Matteo Baglioni, in arte ‘Baglyo’, è ticinese, ha solo 20 anni e ritrae personaggi del calibro di Marracash, Guè, Blanco, Paky, Shiva e Luche
«Le mie foto sono molto intime. Quando salgo sul palco insieme all’artista per scattargli una fotografia non uso quasi mai lo zoom, ma mi avvicino fisicamente a lui, in modo tale da accorciare tutte le distanze». E tutti i torti non ha Matteo Baglioni, in arte ’Baglyo’, nel descrivere le sue stesse immagini. Infatti, i personaggi immortalati sembrano quasi non voler restare confinati fra i quattro angoli dell’istantanea. Anzi, sembrano proprio volerti venire incontro.
Scatti suggestivi, ricchi di dettagli ed emotivi al punto giusto, tanto che diresti esser stati ‘concepiti’ da un occhio di lunga esperienza. Eppure, Baglyo, che ha riscosso molta notorietà nel mondo ‘background’, di anni ne ha appena venti. E quello che sa sulla fotografia lo ha appreso da autodidatta. Conta una fitta rete di personaggi, di un certo calibro, ritratti. Fra i big dell’hip hop compaiono infatti volti come quelli di Marracash, Guè, Blanco, Paky, Shiva e Luche.
Il giovane, soprannominato da molti suoi seguaci sui social come il ‘fotografo dei vip’, nasce in Svizzera interna, dove vive i primi anni di vita. A quattro anni si trasferirà in Ticino, a Bellinzona, dove trascorrerà gran parte della sua gioventù e terminerà gli studi.
«Il mio percorso formativo è stato abbastanza ‘standard’. Dopo aver terminato le scuole medie infatti decido di andare al liceo. Faccio il primo anno e lo passo, ma sento che non era il percorso che faceva per me –, ammette Baglyo, che sembra però avere già allora le idee ben in chiaro –. Scelgo così di fare un apprendistato come mediatico per la Swisscom che termina a giugno di quest’anno. È stata una formazione molto ’tecnica’ perché mi ha dato le basi economiche, sociali e imprenditoriali molto importanti. Nonostante questo sapevo che, una volta ottenuto il diploma, non avrei continuato a fare il mediatico. Perché io fare diventare quella che, fino a quel momento era un’attività accessoria per me, ovvero scattare foto, la mia attività primaria. Mi sono messo così in proprio».
© Baglyo - Matteo Baglioni
Lazza
Ma la fotografia, in un certo senso, è un qualcosa che scorre nelle vene di Matteo fin da piccolo: «È sempre stata presente nella mia vita. Mio padre era un fotografo hobbista e la mia infanzia me la ricordo tutta accanto a una macchina fotografica. Ho così deciso d‘iniziare anche io a scattare delle fotografie –, continua Baglyo –. All’inizio i miei soggetti erano oggetti o paesaggi, poi ho iniziato a interessarmi ai modelli umani. Dapprima con scatti legati al mondo della moda e del fashion. Poi sono passato a ritrarre soggetti provenienti dal mondo della musica e dello spettacolo, prendendo anche parte in progetti locali come il format musicale ’One Take FM’, cui devo la maggior parte delle mie connessioni».
E così iniziano i primi lavori. Qualche piccolo contatto per cominciare; qualche scatto qua e là. Poi la grande occasione: «Ho avuto la possibilità di poter seguire un tour di un artista rap italiano. Sono stato lontano da casa per qualche mese, perché dovevo seguire le varie tappe dei concerti. Ma è stata un’esperienza arricchente. Ho potuto imparare tanto».
Appunto, l’apprendimento del mestiere. Certo, svolgere un apprendistato che combina insieme marketing, grafica e tecnologia può sicuramente dar linfa alla creatività di un giovane, ma lavorare alla creazione di un’immagine non è un processo evidente. Ma dove ha acquisito Baglyo, le nozioni necessarie per svolgere la sua professione? «Da autodidatta. Tutto quello che so l’ho imparato guardando tutorial su internet ma anche confrontandomi con altre persone del settore. Però attenzione: non voglio far passare la fotografia come qualcosa di banale. Ovviamente porto grande rispetto anche per chi ha fatto una scuola o un corso di fotografia».
© Baglyo - Matteo Baglioni
Paky
Matteo ha solo vent’anni eppure dimostra di avere un certa dote imprenditoriale. Lo dimostra per tutto l’arco del nostro incontro. Sognatore sì, ma con i piedi ben ancorati per terra. Ambizioso sì, ma anche conscio del fatto che, per ottenere un risultato, bisogna impegnarsi e avere una solida base.
Appena finito l’apprendistato, un paio di mesi dopo, registra la sua azienda e ora lavora in proprio. Nessun timore di questa scelta ‘controcorrente’? «No, perché diciamo che ho avuto cinque anni di tempo per metabolizzare il tutto e prepararmi in vista di questo passo. Già quando ero solo apprendista pianificavo il come sarebbe stato dopo l’ottenimento del diploma. È ovvio, da indipendente si ha più libertà creativa ma anche più impegni, perché devi imparare a cavartela e a stare in piedi con le tue gambe. Ci ho pensato bene e riflettuto molto».
Nell’era digitale poi, l’essere ‘imprenditore di sé stessi’ passa anche attraverso i social. Infatti, molti profili su Instagram o TikTok non sono più semplici contenitori d’immagini delle vacanze e del proprio tempo libero, ma sono delle vere e proprie vetrine per farsi conoscere. E per un fotografo quando sono importanti? «Lo sono, ma fino a una certa misura. Nel mio caso sono utili come portfolio; una galleria multimediatica dove poter mostrare i miei lavori; non sono però la chiave del mio business, ovvero non mi sono creato tutti i contatti tramite questi e non monetizzo usando Instagram o altre piattaforme. Rimane quindi una vetrina, interessante sì, ma pur sempre una vetrina. Può non sembrare, ma sono orientato più sul mondo ‘vero’, ‘esterno’, che quello puramente virtuale».
L’avevamo raccontato all’inizio; Baglyo viene spesso descritto con questo appellativo. Ma si sente rappresentato da questa etichetta? «No – cavalca –. Posso però capire chi mi chiama in tal modo. Se dovessi darmi una definizione, sono un fotografo che cerca d’immortalare la contemporaneità della cultura della musica urbana. Mi piace che venga fuori l’essenza e le particolarità delle persone che mi ingaggiano. Essere in un certo senso testimone di quello che succede al momento perché alla fine il senso di un’istantanea è proprio questo: cogliere il momento per lasciarne poi un ricordo. Alla fine, pure noi fotografi siamo degli artisti fatti e finiti».
© Baglyo - Matteo Baglioni
Rove