Marco Altomare, 29enne di Losone, soffre di una malattia genetica rara. Ma questo non gli impedisce di tentare la carta del Gran Consiglio
Il Bachelor in Lingua, letteratura e civiltà italiana all’Usi di Lugano; la Laurea magistrale in scienze storiche a Milano; un master di II livello in Public e Digital History conseguito, qualche mese fa, all’Università degli Studi di Modena. E, ad aprile, il tentativo di entrare a Palazzo delle Orsoline per un’esperienza politica inedita. Marco Altomare, 29 anni, di Losone, ama le sfide e si candida al Gran Consiglio con l’obiettivo, dichiarato, di aiutare la politica a occuparsi delle persone con disabilità. Lui che, afflitto sin dalla nascita da una malattia genetica rara, la distrofia muscolare di Duchenne ("la mia compagna di vita", come la definisce), è costretto a vivere su una sedia a rotelle e a passare buona parte del tempo all’interno delle mura domestiche, si ritiene un soggetto capace di contribuire a fare la differenza. Appassionato di politica internazionale, di tecnologia e fantascienza, è iscritto sulla lista del Partito socialista. Marco è convinto «sia giunta l’ora affinché chi vive la disabilità quotidianamente venga coinvolto in prima persona nelle scelte che lo riguardano. Nel Diritto svizzero vi sono varie Leggi e Convenzioni che sanciscono i diritti delle persone con disabilità. Troppo spesso ci illudiamo che l’affermarli sia condizione sufficiente a garantirli, ma non è così. Tocca alla società civile e, in particolare, alle persone con disabilità mantenere il focus sulla questione».
Già ai tempi del Liceo, ci racconta, «avevo dentro di me la voglia di dare il mio contributo al dibattito politico. Finiti gli studi accademici, ho quindi optato per questa sfida. Mi piace l’idea di far parte di un gruppo, mi stimola il poter entrare in contatto con altra gente. L’aver studiato storia mi ha aperto la mente su come sono progredite le cose, come le società nelle varie epoche si sono costituite, come la cultura è cambiata, quali strategie sono state adottate nei secoli. Si possono scoprire parallelismi interessanti e insegnamenti preziosi viaggiando nel passato».
Curioso, il suo approccio alla politica. «Ha giocato un ruolo fondamentale un’amica di famiglia. Si stavano allestendo le liste dei partiti in vista delle elezioni e mi ha detto che cercavano candidati. Mi ha chiesto se la cosa mi interessava. Ed eccomi qui».
Come mai hai scelto il Ps?
Sono una persona che appartiene all’area progressista, legata agli ideali della Sinistra. La Gioventù socialista rispecchia bene lo spazio in cui mi colloco; è quindi il gruppo ideale in cui presentarmi.
Quali sono i tuoi principali punti programmatici?
Una volta iscritto sulla lista, ho riflettuto su cosa focalizzare la mia attenzione. Volevo puntare su un tema trasversale e ho pensato, partendo dalla mia esperienza di persona con disabilità, che nel suo percorso di vita non ha avuto un rapporto sempre facile con le istituzioni, all’accessibilità. L’accessibilità – nel senso più ampio del termine – dovrebbe essere un diritto valido per tutti. Edifici, spazi, prodotti e servizi dovrebbero essere fruibili dal maggior numero possibile di persone. L’abbattimento delle barriere architettoniche è un primo obiettivo, ma bisogna andare oltre per promuovere un modo di progettare che tenga conto dell’insieme di abilità diversificate, e di disabilità, di cui tutti siamo portatori. L’accessibilità è una vera e propria chiave d’accesso all’inclusione. Anche se si è fatto molto in questi ultimi decenni, rimane ancora tanto da fare. La diversità non deve essere un problema, ma un’opportunità da cogliere. L’approccio non deve essere solo materiale, ma anche mentale.
Su quali altri temi ti piacerebbe impegnarti?
La formazione, partendo dalla mia esperienza, è il primo passo da fare perché si possa concretamente intraprendere la strada delle "pari opportunità". A livello infrastrutturale molte sedi scolastiche non sono concepite per accogliere alunni con disabilità e non sono munite dell’occorrente per assicurare a tutti, indipendentemente dalla questione della disabilità, le stesse possibilità di apprendimento. Anche l’accompagnamento verso il mondo del lavoro va potenziato e l’accesso alla cultura (penso a musei, esposizioni, gallerie d’arte) va garantito a tutti alle stesse condizioni. Non mi sembra infatti giusto che chi s’affianca a una persona con disabilità che necessita di accompagnamento continuo, debba anch’essa pagare un biglietto d’entrata per uno spettacolo o una mostra. Sono solo alcune delle declinazioni concrete su cui intendo impegnarmi. La dimensione politica è essenziale: è la politica che deve farsi promotrice di una precisa strategia per l’attuazione dei principi di ordine generale presenti nella base legislativa. Sarebbe ideale poter disporre di un ente pubblico che proponga soluzioni concrete e che vigili sulle inadempienze, un osservatorio permanente sulla disabilità, che consenta di monitorare costantemente la situazione onde poter intervenire tempestivamente sulle maggiori criticità.
Perché secondo te ci sono così poche persone con disabilità in politica?
È una domanda alla quale non è facile rispondere. Vi sono degli ostacoli (non fisici ma il più delle volte mentali) legati alla paura del singolo. Si associa ancora troppo spesso l’idea che se una persona non è sana e in forma non è in grado di rispondere ai problemi della società. Come se la politica fosse esclusiva delle persone considerate sane. Sono ancora molti quelli che non ripongono fiducia in politici con disabilità o che sono considerati troppo anziani. Credo che la moderna tecnologia consenta sempre più di superare ogni disabilità, ma ci sono ancora dei preconcetti duri a morire.
In campagna elettorale, purtroppo, tutti strumentalizzano tutto. Temi il rischio?
Purtroppo questa eventualità va tenuta in conto. Ci sono atteggiamenti alquanto diversi. Scattano sovente meccanismi di rifiuto o atteggiamenti di pietismo nei confronti delle persone con disabilità e di questo me ne rendo spesso conto. C’è chi ti stima incurante della tua condizione e altri che, invece, ti vedono come un oggetto fragile, che suscita tenerezza o come qualcuno da tener lontano perché restituisce l’immagine dell’umana fragilità. Succede anche in altri contesti al di fuori della politica.
Avrebbe senso un partito composto quasi esclusivamente da sole persone con disabilità o che hanno a che fare con questo ambiente?
L’idea non mi piace. Meglio sarebbe se ogni partito potesse schierare, tra le sue fila, persone con disabilità. In Svizzera, secondo le statistiche ufficiali, ci sono 1,8 milioni di persone che soffrono di deficit fisici o mentali. Cifre alte che fanno riflettere e che mi spingono a dire che una certa rappresentanza in ogni partito sarebbe auspicabile e importante. I parlamenti di tutto il Paese assomiglierebbero così un po’ di più alla società che governano. A titolo di paragone, prendiamo la questione delle donne in politica. Si è fatto tanto per incrementarne il loro numero. Con buoni risultati. Bisogna dunque dare la giusta visibilità anche a persone con disabilità. Senza visibilità, non vieni eletto e a noi serve più voce in capitolo. La Svizzera ha una popolazione che invecchia e all’invecchiamento è spesso associato l’insorgere di una disabilità. Quindi, sempre più, anche grazie ai continui progressi della medicina, ci troveremo ad avere a che fare con un numero sempre maggiore di anziani ma anche di persone che convivono, sempre più a lungo, con una o più disabilità.
Cosa significa fare campagna elettorale per una persona che soffre di problemi di salute?
È uno sforzo e un impegno non solo per il sottoscritto ma anche per chi mi sostiene e mi accompagna. Mi sto facendo le ossa per capire come funziona. Devo purtroppo spesso delegare ma, essendo una persona puntigliosa, controllo attentamente che tutto vada bene. Certo, sono sacrifici. Già il dover preparare la mia giornata richiede tempo. Vorrei non dover ricorrere troppo ai social, preferirei essere coinvolto di persona nelle discussioni, ma non mi è sempre possibile. Nelle scorse settimane sono stato al convegno del Ps a Manno e ho animato la formazione-dibattito su "Abilismo e accessibilità", che, con la Giso, abbiamo organizzato a Locarno. Naturalmente seguo anche alcuni eventi e qualche assemblea. Riuscire a far quadrare il tutto è un lavoro di equilibrismo.
Immaginiamo, per un attimo, il tuo primo giorno da eletto...
Inutile nasconderlo, essere eletti al primo tentativo, da perfetto sconosciuto, non è evidente. Io ci provo. Mi piace comunque immaginarmi una cosa alla volta. Ma siccome me lo chiedi, posso risponderti che sarei emozionatissimo. Se non prendo un colpo, garantito che divento rosso dall’emozione. So di avere dei limiti, ma conosco anche le mie potenzialità. Farei interventi mirati, preparandomi a puntino. E mi impegnerei per integrarmi subito al meglio nel gruppo, cercando di portare il mio parere in vari ambiti. Il contributo sociale di chi vive una condizione di disabilità, spesso più avvezzo alla resilienza, al dialogo empatico e a una maggiore concentrazione nello svolgimento del proprio compito, agevola la crescita di una società più umana, più equa e più a misura di tutti.
Maggiori informazioni sul programma di Marco sono reperibili sul sito
https://marcoaltomare.ch/