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Unitas, ex membri di comitato: ‘Non sono denunce per ripicca’

Le testimonianze: ‘Siamo bersaglio di ostilità per aver portato alla luce gli abusi. Ci accusano di aver agito perché estromessi. O troppo tardi. È falso’

(Ti-Press)
7 febbraio 2023
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Telefonate anonime, intimidazioni, ritorsioni. È un clima decisamente avvelenato quello che emerge dalle testimonianze di due utenti di Unitas ed ex membri di comitato che hanno rotto il silenzio sulle molestie sessuali perpetrate per anni nell’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana da un ex alto dirigente e che si sono già esposti sui media.

Bertolini: ‘La non riconferma è avvenuta dopo’

«Vogliono far passare le nostre denunce e dichiarazioni alla stampa come una rivalsa per il fatto che a suo tempo non siamo stati rieletti in comitato. Ma le cose non stanno affatto così – dichiara a ‘laRegione’ Antonella Bertolini, membro di comitato dal 2017 al settembre del 2021 –. Dopo esser venuti a conoscenza delle segnalazioni delle vittime, io e altri due colleghi abbiamo cercato di agire dall’interno ma non trovando seguito ho fatto denuncia al Cantone. Questo è avvenuto prima dell’assemblea in cui ci hanno stralciati dal comitato. A ridosso di questa, erano iniziate le telefonate ai soci da parte dei vertici del comitato per screditarci, tacciandoci di non essere collegiali. E guarda caso proprio noi tre non siamo stati riconfermati».

Ma visto che eravate nel comitato, come mai non avete denunciato prima, chiediamo a Bertolini. «Noi abbiamo saputo della prima segnalazione di molestie solo nel 2020. Da lì abbiamo cercato di ricostruire quanto successo, abbiamo chiesto i verbali che sono arrivati dopo diverso tempo e solo grazie a un collega. Verbali in cui si diceva che c’erano segnalazioni da parte di socie e utenti a partire dal 2017. Ma non siamo stati a guardare. Il mio collega ha chiesto l’avvio di un’inchiesta interna a cui non è stato dato seguito. A quel punto ho espressamente detto durante una riunione di comitato che se nessuno faceva niente sarei andata io a denunciare. Hanno cercato di dissuadermi, ma l’ho fatto comunque».

Le ritorsioni nei confronti dei tre ex membri di comitato, e non solo, contemplano una lunga lista di atti ostili, racconta Bertolini: «Riceviamo chiamate anonime, lettere intimidatorie, minacce. E adesso che siamo usciti sui media l’atmosfera si è fatta nuovamente molto pesante. Sono ricominciate le telefonate. Alcune vittime che si sono espresse sui giornali con nomi o cognomi non vengono più salutate dalla direzione o sono oggetto di commenti canzonatori. A una di loro è stato chiesto se quanto aveva dichiarato era tutta farina del suo sacco».

Chi ha testimoniato potrà prendere conoscenza orale dell’audit

Ma Bertolini non si scoraggia: «Ho accompagnato alcune delle donne che si sono fatte avanti al Servizio per l’aiuto alle vittime di reato. Sono state accolte e ascoltate ed è stato loro detto che è a loro disposizione il servizio per un eventuale sostegno giuridico e psicologico. Sono state riscontrate non solo molestie ma anche aggressioni. È bene che lo si riconosca anche perché le vittime, oltre a essere stanche di testimoniare e dover ogni volta riparlare di tutto, sono anche stanche di sentirsi dire che sono "semplici molestie". Sarebbe d’altra parte da capire come mai nella comunicazione del Consiglio di Stato relativa all’audit non si accenni ad altri reati». A proposito dell’audit, il prossimo venerdì ci sarà la restituzione alle persone che hanno testimoniato: «Possono andare dall’avvocata Martinelli Peter che lo ha eseguito. Non verrà consegnato in forma cartacea ma presumibilmente sarà fatto un resoconto e si potranno porre delle domande».

Quanto alla richiesta da parte del Cantone (ente sussidiante) di sostituire per intero il comitato Unitas, secondo Bertolini ci sono delle criticità: «Pensare di farlo in pochi mesi è un problema, si rischia di sostituire il cavallo ma non la sella. Ci sono delle persone in gamba che potrebbero assumere il ruolo, anche diversi giovani, ma serve tempo per preparasi. La cosa migliore sarebbe il commissariamento ad interim finché non si è pronti. Sia chiaro – tiene a precisare Bertolini – io e miei due colleghi estromessi non intendiamo ripresentarci. Tutto quello che facciamo è solo a sostegno delle vittime».

Ghirlanda: ‘Siamo sotto continue pressioni’

«Non agiamo per vendetta e ripicca, a farlo sono i vertici di Unitas», afferma Gabriele Ghirlanda, anche lui non riconfermato dal comitato nel 2021. Comitato in cui è stato per ben 24 anni. Non è arrivato nessun segnale in tutto quel tempo, gli domandiamo. «Il verbale in cui si parla delle prime segnalazioni è stato tenuto chiuso in un cassetto per molto tempo – conferma Ghirlanda –. Fino al 2020 non era mai arrivato nulla di scritto a noi membri di comitato. Veniva tutto fermato dall’alto dirigente e dagli altri vertici. Poi, quando siamo venuti a conoscenza dei fatti, si è messo di mezzo un avvocato che ci ha consigliato di stare attenti, di essere discreti. Così abbiamo chiesto rassicurazioni alla presidenza sul fatto che la fondazione in cui era ancora attivo l’autore delle violenze avrebbe preso provvedimenti nei suoi confronti e lo avrebbe mandato via. Le cose non sono proprio andate così e quindi la mia collega ha fatto denuncia al Cantone». Secondo Ghirlanda l’alto dirigente è sempre stato «trattato con i guanti dai vertici, peraltro avvantaggiati dal fatto di avere un giro di conoscenze importanti. Se c’era qualche problema li mobilitavano e si bloccava tutto».

Anche Ghirlanda riferisce di un clima fortemente vessatorio: «Quando abbiamo iniziato a far luce sulla questione, sono cominciate le chiamate a casa che mettevano in dubbio la nostra credibilità. E ora sono tornate. Anche ieri (domenica, ndr) mia moglie ha ricevuto una minaccia telefonica anonima. Lo scorso giovedì invece ho partecipato a una cena e un membro della fondazione mi ha chiesto se mi trovavo lì per provocazione. Siamo sotto continue pressioni».

Alle ostilità e ai rancori nei confronti di chi hanno portato alla luce i fatti fa riferimento anche l’interpellanza-bis presentata dal deputato Marco Noi (Verdi) in cui chiede tra le altre cose al Consiglio di Stato cosa intenda fare per accompagnare l’Associazione e i suoi organi nella realizzazione delle misure imposte e tutelare le vittime da possibili ripercussioni. La risposta, forse, nella prossima sessione di Gran Consiglio al via lunedì.

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