Il mondo capovolto del presidente russo respinge l’universalismo e vagheggia un futuro in cui anche i diritti umani sono rimessi in discussione
La tradizionale conferenza di fine anno di Vladimir Putin stavolta non si è tenuta. Il pessimo andamento della guerra d’Ucraina impone al Cremlino di limitare le uscite. L’ultima apparizione di rilievo del presidente russo è avvenuta alla Conferenza del Club Valdaj il 27 ottobre. In un intervento di tre ore e mezza, Putin ha riportato alle radici la strategia russa. Nel fiume di parole del presidente russo si riconoscono anche verità scomode che non dovremmo trascurare.
Le attività della Russia sono parte di una strategia che non si rivolge in primo luogo all’Ucraina, ma direttamente a noi occidentali. Secondo Putin, gli Stati uniti e l’Europa sono all’origine della guerra d’Ucraina, della destabilizzazione dei mercati dovuta alle sanzioni internazionali contro la Russia e delle provocazioni intorno allo status di Taiwan. Ciò perché l’Occidente vuole imporre a tutto il mondo il suo modello di sviluppo.
Echeggiando un celebre discorso pronunciato da John Kennedy nel 1960, Putin osserva che il mondo si trova dinanzi a una "nuova frontiera" e sta attraversando il decennio più pericoloso, ma anche più importante del Dopoguerra. Dopo la caduta dell’Unione sovietica, secondo Putin l’Occidente ha instaurato il "mondo unipolare". Unipolare perché in esso vigono solo la cultura, la volontà e le regole occidentali: società aperta, democrazia, diritti umani e diritto internazionale, che Putin considera come prodotti della presunzione dell’Occidente. La cultura e la visione del mondo occidentali hanno pretesa di universalità: pretendono di valere per tutta l’umanità. Putin afferma che l’Occidente sta invece perdendo la sua superiorità e sta diventando una minoranza del mondo. La base della civilizzazione umana sarebbero le società tradizionali dell’Oriente, dell’America latina, dell’Africa e dell’Eurasia. È tempo perciò di introdurre un ordine mondiale "multipolare".
Secondo il presidente russo i diritti umani, base del modello di sviluppo occidentale, possono indebolire gli Stati. Putin cita il caso della Cina: il rispetto dei diritti umani in certe regioni cinesi, osserva, sarebbe impossibile, perché comporterebbe la disgregazione dello Stato. Putin si riferisce agli uiguri e alle altre minoranze represse da Pechino. Questo esempio illustra come pochi altri come Putin intenda il contratto sociale: lo Stato prevale se il rispetto dei diritti individuali lo mette in discussione. Questo è il perno intorno al quale si capovolge la visione del mondo – anzi, la visione della persona umana – tra la Russia e l’Occidente.
Putin pensa che il mondo si muova seguendo regole scritte solo dall’Occidente. Non è vero. La Russia partecipa da sempre all’elaborazione del diritto internazionale. Quando l’Unione sovietica si sciolse, la Russia subentrò per sua libera scelta negli accordi internazionali in vigore. Di questi fanno parte anche le dichiarazioni sui diritti umani e i trattati sui confini degli Stati dell’ex Unione sovietica, Ucraina inclusa.
Nella visione di Putin, l’Occidente avrebbe commesso gravi errori sistemici: l’introduzione di sanzioni contro la Russia, le modifiche al mercato dell’energia e le altre, gravi decisioni che la comunità internazionale ha dovuto assumere alla ripresa della guerra in Ucraina. Putin ritiene che queste azioni siano errate, perché non prende in considerazione la loro causa. Vede la guerra in Ucraina come operazione militare di portata interna. In Ucraina la Russia, secondo lui, combatte contro intrusi, "fascisti" (o, ultimamente, "satanisti") che nel 1991 hanno proclamato uno Stato indipendente su una parte di territorio russo e da quel momento lo governano senza averne diritto. Per questo motivo, secondo Putin, la questione ucraina al resto del mondo non deve interessare.
Il mondo occidentale si crede liberale, ma non accetta alcuna alternativa alla democrazia, lamenta Putin. Nel nuovo mondo "multipolare" non si può imporre una "verità unica". Putin afferma: "Al mondo possono sorgere modelli di società alternativi e più efficaci, voglio sottolinearlo: più efficaci al giorno d’oggi, più luminosi e attraenti di quelli che esistono ora". Il presidente non le cita, ma si riferisce alle forme di governo autoritario in un ampio spettro che va dall’Ungheria alla Cina, passando per la Russia e altre simili pseudo-democrazie.
Putin riprende una tesi di Aleksandr Dugin, che si ritrova in un intervento del politologo russo all’Università di Mosca nel 2012, sul mondo multipolare: "Ogni pretesa […] relativa al fatto che i valori occidentali sono valori universali, e in conseguenza che tutti i popoli devono accettare lo Stato nazionale, il sistema parlamentare della separazione dei poteri, l’ideologia dei diritti umani, l’economia di mercato, la stampa indipendente – tutte queste pretese devono essere respinte […]. All’Occidente piacciono i diritti umani? Benissimo, che li rispetti. Noi abbiamo altri diritti, un altro Uomo, un’altra antropologia sociale in altre società".
"Noi abbiamo un altro Uomo" (in russo, drugoj čelovek), un Uomo che non deve aspirare ai diritti fondamentali, alla democrazia e alla narrazione "occidentale" sulla centralità della persona umana. La base del nuovo mondo multipolare non sono i diritti umani, ma "l’equilibrio degli interessi" tra i diversi attori. Attori del "mondo multipolare" sono i soggetti che dominano le regioni continentali del mondo: la Russia nello spazio post-sovietico e in Europa, la Cina nel Sud-Est asiatico, e così via. In poche parole, tutti coloro che sul piano economico, politico e militare, ideologico e culturale, si oppongono agli Stati Uniti.
L’idea di mondo di Putin contiene molte distorsioni, ma ne emergono alcune verità che dimentichiamo troppo spesso. L’Occidente – il mondo della società aperta, dell’economia di mercato e dei diritti umani – è davvero una minoranza rispetto al resto del pianeta. Putin ha ragione anche quando afferma che il modello neoliberale di sviluppo dell’Occidente è entrato in crisi. Nel progresso tecnologico manteniamo il primato, ma nelle scienze umane siamo oggi più deboli che mai. La guerra in Ucraina ha denudato impietosamente la debolezza intellettuale dell’Occidente. Politici europei che sostengono le sanguinose azioni del regime russo, ma mostrano grave impreparazione sulla storia e persino sulla geografia europee; ministri e capi di governo che discettano senza risultati per settimane, anzi mesi, sulle forniture di armi; docenti che diffondono letture falsificate della Storia; televisioni e giornali di largo ascolto che offrono palcoscenici e milioni di ascoltatori a leader d’opinione nei quali non si riconosce la minima competenza.
Il mondo, osserva Putin con ragione, è sulla soglia di una nuova frontiera. Noi occidentali dovremmo fare in modo che questa frontiera, come disse Kennedy nel 1960, si apra verso il futuro; nell’idea di mondo di Putin, la nuova frontiera è un passo indietro verso il passato. Noi, dove vogliamo andare?
Lo spunto più importante del discorso di Putin è la critica all’universalismo. I valori occidentali pretendono di valere per tutta l’umanità. Pertanto, secondo Putin, sono uno strumento di prevaricazione da parte dell’Occidente sul resto del mondo. Ma la validità universale dei diritti umani non è una pretesa prevaricatrice dell’Occidente: è un caposaldo della civiltà umana. Le donne iraniane che dimostrano contro l’obbligo del velo; i migranti africani che sbarcano ogni giorno sulle coste meridionali dell’Europa; gli oligarchi russi e gli arrampicatori sociali asiatici che vogliono studiare e fare business in Occidente, tutti sono attratti dal nostro modello di sviluppo, fondato sui diritti umani, perché gli Uomini aspirano al progresso e alla libera realizzazione della loro personalità, non a spendere la loro vita al servizio di una dittatura o di una religione.
Per concludere, un cenno allo sviluppo della guerra in Ucraina alla luce del discorso di Putin. Il presidente russo ha dichiarato le sue intenzioni con un’argomentazione passeggera, ma pesantissima: "Il pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi centri del mondo multipolare dovranno parlarsi a pari livello, sul loro futuro comune". Applicato alla concretezza della guerra, ciò significa: Putin porta all’esasperazione gli ucraini e l’Occidente, nella convinzione che prima o poi cederanno e accetteranno la visione del mondo russa per pragmatismo.
Il discorso del presidente russo al Valdaj ha evidenziato come la guerra d’Ucraina sia solo una parte di un’aggressione che è rivolta a noi occidentali, come difensori della modernità. In questa fine d’anno, ricordiamo che se la Russia vincerà la guerra, a perdere non sarà solo l’Ucraina, ma il modello di sviluppo dell’Occidente libero.
Luca Lovisolo è traduttore e ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. I suoi articoli, approfondimenti, saggi e serie video sono disponibili sul sito: www.lucalovisolo.ch.