterno della polizia dopo un iter accademico. Questo ‘connubio’ – rimarca il capo della Polizia giudiziaria – concorre a rendere performante l’attività investigativa della Polizia cantonale».
Una volta nominati dal Consiglio di Stato, gli ispettori vengono attribuiti a uno dei tanti settori investigativi della Cantonale. Del Reparto giudiziario 1 fanno parte la Scientifica, la Sezione che indaga sui reati economico-finanziari e quella che si occupa delle inchieste sui reati contro il patrimonio (furti commessi in banda, seriali e fenomeni predatori legati a gruppi specializzati in truffe del falso nipote, falso poliziotto, falso incidente e rip deal). Il Reparto 2 si compone dei Commissariati di Lugano e Mendrisiotto e della Sezione che svolge le inchieste sui reati commessi contro le fasce deboli della popolazione quali minori, anziani, disabili, sui reati sessuali nonché sui reati che vedono dei minorenni nella veste di imputati. Il Reparto giudiziario 3 riunisce i Commissariati di Locarno e Bellinzona, la Sezione antidroga (unità che collabora strettamente con le polizie comunali) e la Sezione ricerche e controlli.
Dallo scorso anno è pure operativo il Reparto giudiziario 4. Dove, spiega Ferrari, «sono confluiti i servizi che si occupano della raccolta, dell’analisi e della distribuzione di informazioni all’interno del corpo di polizia e a favore dei partner della sicurezza: sulla scorta di queste informazioni vengono affinate le strategie per essere particolarmente incisivi, come forze dell’ordine, nella prevenzione e nella repressione dei fenomeni criminali». Un lavoro di intelligence, dunque: «La gestione delle informazioni tramite servizi dedicati è intesa a migliorare l’efficacia e la qualità dell’operato dell’intera polizia». Del Reparto 4 fanno inoltre parte la Sezione analisi tracce informatiche e la Sezione indagini e operazioni particolari, nella quale sono confluite anche le attività di contrasto alla tratta e allo sfruttamento di esseri umani.
Raccolta e analisi delle informazioni anche per lottare contro gli illeciti via web. «Bisogna distinguere fra cybercriminalità e criminalità digitale», premette il responsabile della Giudiziaria. «Per cybercriminalità – prosegue Ferrari – intendiamo l’uso di tecnologie informatiche per penetrare computer o reti informatiche allo scopo di illecitamente acquisire, manomettere o bloccare dati. Pensiamo all’impiego dei ransomware per ad esempio bloccare i dati di un’azienda, alla quale, per riaverli, i criminali chiedono il pagamento di un riscatto. Per contrastare la cybercriminalità abbiamo in Polizia giudiziaria, come ho detto in precedenza, degli specialisti dedicati. Per criminalità digitale, invece, intendiamo la commissione di reati perlopiù comuni – per esempio una truffa o reati contro l’onore: ingiuria, diffamazione, calunnia – attraverso computer e telefonini. Tutti gli agenti della Cantonale vengono preparati, a diversi livelli, nella formazione di base e in quella continua a fronteggiare questa tipologia di illeciti».
Cosa dovrebbe spingere un laureato o una laureata a entrare nella Polizia giudiziaria? «Se si cerca un posto come un altro, tanto per avere a fine mese lo stipendio, è senz’altro legittimo, ma forse è meglio guardare altrove – riprende Gnosca –. Quella dell’inquirente è una professione che richiede impegno e flessibilità: ci sono i turni e capita non di rado di andare di notte sulla scena del crimine. Contribuire alla soluzione di un caso, alla riparazione di un torto, a riportare giustizia e legalità, ma anche a prevenire che uno o più reati vengano perpetrati, è una validissima ragione per fare questo mestiere, uno dei più affascinanti». Dunque, non lo dicono solo le serie televisive.