Sotto i 1’600 m l’innevamento non è più assicurato: per il presidente del Gruppo svizzero per le regioni di montagna è tempo di voltare pagina
Le destinazioni turistiche a basse e medie quote devono trovare un’alternativa allo sci per sopravvivere. "Abbiamo vissuto l’anno più caldo dall’inizio delle misurazioni. Queste condizioni saranno la nuova normalità", avverte Thomas Egger, presidente del Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB).
Sotto i 1’600 metri, l’innevamento non è più assicurato, afferma Egger in un’intervista odierna al ‘Blick’. Ecco perché, a suo giudizio, le stazioni che basano le proprie fortune sugli sport invernali dovrebbero reinventarsi.
Gli impianti di risalita situati a bassa e media altitudine sono spesso confrontati con grandi difficoltà finanziarie. I Comuni possono metterci una pezza, ma questo non li salva a lungo termine: inoltre, fa notare Egger, si tratta di denaro che potrebbe essere utilizzato meglio.
Ad esempio, prosegue l’esperto, per sviluppare i comprensori sciistici ad alte quote, se necessario facendo concessioni per la tutela della natura e del paesaggio. Le stazioni collocate più in basso potrebbero dal canto loro sfruttare questi soldi per mettere in atto nuove offerte, invece che concentrarsi unilateralmente sul turismo dedicato allo sci alpino.
Egger non ritiene che i cannoni per l’innevamento artificiale siano una soluzione sostenibile. "In primis, deve fare freddo per poter produrre neve. Secondo, il loro consumo di energia è elevato e, terzo, l’acqua sta diventando sempre più un fattore limitante".
Il presidente del Gruppo svizzero per le regioni di montagna, citando come esempio positivo Lenzerheide (Gr), propone di approfittare meglio delle altre stagioni, soprattutto di un autunno più lungo e caldo che in passato. "Non deve più succedere che in ottobre, con un meteo fantastico, numerosi hotel siano chiusi e gli impianti fermi", protesta Egger.
Servono soluzioni coraggiose, continua l’esperto, che però possono rivelarsi vincenti. A questo proposito, Egger guarda al Ticino, e più precisamente al Monte Tamaro, che nel 2003 ha optato per abbandonare totalmente il turismo invernale, investendo in attività estive. "Ora il fatturato annuale è di un terzo superiore a quello di prima".
Egger dice poi di vedere un grande potenziale nel turismo sanitario, strizzando quindi l’occhio a chi sceglie mete precise per migliorare il proprio stato di salute. "La popolazione è sempre più vecchia e gli anziani sono più attivi e spesso più benestanti", fa notare, aggiungendo che ciò ad esempio permetterebbe di valorizzare ancora meglio l’offerta culinaria di ogni regione. Un’altra categoria sulla quale puntare è quella degli ospiti asiatici, che "vogliono vedere le montagne e toccare la neve una volta nella vita, ma non sciare", evidenzia il presidente del Gruppo svizzero per le regioni di montagna.